Cosa ci ha lasciato Leonardo da Vinci, genio del Rinascimento

Leonardo da Vinci fu genio indiscusso del Cinquecento. Cosa sappiamo delle sue opere? Le curiosità sul suo conto sono tutte vere? Cosa possiamo ancora imparare da lui?

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Il 2 maggio 1519 muore nei pressi di Amboise, in Francia, Leonardo da Vinci, oggi considerato il genio assoluto e indiscusso del Rinascimento italiano ed europeo. Le sue opere più importanti – come la Gioconda, l’Ultima cena, la Vergine delle rocce – sono note e amate in tutto il mondo.

Su di lui si è detto di tutto: alcuni aspetti della sua vita, come il fatto che fosse mancino e che scrivesse al contrario, hanno persino contribuito ad alimentare misteri e dicerie. C’è chi afferma che volesse celare di proposito invenzioni e scoperte, chi sostiene che, per i suoi studi sui cadaveri, fosse addirittura una specie di mago, un negromante. Grazie all’immaginario che ruota attorno alla sua figura, è diventato persino un’icona della cultura pop.

Una cosa è certa: quest’uomo poliedrico e dal multiforme ingegno, forse uno dei più importanti multipotenziali di sempre, ha lasciato la sua impronta indelebile in diversi campi del sapere: dalla pittura all’ingegneria, dalla musica alla botanica, dall’architettura alla letteratura. Un essere umano speciale, insomma. Così speciale, da risultare distante, quasi antipatico.

Leonardo, genio imperfetto

Ma chiariamo subito un punto: i geni, anche quelli più grandi, come Leonardo, spesso sono vicini alle nostre vite di comuni mortali più di quanto immaginiamo. Per esempio: sapevate che il maestro di Vinci amava perdersi nei propri studi e nei propri progetti, e che per questo aveva serie difficoltà a rispettare le scadenze? E che procrastinava gli impegni all’infinito, venendo spesso tacciato di inconcludenza, anche se il suo era più che altro perfezionismo? Sapevate che Leonardo, nonostante fosse ammiratissimo per le sue abilità già dai suoi contemporanei, non ha mai portato a termine il suo più grande e ambizioso progetto?

Leonardo da Vinci
La Monna Lisa (o Gioconda) è uno dei ritratti più conosciuti e amati di Leonardo da Vinci. © Pascal Le Segretain/Getty Images

Leonardo era un genio imperfetto ed è per questo che ci piace. Ed ecco perché anche noi vogliamo raccontare la sua storia.

Leonardo da Vinci: la vita

Leonardo nasce il 15 aprile 1452 a Vinci, un piccolo borgo nei pressi Firenze. È figlio – illegittimo, e questo sarà per tutta la vita il suo più grande ‘difetto’ – di un giovane notaio, Ser Piero, rampollo della famiglia più in vista del paese, e di una contadinella, Caterina, figlia di pigionanti dei da Vinci. Dopo la nascita, il bambino viene affidato al padre. E così, mentre Piero inizia a contrarre una serie di matrimoni che gli consentono di fare carriera a Firenze e Caterina viene fatta sposare a un fornaciaio del borgo, Leonardo cresce in casa dei nonni, che si affezionano moltissimo a lui. Qui è accudito dal fratello di Piero, lo zio Francesco, a cui resta legatissimo per tutta la vita. Tutto quello che impara, lo impara da Francesco, che probabilmente gli insegna anche a leggere e soprattutto a scrivere, non curandosi del fatto che lo faccia con la mano “sbagliata”, cioè la sinistra. Non segue un corso di studi regolare e conduce un’esistenza quasi selvatica, vagando indisturbato tra i campi e le vigne di Vinci che poi scarabocchia sui ritagli di carta trovati in casa del nonno. E quando ser Piero si accorge che il figlio tredicenne ha talento nel disegno, lo porta a bottega da uno dei migliori artisti di Firenze, e cioè Andrea Verrocchio.

