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Secondo uno studio, molti genitori chiedono ad Alexa di leggere ai bambini al posto loro: ma quanto sono utili le letture ad alta voce? E a che età partire?
È davvero importante leggere ai bambini? Quando si dovrebbe cominciare, e come bisognerebbe farlo? Il tema è tornato di grande attualità in seguito alla recente notizia secondo la quale sarebbero sempre più numerosi i genitori inglesi che preferiscono far leggere le fiabe della buona notte ad Alexa o altri smart speakers. Il dato emerge da uno studio condotto su 1000 genitori del Regno Unito con figli minori di 10 anni e commissionato dal Charity BookTrust (un’associazione di volontariato che promuove la lettura per e dei bambini) e rivela che il 26 per cento degli intervistati affida alla tecnologia il compito di leggere una storia ai bambini prima di dormire. Stanchezza e mancanza di tempo a disposizione sarebbero le cause principali della scelta di delegare la lettura della buonanotte a smart speakers come Alexa.
Ma è davvero così importante leggere ai bambini? Secondo l’associazione Nati per leggere, che in Italia promuove la lettura ad alta voce fin dalla più tenera infanzia, “leggere ad alta voce ai bambini fin dalla più tenera età è un’attività molto coinvolgente per entrambi che rafforza la relazione adulto-bambino”. Oltre a essere semplicemente piacevole, leggere ad alta voce favorisce nel bambino l’attitudine all’ascolto e incrementa la capacità di attenzione e concentrazione. I bambini a cui vengono letti libri ad alta voce, inoltre, sviluppano nel tempo una migliore proprietà di linguaggio e hanno molte più opportunità di fare domande e ottenere risposte, alimentando in modo sano la loro naturale curiosità e imparando tante cose nuove.
Non esiste, secondo gli esperti, una “età minima” per cominciare a leggere ai bambini ad alta voce. Anzi, l’esposizione precoce alla lettura – fin dai primi giorni di vita o addirittura durante la gravidanza – è raccomandabile anche se i piccoli sembrano non essere ancora in grado di capire o apprezzare l’esperienza. La condivisione della lettura, infatti, migliora la comunicazione e il legame tra genitore e figlio e ha un effetto rassicurante e tranquillizzante sul bambino, che può anche calmare il pianto o conciliare il sonno.
Se leggere ad alta voce ai bambini è sempre un’attività raccomandabile, può essere utile anche capire quale sarebbe il modo migliore di farlo. È infatti importante, per stimolare i piccoli ascoltatori, suscitare in loro delle emozioni e mantenere elevato il livello di attenzione, abituarsi a leggere non solo con espressività, ma anche modulando opportunamente il tono di voce, adattandolo ai vari momenti della narrazione e agli sviluppi della trama. Anche il tentativo di assegnare un timbro specifico a ciascun personaggio può contribuire a mantenere vivo l’interesse del bambino e rendere la lettura un’esperienza coinvolgente e piacevole. Non occorre, ovviamente, frequentare un corso di recitazione o di dizione: è sufficiente lasciarsi coinvolgere dalla storia, appassionarsi e manifestare un certo grado di empatia nei confronti dei personaggi.
Demonizzare in assoluto l’uso della tecnologia non è mai saggio, anche quando riguarda i bambini piccoli. L’uso di applicazioni come Alexa, inoltre, si presta alla diffusione di contenuti di qualità che possono essere interessanti per le famiglie, dai podcast agli audiolibri ai testi di valore didattico. Detto questo, pedagogisti e psicologi infantili sottolineano che leggere ai bambini in prima persona resta un’attività irrinunciabile per diverse ragioni. Condividere questo momento, prima di tutto, permette al bambino di entrare maggiormente in sintonia con l’adulto lettore, favorisce il contatto fisico e rappresenta un’occasione preziosa di trascorrere insieme del tempo “di qualità”. Nessuna app, inoltre, potrà garantire l’interattività tipica della lettura ad alta voce: commenti, interruzioni per rispondere a domande di ogni genere, spiegazioni sulle parole “difficili”. Leggere ai propri figli, infine, rappresenta una esperienza utile e positiva anche per il genitore stesso, che ha in questo modo l’occasione di tornare in contatto con la parte “infantile” della propria personalità, alimentando le sfere dell’immaginazione, della fantasia e dell’emotività che spesso rischiano di essere penalizzate dalla vita adulta
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