Manfredonia, la basilica che non c’è, ma si vede

Nel Parco archeologico di Manfredonia è stata ricostruita l’antica basilica paleocristiana di Santa Maria di Siponto. La particolarità? È che non c’è.

L’installazione che l’artista Edoardo Tresoldi ha inaugurato sabato 12 marzo al Parco archeologico di Manfredonia è una ricostruzione che lascia le rovine dove stanno, che è al tempo stesso reale e immateriale e che fa dialogare i resti archeologici della chiesa paleocristiana di Santa Maria di Siponto con il paesaggio, apparentemente senza intaccarlo. Perché se è vero che spesso per capire meglio dei resti di edifici è utile restaurarli e riportarli in vita, è anche vero che ogni restauro, per quanto ben fatto, sia una forzatura moderna di ciò che è stato in antico e ha un impatto ben preciso sul paesaggio circostante.

 

Paricolare della basilica. Foto © Giacomo Pepe
Paricolare della basilica. Foto © Giacomo Pepe

 

L’insatallazione

Il progetto ha previsto la ricostruzione delle prime tre campate dell’antica basilica utilizzando esclusivamente reti metalliche lavorate a mano. La mancata riproduzione integrale dell’antico edificio allude al concetto di non finito, portando lo spettatore più a immaginare come dovesse essere la basilica  che a vederla riedificata. L’opera di Tresoldi riporta in vita parte dell’ultima fase della chiesa.

 

Il costo

La realizzazione dell’opera permanente, alta 14 metri, è costata 3,5 milioni di euro, di cui solo 900 mila utilizzati per i materiali veri e propri. Per la ricostruzione, avvenuta a ridosso della chiesa medievale esistente, ci sono voluti tre mesi di lavoro. L’artista non ha fatto tutto da solo: si è avvalso della consulenza e degli studi di archeologi e operatori dei beni culturali che l’hanno aiutato con le ricerche.

 

La basilica di notte. Foto© Giacomo Pepe
La basilica di notte. Foto© Giacomo Pepe

 

Perché è bella

Il committente del progetto è stata la Soprintendenza archeologica della Puglia. Obiettivo: spiegare l’archeologia a chi non la pratica, con il minimo impatto possibile sul paesaggio. Gli archeologi sono abituati a vedere con gli occhi della mente templi, basiliche, domus soltanto partendo dalle fondazioni in pietra che costituiscono la pianta degli edifici del passato. L’intento del progetto, oltre che artistico, sarebbe dunque anche spiegare a visitatori e turisti come doveva apparire nei secoli passati l’area archeologica.

 

Ricostruzione sulle rovine. Foto © Giacomo Pepe
Ricostruzione sulle rovine. Foto © Giacomo Pepe

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