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Fino al 25 settembre in Provenza un festival internazionale di fotografia imperdibile, Les rencontres d’Arles. Perché “scattare” è raccontare il mondo.
La fotografia è un’arte capace di emozionare profondamente e velocemente: uno scatto, così come rapidamente prende forma, può, allo stesso modo, mutare stati d’animo e svegliare coscienze. Se le fotografie sono esposte in uno scenario che, già da solo, racconta storia e cultura, questa forma d’arte diviene quasi formativa. Succede semplicemente ma meravigliosamente ad Arles, cittadina della Provenza francese che ospita ormai dal 1970, Les rencontres internationales de la photographie, un festival stupefacente non solo per gli appassionati di fotografia. C’è tempo fino al 25 settembre per concedersi questa gioia.
Arles è uno scrigno perfetto: offre storia, cultura e arte e, durante i mesi estivi, diventa il luogo d’incontro di chi vuole capire e vedere il mondo attraverso gli scatti di autori internazionali. Una cittadina di circa 50mila abitanti nella bella Provenza racconta, da luglio a settembre (l’edizione di quest’anno è partita il 4 luglio per terminare il 25 settembre), i fatti e le storie di molti paesi e culture, alcune anche remote.
Ciò che rende Les rencontres d’Arles speciale e unico, rispetto ad altri festival dedicati alla fotografia, è la possibilità di immergersi nel passato e nel vivo presente nello stesso luogo, nello stesso scatto: le mostre sono allestite in luoghi rappresentativi della città, case storiche, chiese antiche, nuovi spazi. Scovarli, tra gli stretti vicoli di Arles, che spesso convergono nella splendido anfiteatro romano o nella vasta place de la Republique, è già di per sé un’esperienza.
Molte delle sedi espositive sono visitabili solo durante il periodo del festival e questo regala una gioia in più ai visitatori, rendendoli esclusivi beneficiari di tanta bellezza. La città vecchia, con il suo passato glorioso e il carico di storia che porta con sé, e insieme la quasi futuristica modernità della nuova Arles: qui infatti, grazie a Fondazione Luma, sorgerà nel Parc des ateliers un complesso che ospiterà varie forme d’arte e avrà il suo culmine nell’edificio progettato dal grande architetto Frank Gehry.
Un mix di vecchio e nuovo che emoziona, stupisce e esprime tutto il senso di possibilità della modernità integrata perfettamente nel passato.
Le opere presenti nelle 40 esposizioni allestite raccontano le storie più diverse, gli sguardi più remoti. Molti i fotografi conosciuti anche al grande pubblico, tanti gli autori meno noti che qui hanno una visibilità internazionale. Alcuni colpiscono per la capacità di far sentire chi guarda dentro lo scatto: come Eamonn Doyle che nelle sue enormi foto rubate per strada riesce a trasmettere i rumori dei claxon, della città. Altri, come il giovane Piero Martinello, fotografa un’Italia che è stereotipo di un passato pesante, ma anche vivo e presente in alcune zone del paese.
E poi l’attualità, la storia, la cronaca: guardare una fotografia a volte è come leggere un quotidiano, rileggere un libro di storia. Così Don Mccullin, fotografa in bianco e nero le guerre ma anche i lavoratori di zone sconosciute e operaie dell’Inghilterra, trasmettendo chiaramente lo stato d’animo di chi lotta, in modi diversi ma con la stessa fatica.
Scatti crudi che sono soprattutto una denuncia sociale, come quelli di Pablo Ernesto Piovano, fotogiornalista argentino che nel suo progetto El costo humano de los agrotóxicos documenta senza filtri il risultato di anni di utilizzo del glifosato nel suo Paese. Un autore che anche nel Festival della fotografia etica di Lodi l’anno scorso aveva scosso e portato alla ribalta un tema attualissimo.
Un viaggio ad Arles durante questo festival non è un semplice viaggio in Provenza. È un giro del mondo, tra i più emozionanti. Le informazioni riguardo alle differenti formule per parteciparvi a questo link.
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