A Firenze alla bottega di Verrocchio e l’accusa di sodomia

Dal Verrocchio, Leonardo lavora gomito a gomito con alcuni dei migliori artisti del tempo, come il Perugino, Domenico Ghirlandaio, Sandro Botticelli, Lorenzo di Credi, e impara di tutto. A disegnare e a dipingere, certo, ma non solo. Impara a riconoscere e a utilizzare i materiali, studia anche oreficeria e tecniche di fusione dei metalli. Apprende le prime nozioni di balistica e di ingegneria. Insomma è qui che nasce, per Leonardo, l’interesse verso tutto ciò che è tecnico, meccanico e scientifico.

Diventa “maestro dipintore”, ma pur essendo già molto talentuoso, all’inizio combina davvero poco. Ha poche commesse e quelle che ha, fatica a finirle – come l’Adorazione dei Magi per i monaci di un paese vicino a Firenze, che resta poi incompiuta. Nonostante i continui stimoli intellettuali, a Leonardo Firenze sta stretta. Un po’ perché risente del clima competitivo che permea la città, un po’ perché non si sente a suo agio alla corte dei Medici, formata da umanisti poco interessati alle scienze, e un po’ per via delle dicerie sulla sua sessualità. Nel 1476, all’età di 24 anni, il bel Leonardo viene infatti accusato di sodomia insieme ad altri apprendisti, tra cui spicca anche un cugino di Lorenzo il Magnifico. È forse anche grazie a questa coincidenza che viene assolto, ma le chiacchiere restano. E così, appena può, se ne va, cogliendo l’occasione per farsi raccomandare dal signore di Firenze ad un nobile “straniero” in cerca di talenti: il reggente del ducato di Milano, Ludovico il Moro.

I vent’anni milanesi

È il 1482. Leonardo ha trent’anni e tanta voglia di mettersi in gioco. E per essere certo di “fare colpo” sul Moro, scrive una lettera che rappresenta il primo vero curriculum efficace della storia. Con grande intelligenza e spirito d’iniziativa enumera, in dieci punti stringati, più che le sue qualità di artista, quelle di ingegnere militare e civile e di architetto, promettendo inoltre di realizzare qualcosa che al duca sta molto a cuore, e cioè un monumento equestre in onore del padre Francesco Sforza. Così inizia il soggiorno ventennale di Leonardo a Milano, città che gli dà tantissimo e che in fondo lui stesso considera “casa” molto più di Firenze o di Vinci. Ludovico il Moro diventa non solo il suo mecenate, ma anche il primo signore a fidarsi completamente del suo talento, nonostante alcuni suoi evidenti difetti, come quello di faticare a rispettare le scadenze. Il duca pretende molto, ma lascia il maestro anche molto libero di sviluppare i suoi interessi, di studiare sui volumi freschi di stampa della biblioteca di Pavia, di sperimentare. Così, per la corte sforzesca, Leonardo si esibisce come musico e allestisce spettacoli, si cimenta in grandi dipinti, come l’Ultima Cena raffigurata tra 1495 e 1498 nel refettorio presso la chiesa di Santa Maria delle Grazie, e piccoli ritratti, come la Dama con l’ermellino, che rappresenta l’amante del Moro, Cecilia Gallerani; studia la realizzazione di una città ideale, progetta macchine di vario genere e risolve problemi idraulici legati ai navigli lombardi.

Leonardo da Vinci
In foto, l’assistente curatore Francesca Sidhu nel 2011, alla National Gallery di Londra, accanto al ritratto di Cecilia Gallerani, la dama con l’ermellino. © Dan Kitwood/Getty Images

Di tante opere progettate e pensate dalla mente del genio di Vinci, quelle che restano sulla carta sono molte più di quelle realizzate. Al momento della sua partenza da Milano, una di queste è proprio quel monumento equestre a Francesco Sforza che Leonardo aveva promesso al Moro e che avrebbe dovuto dargli gloria imperitura.

