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Un’accoglienza da rockstar è stata riservata a Marina Abramović, ospite della famiglia Ceretto, ad Alba, in occasione dell’inaugurazione della video-installazione “Holding the milk”.
È davvero meritevole l’attività promossa da Ceretto, produttrice di amatissime etichette di Barolo, che ha coinvolto in questi giorni l’artista serbo-statunitense Marina Abramović. L’installazione “Holding the milk” (in concomitanza con l’annuale fiera del tartufo, imperdibile per gli amanti del genere ) è visitabile ad Alba fino al 12 novembre.
L’artista è stata innanzitutto protagonista nel pomeriggio del 29 settembre al Teatro Sociale Giorgio Busca della cittadina langarola, parlando del proprio lavoro e rispondendo alle domande del pubblico. A promuovere e finanziare l’evento la famiglia Ceretto, storicamente legata al Barolo e, da molti anni, anche all’arte.
La video-installazione “Holding the milk” è stata inaugurata nel Coro della Maddalena (via Vittorio Emanuele II, 19) ad Alba, Cuneo. Un video in cui appare immobile, vestita di nero, in una cucina abbandonata, in mano un pentolino di latte, alle spalle una finestra e di là da quella, forse, qualcosa di inquietante.
I video sono girati nella cucina del monastero certosino La Laboral a Gijón, ormai abbandonato, dove un tempo le monache accudivano bambini orfani; l’opera rimanda infatti alla vita della mistica Santa Teresa di Avila, intrecciata coi ricordi dell’infanzia dell’artista, passata nella cucina della nonna ad ascoltare storie, chiedere, apprendere. “L’ispirazione per questi lavori – spiega l’artista stessa – nasce dalla combinazione tra la rievocazione della cucina della mia infanzia, la storia di Santa Teresa d’Avila e questa straordinaria cucina abbandonata piena di bambini, tutta insieme e nello stesso momento”.
“Si sono percorse insieme le tappe salienti della sua affascinante quanto estrema carriera – spiega Maria Chiara Laurenti, digital pr di sustainable luxury management – dove la fisicità, spesso coinvolta in prove di estenuante dolore, è un mezzo per elaborarne la paura e vincerla. I riti sciamanici che ancora oggi si vedono praticati da alcune popolazioni tribali rappresentano la stessa cosa. La performance ha quindi la medesima funzione catartica che troviamo nella drammaturgia Greca, declinata qui con mezzi e strumenti della contemporaneità”.
“Mentre nel teatro il pubblico è al di là della scena – spiega Laurenti, riportando le parole di Marina Abramović – nella performance questo è parte di essa. L’artista è solo lo specchio di chi la sta guardando. Il focus è sulla consapevolezza del vivere il presente, nella sua interezza. ‘To be here and now’ è il mantra che la Abramović utilizza come sintesi del proprio lavoro. I messaggi sono gli stessi che si trovano, quindi, nelle filosofie orientali e la ‘missione’. se così si può dire, è quella di fornire ad ognuno gli strumenti per indagare se stessi. L’artista, da specchio, risulta quindi un veicolo di trasmissione in questo senso”.
L’intervento è stato chiuso con la presentazione del progetto Mai (Marina Abramovic Institute), primo istituto immateriale al mondo, fucina di progetti con un comune denominatore: porre l’attenzione su di sé, sul presente.
“La Abramović – conclude Maria Chiara Laurenti – è una donna piacevole, empatica e rassicurante e ampio spazio è stato dato alle domande, spazio in cui Marina ha esordito con un ‘you can ask me, anything’ e dopo quasi due ore di assordante silenzio in sala, Marina ci ha lasciato con il messaggio: ‘Today, body art is simple, mind art is the real challenge’. Bellissimo”.
L’intersezione e l’osmosi con il mondo dell’arte è una preziosa consuetudine per Ceretto. Già nel 1986 avevano assegnato il compito del restyling delle proprie etichette a Silvio Coppola, mentre i ristoranti in cui lavorano Enrico Crippa e Dennis Panzeri sono stati decorati da Kiki Smith e Francesco Clemente. I Ceretto hanno voluto lasciare il segno anche con presidi architettonici quando nel ‘99 hanno fatto rivivere con impensabili colori la Cappella del Barolo richiedendo l’intervento di Sol LeWitt, con il celebre Cubo di Castiglione Falletto, una delle cantine più avveniristiche d’Italia o forse del mondo e con l’Acino alla Tenuta Monsordo, sede principale dell’azienda.
Quest’evento e questa mostra confermano la costanza della famiglia Ceretto a favore l’arte contemporanea e il suo desiderio di collaborare a progetti di altissimo valore culturale. Da anni si impegnano, nelle Langhe, a cercare la bellezza, a innalzare in chiave spirituale e poetica le proprie produzioni, 17 vini biologici e la nocciola tonda trilobata Igp del Piemonte, a cui si aggiungono le più recenti esperienze ristorative.
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