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Quante volte abbiamo sentito parlare di pratiche di recupero crediti ai limiti della legalità? Per fortuna, stanno arrivando delle soluzioni.
Da un lato, famiglie e aziende schiacciate dai debiti, che li mettono profondamente in difficoltà a livello finanziario, umano e psicologico. Dall’altro lato i loro creditori, che chiedono di riavere indietro le somme a cui hanno diritto. Innumerevoli le situazioni del genere, in Italia e non solo. Il risultato? Troppo spesso le società di recupero crediti arrancano. E finiscono per ricorrere a pratiche non ortodosse, aggressive, ai limiti della legalità. Ma presto le cose potrebbero cambiare.
Proprio in queste settimane infatti sta muovendo i suoi primi passi in Parlamento un ddl che vuole modificare l’articolo 612-bis del codice penale. Vale a dire l’articolo che parla di stalking. Secondo l’intero gruppo parlamentare di Fratelli d’Italia, firmatario del ddl, il reato va allargato fino a comprendere le condotte persecutorie e aggressive messe in atto da parte delle società di recupero crediti che lavorano per conto di banche, società finanziarie, grandi aziende, società telefoniche o dell’energia. Proprio come lo stalking da parte di un ex fidanzato o di un collega di lavoro, si legge, anche quello da parte di una società di recupero crediti può “arrivare a configurarsi come un’azione persecutoria violenta a carico di un soggetto che diventa a tutti gli effetti una vittima, e come tale viene posto in una condizione di grave stress psico-fisico, di oppressione e crescente debolezza e impotenza”.
Ma quali sono, nel concreto, queste pratiche talmente aggressive da essere bollate come persecuzioni? A volte, le società di recupero crediti violano il proprio obbligo di comunicare il nome del creditore. Altre volte, telefonano al debitore da numeri oscurati, incessantemente e in qualsiasi orario. Oppure, per fare leva sulla vergogna e sul senso di colpa, affiggono avvisi di mora sulla sua porta di casa o informano anche familiari, colleghi o vicini di casa. C’è anche chi paventa azioni legali o iniziative spoporzionate, minacciando il pignoramento dello stipendio del debitore o la messa all’asta della sua abitazione.
Per fortuna esiste anche un modo trasparente, etico e corretto di gestire il processo di recupero crediti. Chi ha scelto questa strada può contare su Ethical Debt Collection, un progetto sviluppato da LifeGate, il punto di riferimento per lo sviluppo sostenibile delle imprese, insieme all’ente di certificazione internazionale SAI Global. Ethical Debt Collection è una certificazione che garantisce innanzitutto che il debitore venga trattato con rispetto. Ma non solo: assicura anche che l’agenzia di recupero crediti e l’esattore operino in condizioni lavorative ottimali e il cliente mandante sia soddisfatto economicamente preservando la propria immagine e reputazione. Possono farne richiesta, sottoponendosi a un accurato iter di certificazione, tutte le società di recupero crediti che vogliano certificare l’eticità e trasparenza delle attività che conducono attraverso rete esattoriale e/o phone collection. La prima società a ottenere questa certificazione è stata Gextra, seguita da Synergy Key.
Fai clic qui per avere maggiori informazioni sul progetto.
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