In pellegrinaggio, alla ricerca di un altro Moro

Nel 1499, un ribaltamento di alleanze tra le signorie della penisola e le corti europee, segna la fine del dominio di Ludovico Sforza a Milano e l’ingresso dei francesi in città. Anche Leonardo fugge per evitare di essere ucciso. Iniziano così i suoi pellegrinaggi alla ricerca – vana – di un nuovo mecenate, che come il Moro possa finanziarlo e allo stesso tempo lasciarlo libero di dedicarsi ai suoi studi e ai suoi interessi. Così, prima presta servizio come architetto ed ingegnere militare presso il Valentino, cioè Cesare Borgia, duca di Valentinois e condottiero figlio di Papa Alessandro VI, celebrato da Machiavelli nel Principe. Poi, nel 1503, torna nella sua Firenze alle dipendenze del nuovo padrone della città, il gonfaloniere Pier Soderini, che lo fa addirittura competere con un altro mito del Rinascimento, Michelangelo Buonarroti, per la decorazione della Sala del Maggior consiglio. Per motivi diversi, nessuno dei due artisti termina la propria parte del lavoro e a Soderini tocca rassegnarsi. Dopo un nuovo soggiorno milanese, tra 1506 e 1513, al servizio del maresciallo di Amboise, che regge la città per il re di Francia e che è il primo e l’unico a dare al vecchio maestro un vero stipendio, anche Leonardo, come molti altri artisti, parte per la città eterna.

Leonardo da Vinci
Per i suoi studi di Anatomia, Leonardo è stato addirittura accusato di Negromanzia. © Getty Images

A Roma, se possibile, Leonardo si trova anche peggio che a Firenze: un po’ perché a dominare la scena sono Michelangelo e il giovanissimo e talentuoso Raffaello. Un po’ perché si è diffusa la sua fama di inconcludente, e per quanto sia geniale, in pochi affidano lavori a un artista lento – nemmeno Bramante, che a Milano era stato suo collega. E un po’ perché i suoi studi di anatomia sui cadaveri non sono ben visti: si pensa che voglia mettere in dubbio i dogmi sull’anima e viene accusato addirittura di negromanzia. Eppure, Leonardo era semplicemente interessato ad approfondire i suoi studi, il cui apice è forse l’uomo vitruviano, un disegno a penna e inchiostro conservato nel Gabinetto dei Disegni e delle Stampe delle Gallerie dell’Accademia di Venezia che rappresenta le proporzioni ideali del corpo umano. Così, deluso e amareggiato, Leonardo abbandona anche Roma. È il 1516 e decide di trascorrere in esilio gli ultimissimi anni della sua vita, accettando l’invito del re di Francia per cui diventa “primo pittore, architetto e ingegnere”. Lontano da Firenze, da Vinci, ma soprattutto dalla sua amata Milano, Leonardo muore ad Amboise, il 2 maggio 1519.

10 curiosità su Leonardo

 

1. È un amatissimo figlio illegittimo, ma senza eredità (o quasi)

Leonardo è sì, un figlio illegittimo, ma sui generis. I nonni e lo zio Francesco, che lo crescono al posto del padre impegnato a far carriera a Firenze, lo amano molto anche perché… per lungo tempo non hanno altri nipoti. Pochi sanno infatti che Leonardo rimane figlio unico per i primi 24 anni della sua vita. La prima e la seconda moglie del padre, molto più giovani di lui, muoiono infatti entrambe nel tentativo vano di dargli dei bambini. Piero riesce finalmente ad avere diversi figli legittimi – in grado, tra l’altro, di mandare avanti anche la sua attività di notaio – solo con la terza e la quarta moglie, quando ormai il suo primogenito è già adulto e lavora a bottega dal Verrocchio. Nonostante la sua condizione particolare, Leonardo viene però escluso dall’eredità di famiglia. Il padre, che muore nell’estate del 1504, quando il maestro ha più di 50 anni e si trova a Firenze alle dipendenze di Soderini, decide di non legittimarlo, privandolo della possibilità di accedere anche solo in minima parte ai beni dei da Vinci. E prima di morire impone anche al fratello Francesco di fare lo stesso. Lo zio però non vuole privare l’amato nipote di quel che gli spetta. Così, dopo la morte di Piero, riscrive il proprio testamento e lascia quasi tutto a Leonardo. Il maestro viene comunque ostacolato con ogni mezzo dai fratelli, Giuliano (il maggiore) in testa, notaio come il padre, e riesce ad ottenere il podere di Fiesole lasciatogli dallo zio solo dopo una lunghissima battaglia legale.

