La fattoria delle mosche

Alcuni scienziati europei daranno vita, a Città del Capo, alla più grande fattoria delle mosche del pianeta. Il motivo? Trovare un’alternativa alle proteine della soia per nutrire gli allevamenti.

Per risolvere il problema alimentare mondiale, alcuni grandi investitori pensano in piccolo. In molto, molto piccolo. A Città del Capo sta nascendo la più grande fattoria di mosche del mondo, su un progetto europeo che propone di utilizzarle come cibo per il bestiame.

 

La struttura, che nascerà vicino alla città sudafricana, è nata dall’idea di un gruppo di scienziati e ambientalisti che avevano il compito di trovare un’alternativa proteica alla soia utilizzata per nutrire il bestiame ed evitare di sottrarre terreni agricolo a uso umano.

 

La fattoria delle mosche, costruita dalla società AgriProtein, ospiterà 8,5 miliardi di insetti che produrranno tonnellate di proteine​​ (le larve) nutrendosi di rifiuti organici. Questo risolverebbe due problemi in un colpo solo: quello di fornire cibo agli animali allevati e quello di smaltire i rifiuti.

 

Le critiche al progetto, inizialmente molto elevate, stanno diminuendo, viste le potenzialità: da un singolo ettaro di terreno, infatti, i ricercatori prevedono di ottenere 100 volte le proteine ricavate dalle fonti tradizionali, come la soia.

 

AgriProtein ha ottenuto, per questa iniziativa, un finanziamento da 11 milioni di dollari: un segno che gli investitori stanno iniziando a considerare l’allevamento degli insetti un grande business per il futuro.

 

L’allevamento del bestiame, che richiede attualmente l’utilizzo del 70 per cento di tutti i terreni agricoli, è considerato dalle Nazioni Unite come una delle principali cause dei problemi ambientali mondiali, tra cui il riscaldamento globale, il degrado del suolo, l’inquinamento dell’aria e dell’acqua e la perdita di biodiversità.

 

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Foto: Ingimage

 

Secondo le previsioni della Nazioni Unite, la produzione alimentare dovrà aumentare del 70 per cento entro il 2050. Ecco perché questo progetto è così ben visto dalla comunità scientifica. Per il professor Arnold van Huis, entomologo tropicale della Wageningen University, “E’ chiaro a tutti che abbiamo un bisogno urgente di alternative alle proteine ​​che sono meno esigenti.”

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