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L’associazione ambientalista lancia una campagna globale per chiedere a Lego di interrompere i rapporti con Shell, colpevole di distruggere l’Artico.
Lego, il noto produttore danese di giocattoli, famoso per i mattoncini assemblabili, sta trascurando il proprio impegno ambientale in favore delle vendite. Questa l’accusa lanciata da Greenpeace che è in procinto di lanciare una campagna globale per chiedere a Lego di interrompere il rapporto di collaborazione con Shell e di rimuovere dai propri prodotti il logo della compagnia petrolifera. Il gruppo ambientalista ha già mobilitato cinque milioni di sostenitori che hanno sottoscritto una petizione online per protestare contro la società danese che ha distribuito oltre 16 milioni di giocattoli con il marchio Shell.
Greenpeace accusa Shell di mettere a repentaglio il delicato ecosistema marino dell’Alaska, popolato da orsi polari, trichechi e narvali, con le trivellazioni e di accelerare ed aggravare i cambiamenti climatici. «Il cambiamento climatico è una minaccia che riguarda tutti i bambini del mondo, Shell sta cercando di sfruttare la “magia” di Lego per nascondere il suo ruolo in questo fenomeno, – ha dichiarato Ian Duff, a capo della campagna di Greenpeace per l’Artico – per ripulire la sua immagine e distogliere l’attenzione dai suoi piani pericolosi per lo sfruttamento dell’Artico. Lego non deve rendersi complice di tale crimine e deve interrompere la collaborazione».
Lego si è più volte dichiarata un’azienda sostenibile e ha adottato diverse iniziative per ridurre il proprio impatto, riciclando il 90 per cento dei suoi rifiuti, utilizzando energia rinnovabile e cercando materiali meno impattanti per costruire i suoi mattoncini. Jørgen Vig Knudstorp, presidente e amministratore delegato di Lego, ha detto: «Siamo determinati a lasciare un impatto positivo sulla società e sul pianeta che i nostri figli erediteranno». Per dar seguito a queste parole Greenpeace chiede a Lego di dissociarsi da una compagnia tristemente nota per il proprio impatto ambientale e di schierarsi anzi in difesa dell’Artico, facendosi davvero portavoce dei desideri dei bambini che ne hanno decretato la grandezza.
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