2. Il cavallo esiste, ma non è quello di Leonardo

Nonostante le promesse fatte al Moro nel suo curriculum ante litteram in dieci punti, Leonardo non realizza mai il monumento equestre a Francesco Sforza. La colpa? Da un lato le “distrazioni” pittoriche, dall’altro il suo perfezionismo e la voglia di sperimentare. Leonardo, che vuole superare in bravura il suo maestro Andrea Verrocchio, autore del monumento al condottiero dei veneziani (e rivale dello Sforza) Bartolomeo Colleoni, impiega infatti anni a progettare il suo. In una prima fase, perde molto tempo a studiare e a disegnare sui suoi appunti parti di cavalli per riuscire a realizzare la statua più bella di sempre. Rischia persino di vedersi tolta la commessa, per via della sua lentezza. Poi realizza finalmente un cavallo di terracotta alto sette metri, come forma per la fusione del metallo E quando è finalmente pronto a fondere la statua in una colata unica – cosa mai sperimentata prima – si vede sottrarre il bronzo necessario all’impresa dallo stesso Moro, che lo utilizza per farne cannoni, in un momento di instabilità politica e ribaltamento delle alleanze. Il cavallo incompiuto è stato il più grande fallimento di Leonardo. Tuttavia, un monumento equestre sul progetto di quello del maestro, esiste. È stato realizzato grazie all’interessamento di un appassionato, il pilota statunitense Charles Dent, che ha raccolto tra gli anni Settanta e Ottanta del secolo scorso due milioni e mezzo di dollari per la fusione della statua. Il cavallo, alto quasi otto metri, è stato poi realizzato dalla scultrice Nina Akamu nel 1999 e donato alla città di Milano. È ora visibile all’ippodromo di San Siro.

3. La Battaglia di Anghiari è stata più sfortunata dell’Ultima cena

Cosa accomuna questi due grandi dipinti del maestro, uno a Milano e patrimonio Unesco, e l’altro a Firenze, mai finito e oggi invisibile? Il perfezionismo di Leonardo, probabilmente. Per entrambi, da Vinci si rifiuta di utilizzare la tecnica dell’affresco, più adatta alle grandi pareti, ma che richiede pennellate rapide e chiarezza di pensiero, per preferire tecniche miste a tempera e a olio su pareti impermeabilizzate, che permettono infiniti ripensamenti. Ricordiamo infatti che il processo creativo, per Leonardo, può durare interi anni. A Milano, il risultato è un dipinto magnifico: l’Ultima Cena viene infatti apprezzata già dai contemporanei, ma è destinata a rovinarsi nel giro di pochissimo tempo. A Firenze, dove per impermeabilizzare la parete della Sala del Maggior consiglio utilizza una resina nota come pece greca, il dipinto si scioglie dopo poche pennellate. Leonardo non lo finisce neppure. Per sua fortuna, non perde del tutto la “sfida” col rivale Michelangelo, che sulla parete opposta avrebbe dovuto dipingere la Battaglia di Cascina: l’artista viene infatti chiamato a Roma e il duello del secolo finisce con un pari e patta (per i due artisti) e con una sala tutta da rifare per il gonfaloniere.

4. Impara il latino solo dopo i Trenta

Leonardo, che in gioventù non segue un corso di studi regolare, verso i trent’anni è costretto a prendere una decisione: imparare il latino per continuare la sua formazione scientifica, oppure rinunciarvi? Con estrema umiltà e determinazione, decide quindi di studiare da autodidatta l’equivalente quattrocentesco dell’inglese, quella lingua “morta” in cui erano scritti, all’epoca, non solo i testi letterari, ma anche quelli tecnico-scientifici, riuscendo così a proseguire nei suoi studi.

