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Per le imprese del made in Italy, collaborare con le altre imprese e con i soggetti del territorio è un fattore di sviluppo economico a tutti gli effetti.
La vulgata vuole che le imprese più spregiudicate, quelle focalizzate solo sul proprio tornaconto economico, alla fine dei conti guadagnino di più. E che la responsabilità sociale sia una sorta di sacrificio che va a discapito dei profitti. Nulla di più sbagliato. Le imprese che portano avanti il made in Italy nel mondo sono proprio quelle “coesive”, cioè che stringono relazioni virtuose con le altre imprese, le comunità, le istituzioni, i consumatori e il terzo settore. Lo dimostra Coesione è competizione, il report presentato l’8 luglio in occasione del Seminario estivo di Symbola che si è tenuto a Treia, in provincia di Macerata. Lo studio è stato realizzato da Fondazione Symbola e Unioncamere in partnership con Consorzio Aaster e Aiccon e con il sostegno di Enel e Comieco.
Nel 2015 il 47 per cento delle imprese coesive ha registrato un aumento del fatturato rispetto al 2014, mentre per le imprese non coesive tale quota si ferma al 38 per cento. Le imprese coesive hanno avuto performance migliori sul fronte dell’occupazione: il 10 per cento ha dichiarato assunzioni, contro il 6 per cento delle altre. Per giunta, hanno un ruolo fondamentale come ambasciatrici del made in Italy: il 76 per cento di esse esporta i propri prodotti e il 50 per cento ha ordinativi esteri in aumento (tali percentuali sono ferme rispettivamente al 68 per cento e al 39 per cento per le imprese non coesive). Essere legati al territorio e alla comunità significa anche investire in prodotti e tecnologie green: lo ha fatto nel 2015 il 53 per cento delle imprese coesive, contro il 38 per cento di tutte le altre.
Ma anche i territori possono essere coesivi, vale a dire caratterizzati dall’esistenza di relazioni solide e profonde tra comunità, imprese, istituzioni e soggetti più o meno deboli. Anche in questo caso coesione, legalità e associazionismo vanno di pari passo con il benessere economico. Se sovrapponiamo infatti la mappa dei territori più coesi con quella della ricchezza (misurata tramite il pil pro capite e il reddito disponibile delle famiglie), nella parte alta della graduatoria troviamo sempre le stesse Regioni: Trentino Alto Adige, Lombardia, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Veneto, Toscana.
Insomma, puntare alla crescita e allo sviluppo significa ragionare in un’ottica integrata. Una bella sfida per imprese, istituzioni, comunità e terzo settore, che sono stati abituati per troppo tempo a parlare lingue diverse. “Spesso l’economia ufficiale, quella dei forum internazionali e delle agenzie di rating, non legge questi fenomeni – ha dichiarato a LifeGate Ermete Realacci, presidente di Symbola -, ma il nostro Paese lo deve fare perché questo è il suo futuro”.
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