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Nel trentacinquesimo anniversario della suo morte viene ricordato il sacrificio di Óscar Arnulfo Romero, ucciso per aver denunciato le violenze della dittatura del Salvador.
Le idee sono spesso migliori degli uomini che le diffondono, le prime sono fulgide e lucenti, mentre i secondi troppe volte sono soggetti a debolezze e compromessi. C’è però chi riesce ad essere all’altezza delle proprie idee, che non si piega e che ad esse si attiene qualsiasi cosa succeda, a rischio della propria vita. È la storia di Óscar Arnulfo Romero, arcivescovo che ha dedicato la propria esistenza alla difesa degli oppressi del Salvador.
Sono passati trentacinque anni dalla sua morte, avvenuta il 24 marzo del 1980 per mano dei sicari di destra, inviati dal generale Roberto D’Aubuisson, mentre celebrava la messa. Romero era un uomo scomodo perché non si era piegato alla dittatura che insanguinava il Salvador e denunciava le violazioni di diritti umani che subiva la popolazione, arrivando a sfidare la giunta militare come nessuno aveva fatto prima di lui.
Nonostante le numerose minacce di morte Romero è andato avanti, la sua missione era troppo importante per vacillare. “So che vogliono ammazzarmi, so che sono nel mirino dei violenti. Ma sappiate: se morirò risorgerò nella lotta del mio popolo”.
Romero ha continuato a resistere a suo modo, senza astio né violenza ma incitando i suoi oppressori alla giustizia. “Vorrei rivolgere un invito particolare agli uomini dell’esercito – ha dichiarato nel corso della sua ultima omelia del 24 marzo del 1980 – fratelli, appartenete al nostro stesso popolo, uccidete i vostri fratelli contadini; ma davanti ad un ordine di uccidere che viene da un uomo deve prevalere la legge di Dio che dice: non uccidere. Nessun soldato è obbligato ad obbedire ad un ordine che sia contro la legge di Dio. Una legge immorale nessuno deve adempierla”.
Le parole non hanno sortito l’effetto sperato, dal fondo della chiesa sono stati esplosi due colpi di fucile, uno lo ha raggiunto al cuore mentre alzava il calice di Cristo. Eppure quelle parole non sono state vane, “quando hanno ucciso Romero, io e altri quaranta ragazzi abbiamo deciso di entrare in seminario, hanno ucciso un uomo ma non un’idea di giustizia sulla terra”, ha affermato Padre Cocitas, un teologo della liberazione.
Dopo anni di fredda indifferenza da parte del Vaticano, Romero era accusato di avere simpatie marxiste, Óscar Arnulfo Romero sarà beatificato il 23 maggio, il rito di beatificazione si celebrerà a San Salvador.
In occasione dell’anniversario del suo martirio la casa editrice EMI ha pubblicato due volumi. Il primo libro, “Romero, martire di Cristo e degli oppressi”, scritto dal teologo gesuita Jon Sobrino, è una biografia intellettuale dell’arcivescovo di San Salvador. Il secondo volume, “La Chiesa non può stare zitta – Scritti inediti 1977-1980”, raccoglie testi inediti di monsignor Romero dal 1977 al 1980.
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