5. I codici non sono stati riordinati da Leonardo

Il maestro è stato un grafomane e soprattutto a partire dal primo soggiorno milanese, ha preso appunti su qualunque cosa: sui suoi codici si trovano infatti favolette, liste della spesa, conti di casa (che da bravo figlio di notai, annota scrupolosamente), e ovviamente molti studi – di anatomia, di botanica, di idraulica, di architettura e di ingegneria, di tecniche del volo, e molto altro. La sua scrittura è caratteristica, speculare: va da destra a sinistra, con le lettere che sono disegnate al contrario. Il motivo, però, non è probabilmente quello di voler celare le proprie scoperte, ma solo di voler fare meno fatica. Leonardo è infatti mancino e impara, sin da bambino, a scrivere in entrambi i versi. Mente brillante, ma poco organizzata, da Vinci non sistematizza mai nulla, anche se è suo desiderio farlo: un riordinamento dei suoi appunti per farne trattati è in programma, e per farlo chiede l’aiuto di uno dei suoi allievi prediletti, Francesco Melzi. Leonardo muore purtroppo prima di realizzare il suo intento, lasciando comunque la grande mole di appunti al Melzi. Decenni più tardi, gli scritti vengono acquistati da Pompeo Leoni, che li riordina, facendone codici. Oggi gli appunti di Leonardo sono sparsi per il mondo in una decina di raccolte diverse: Il codice Atlantico e quello Trivulziano sono a Milano; il codice del Volo è a Torino; nella capitale francese si trovano il codice di Parigi e quello di Ashburnham; a Londra ci sono i codici Arundel, Forster e Windsor; a Madrid ci sono due manoscritti, mentre Bill Gates ha acquistato il codice Hammer-Leicester, dedicato a idrodinamica, geologia e astronomia.

6. È in pace con la sua sessualità

Della sessualità di Leonardo si è parlato molto nel corso degli ultimi 500 anni. Ci si è messo anche Sigmund Freud, che ha analizzato le favole del maestro per scoprirne definitivamente l’orientamento e stabilendo che sì, Leonardo doveva essere un omosessuale che però aveva sublimato i suoi istinti grazie all’arte. In realtà, Leonardo non parla mai apertamente sui suoi scritti della sua sessualità. Quello che sappiamo è che tra gli allievi di cui si circonda durante tutta la sua vita, ce n’è uno, Gian Giacomo Caprotti detto il Salaj (o Salaino, un termine dialettale per dire “monello”) che è bellissimo e che su di lui ha un particolare ascendente. Non sappiamo però se sia stato effettivamente il suo amante. Detto questo, pare che l’eccentrico Leonardo sia sempre stato molto “sereno” rispetto alle sue inclinazioni, a differenza di altri artisti del tempo molto più “tormentati”, come ad esempio Michelangelo Buonarroti.

7. La vigna di Milano è sua, ma fino a un certo punto

Durante il soggiorno milanese, il duca Ludovico dona a Leonardo una piccola casa con vigna nel quartiere occidentale della città, nei pressi della chiesa di Santa Maria delle Grazie. È il 1498 e Leonardo ha appena finito di dipingere l’Ultima cena. Qui il maestro si trasferisce coi suoi collaboratori, compreso il Salaj, per cui ha evidentemente un debole. Quando, costretto dalle circostanze che hanno portato alla disfatta del Moro, l’anno successivo fugge per evitare la cattura, affitta la sua casa con vigna al padre del Salaj.

La famiglia dell’allievo finisce così per appropriarsi progressivamente della vigna: anche quando ritorna a Milano, Leonardo non riconquista mai del tutto della sua dimora che alla sua morte, nel 1519, viene divisa a metà tra i Caprotti e il servitore del maestro, come da testamento.

8. È vegetariano. Forse

Leonardo non mangia la carne ed è cosa certa il suo grande amore verso gli animali. Si racconta, per esempio, che vada in giro per la città ad acquistare dai venditori ambulanti uccelli in gabbia, per il solo piacere di liberarli. Altra cosa certa, però, sono le sue condizioni economiche non particolarmente favorevoli. Nonostante il suo talento e il suo discreto successo, Leonardo non diventa mai ricco, presta estrema attenzione ai conti di casa (in cui non è inclusa solo la sua sussistenza, ma anche quella dei suoi molti assistenti che vivono presso di lui) e, insomma, il più delle volte tira a campare. Ecco perché le malelingue hanno ipotizzato che il vegetarianesimo di Leonardo si dettato non solo dalla sua convinzione… ma anche dal suo borsellino.

