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I responsabili della crudele uccisione di un lupo, avvenuta a Coriano nel 2017, hanno patteggiato le rispettive pene di reclusione.
Nel nostro Paese l’areale del lupo appenninico (Canis lupus italicus) si sta fortunatamente espandendo, ma questa specie, particolarmente protetta, deve ancora oggi fare fonte ad un odio atavico e ingiustificato. Il numero di lupi uccisi dai bracconieri, con armi da fuoco, bocconi avvelenati, tagliole e lacci, è ancora elevato.
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La maggior parte degli autori di questi gesti vili e illegali rimane impunita, soprattutto per la difficoltà di individuare i responsabili. Non è questo però il caso delle tre persone che, nel 2017, hanno seviziato e ucciso un lupo, per poi appenderne il corpo a una pensilina di una fermata dell’autobus nel Comune di Coriano (Rimini). I tre colpevoli furono individuati lo scorso anno dai Carabinieri forestali di Rimini, in collaborazione con il Nucleo investigativo di polizia ambientale agroalimentare e forestale (Nipaaf), e oggi sono stati finalmente condannati.
Si è infatti svolta il 20 novembre l’udienza preliminare nel corso della quale i tre imputati, accusati di uccisione di animali, furto venatorio e macellazione abusiva, hanno chiesto il patteggiamento della pena. Sono stati condannati, rispettivamente, a un anno e sei mesi, un anno, e nove mesi di reclusione.
L’associazione animalista Lav, costituitasi parte civile, ha accolto con favore la sentenza, anche se auspicava pene più severe per i colpevoli di un gesto così violento e gratuito. “Accogliamo l’esito di questa udienza con parziale soddisfazione – ha commentato Massimo Vitturi, responsabile Animali selvatici della Lav – infatti, se da un lato la richiesta di patteggiamento conferma le responsabilità degli imputati, dall’altro, l’entità delle pene risulta minima, specie per reati di questa gravità, anche alla luce della necessità di dare un messaggio deciso, contro ogni possibile emulazione”.
Le condanne, seppur lievi, rappresentano comunque un segnale importante e costituiscono, come ha evidenziato sulla propria pagina Facebook il Centro di educazione ambientale e alla sostenibilità (Ceas) dell’Ente di gestione per i parchi e la bodiversità della Romagna, il primo caso in Italia di condanna per reati di questa portata legati alla conservazione del lupo.
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