9. La natura è sempre al centro delle sue opere

Il fil rouge che lega tutta la produzione di Leonardo è un’osservazione quasi maniacale della natura. Nelle pitture, per esempio, il maestro trasferisce tutte le conoscenze scientifiche che ha acquisito, prestando grande attenzione agli elementi botanici, alle anatomie degli esseri viventi, alla luce. Ma lo studio della natura è protagonista anche nei progetti di Leonardo ingegnere e architetto, quando disegna le macchine idrauliche o le conche dei navigli, o ancora quando compie i suoi studi per la città ideale da proporre al Moro dopo la pestilenza che colpisce Milano tra il 1484 e il 1485.

10. Leonardo anticipa l’allarme ecologico dei nostri giorni?

Se ne parla poco, eppure Leonardo scrive anche molta narrativa. Per la corte sforzesca inventa barzellette e favole che potremmo definire “dark”, in cui spesso sono protagonisti animali e che a volte non hanno nulla da invidiare ai racconti di Edgar Allan Poe. E poi, verso gli ultimi anni della sua vita, Leonardo scrive anche una sorta di trattato dal sapore apocalittico, un testo visionario in cui descrive la natura rigogliosa a cui è abituato e che ama, distrutta da catastrofi ambientali e scenari oscuri. Qualcuno ha voluto vedere in questi scritti una serie di profezie alla Nostradamus, un’anticipazione dell’allarme ecologico dei nostri tempi; più probabilmente, Leonardo aveva deciso di stupire i lettori con un ribaltamento della realtà, stravolgendo gli elementi naturali che gli stavano così a cuore.

Le macchine di Leonardo

Non si può parlare di Leonardo senza fare un accenno seppur minimo alle tantissime macchine che ha progettato, realizzandone alcune e lasciandone molte altre solo sulla carta dei tanti codici sparsi per il mondo. Riportiamo qualche esempio, per ricordare l’attività del maestro nei campi dell’ingegneria militare, civile e idraulica. Molte riproduzioni delle macchine leonardesche, di cui qui citiamo solo qualche esempio, sono visibili al Museo della scienza e della tecnologia Leonardo da Vinci oppure alla mostra permanente Leonardo 3, entrambi a Milano.

 

 

 

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La macchina volante di Milano

Chi non conosce le macchine volanti di Leonardo? Il maestro ipotizza due modalità di volo, battente e planato. Quella rappresentata nel foglio 749 del codice Atlantico milanese è una macchina per volo battente, con il pilota che indossa praticamente una sorta di “tuta” con ali artificiali. Per quanto sia impossibile la riuscita dell’impresa, vedere questa macchina è un’esperienza suggestiva.

Bombarda multipla

Nel curriculum inviato a Ludovico il Moro, Leonardo si presenta essenzialmente come ingegnere militare, in grado di progettare e realizzare armi efficaci contro i nemici del ducato. E anche per il Valentino, il maestro progetta armi. Una delle sue macchine da guerra più note e affascinanti è la bombarda multipla, un’arma a forma tronco conica con sedici bocche di cannone, pensata per spostarsi in acqua.

Ponte autoportante

Leonardo è anche un abile ingegnere civile. Tra le tante opere progettate, una delle più geniali nella sua semplicità, è il ponte autoportante. Si tratta di un ponte in legno diviso in moduli costruttivi, leggeri e facili da trasportare, con travi a sezione circolare che vengono assemblate senza l’aiuto di legature o incastri.

Il leone

Ricordiamo che il maestro è chiamato anche ad allestire feste e spettacoli, per cui doveva realizzare complessi macchinari scenici. Uno di questi è il leone, un automa che Leonardo ha progettato su commissione di Papa Leone X, perché camminasse proprio come un vero felino al cospetto del Re di Francia. Il “robot” funziona con un meccanismo a molla elicoidale collocata sotto il petto. Il progetto del leone meccanico si trova nel codice di Madrid.

L’animale non è l’unico automa progettato da Leonardo: nel codice Atlantico si trovano per esempio anche i disegni per lo studio di un soldato-robot…

Organo continuo

E a proposito di spettacoli e feste, Leonardo progetta anche diversi strumenti musicali per il divertimento delle corti presso cui presta servizio. Come l’organo continuo, una sorta di fisarmonica che riproduceva il suono “caldo” dell’organo grazie a due mantici interni in cui veniva soffiata aria grazie al movimento umano. Lo strumento è pensato per essere indossato con apposite bretelle, che consentono al musico di avere le mani libere.

Leonardo nella cultura pop

Da genio a icona pop il passo è brevissimo. La figura di Leonardo, specialmente tra Novecento e primi anni Duemila, ha ispirato infatti artisti, sceneggiatori, romanzieri, persino stilisti che lo hanno riportato alla ribalta talvolta stravolgendo totalmente il senso del suo lavoro.

Leonardo nell’arte del XX e XXI secolo

Celeberrime sono per esempio le tante riproduzioni della Monna Lisa di Leonardo ad opera di Andy Warhol, che nel 1963 la tratta esattamente come una delle tante icone del suo tempo – al pari di Marilyn Monroe o Elvis Presley – e la rende protagonista dei suoi coloratissimi poster.

Ma della Gioconda si occupano anche Marcel Duchamp, che nel 1919 le fa i baffi, Botero, che nel 1977 la ingrassa, Basquiat e Keith Haring che la rielaborano mettendola al centro dei loro dipinti. Salvador Dalì si fa addirittura un autoritratto in veste di Monna Lisa, mentre l’artista Devorah Sperber la fa diventare una scultura fatta con rocchette di filo. Nel campo della moda, Louis Vuitton trasforma nel 2017 il volto della Gioconda nella decorazione di una borsa di lusso.

Leonardo da Vinci
La borsa Luois Vuitton dedicata al celebre dipinto della Monna Lisa di Leonardo da Vinci. © Getty Images

Warhol torna poi a occuparsi di Leonardo nel 1984, quando il gallerista Alexandre Iolas gli commissiona una “riflessione” sul Cenacolo. Warhol si avvicina all’Ultima Cena tramite rielaborazioni dell’originale – souvenir, riproduzioni in bianco e nero, un’incisione di XIX secolo e uno schizzo del 1913, pubblicato nella Cyclopedia of Painters and Painting – e riproduce circa 100 variazioni sul tema. Una selezione di queste vengono poi esposte nel 1987 al Palazzo delle Stelline a Milano e nel 2017 al Museo del Novecento.

Leonardo Da Vinci
Sixty last supper è lo studio sull’Ultima Cena di Leonardo realizzato da Andy Warhol. © Jacopo Raule/Getty Images for Gagosian Gallery

Leonardo in letteratura

La figura di Leonardo, ammantata di mistero per via dei suoi codici scritti al contrario, non passa inosservata neanche tra gli scrittori. Nel 2003, lo statunitense Dan Brown, studioso di storia dell’arte e di crittografia, dedica infatti il suo romanzo più famoso proprio alla figura di Leonardo da Vinci. Ne Il codice da Vinci, divenuto un best seller e trasformato in pellicola nel 2006, la storia si dipana a partire da presunti messaggi misteriosi contenuti in alcuni dipinti del maestro, primo fra tutti l’Ultima Cena, che celerebbe addirittura il segreto del sacro Graal.

https://www.youtube.com/watch?v=ESfXaVg5ixc

Per quanto quella di Dan Brown sia una finzione ricca di imprecisioni ed azzardi di trama, lo scrittore ha avuto il merito di colpire ed incuriosire una vasta fetta di pubblico, accrescendo così l’attenzione verso tutte le opere di Leonardo.

Leonardo in televisione e al cinema

La vita di Leonardo da Vinci” è stata raccontata anche sul piccolo schermo nel 1971, in uno sceneggiato omonimo in 5 puntate, divenuto poi una pietra miliare dei telefilm prodotti dalla Rai, per la regia di Renato Castellani. Il volto – indimenticabile – del maestro è di Philippe Leroy.
Quello su Leonardo è stato uno dei primi sceneggiati girati a colori, sei anni prima che la Rai adottasse questa tecnica di trasmissione. A pensarci oggi, questa piccola innovazione sembra quasi una sorta di tributo al genio che ha innovato tanti campi del sapere.

Leonardo da Vinci
Philippe Leroy è stato il volto di Leonardo da Vinci in uno degli sceneggiati più noti della Rai. © Keystone/Hulton Archive/Getty Images

Ma i tributi televisivi a Leonardo sono davvero tanti. Per esempio, chi non ricorda quello – divertentissimo – che si trova in in Non ci resta che piangere, in cui  Massimo Troisi e Roberto Benigni tentano di spiegare al maestro l’invenzione del termometro oppure le regole del gioco della Scopa?

E poi, un uomo così all’avanguardia rispetto ai tempi non poteva non incuriosire anche gli sceneggiatori dei telefilm di fantascienza. E così, un Leonardo interpretato da Jonathan Rhys-Davies (Sallah in Indiana Jones e Gimli il nano de Il Signore degli Anelli) diventa protagonista di alcuni episodi di Star Trek: Voyager. Riportato in vita sotto forma di ologramma, “scappa” dall’astronave per errore, finisce al servizio di un signore alieno e dimostra persino il funzionamento delle sue macchine del volo…

Un tributo “velato” è invece quello di J.J. Abrams, regista e sceneggiatore, che si ispira al personaggio di Leonardo per la sua spy-story fantascientifica Alias. Le vicende della spia doppiogiochista Sydney Bristow, interpretata dall’attrice Jennifer Garner, hanno infatti come sfondo la ricerca dei manufatti e degli scritti di un certo Milo Rambaldi, genio rinascimentale modellato sulle figure di da Vinci e di Nostradamus.

Ultima, ma non meno importante, anche la serie Da Vinci’s Demons. Ideato da David S. Goyer, il telefilm ha per protagonista proprio Leonardo da Vinci – interpretato da Tom Riley – e ne esplora in maniera molto romanzata gli anni giovanili, insistendo in modo particolare sulla sua abilità nel progettare macchine da guerra.

Leonardo, multipotenziale a sua insaputa

Leonardo – come diversi altri geni molto sfaccettati del Rinascimento – è un multipotenziale inconsapevole.

La persona che ha dato un nome alla capacità degli artisti rinascimentali di passare da una disciplina all’altra con estrema competenza chiamandola multipotenzialità, e che ha fatto (ri)scoprire al mondo questa qualità, si chiama Emilie Wapnick, è attualmente imprenditrice, consulente professionale e autrice del blog sulla multipotenzialità Puttylike, ed è nota al grande pubblico per il suo TED talk del 2015.

Nel video, divenuto poi virale, Emilie spiega con estrema chiarezza per quale motivo alcune persone per tutta la vita non riescano ad avere una carriera semplice e lineare: hanno troppi interessi e riescono bene in qualunque cosa facciano. Perciò, banalmente, non riescono e non vogliono scegliere. E forse, neppure devono.

Secondo la definizione che ne dà Wapnick, che prima di essere imprenditrice è stata musicista e cantautrice, web designer, scrittrice, regista, studentessa di legge, “Un multipotenziale è una persona con molti interessi e occupazioni creative”. Si tratta di persone curiose, a proprio agio nella condizione del “principiante”, disposte a imparare, che si immergono anima e corpo nello studio di una disciplina e quando la padroneggiano, si annoiano e passano ad altro. Questo perché alcuni di noi non hanno una sola vocazione, ma più di una, e dunque non riescono a rimanere imbrigliati in un percorso – formativo o lavorativo – lineare.

Proprio come Leonardo, che è sicuramente un pittore superbo, ma che raggiunge punte d’eccellenza anche nello studio dell’anatomia, della botanica, dell’ottica, dell’ingegneria e dell’architettura. È un musico, un compositore, uno scenografo, ma anche un barzellettiere e un autore di favole. Con una curiosità insaziabile che lo spinge a indagare diversi campi del sapere, senza accontentarsi mai.

Oltre al maestro da Vinci, Emilie nomina tra i più noti e importanti multipotenziali di sempre anche Thomas Jefferson, Benjamin Franklin, René Descartes (Cartesio), Isaac Newton e Aristotle. Senza dimenticare diverse multipotenziali donne, contemporanee e non, tra cui elenca Cleopatra, Ipazia, Elisabetta I, Maya Angelou, Julia Child, Beatrix Potter e Geena Davis.

 

Per realizzare questo articolo, abbiamo consultato Leonardo, il genio che inventò Milano, di Marina Migliavacca Marazza, edito da Garzanti e Leonardo, genio senza pace, di Antonio Forcellino, edito da Laterza.

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