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Moda futuribile è un progetto che ripensa e riutilizza i tessuti per proporre soluzioni alternative all’accumulo di abiti invenduti. Succede a Firenze, a Pitti Filati, dal 26 al 28 giugno.
Il problema degli stock di abiti invenduti dei marchi di moda è da affrontare con urgenza. Ricordo di essere rimasta scioccata quando lessi che Burberry aveva bruciato migliaia di capi, oltretutto costosi, per “abbattere” il magazzino a fini fiscali. Tutto il lavoro, i tessuti, il design, l’energia che era stata utilizzata per ideare quei capi d’abbigliamento era letteralmente andata in fumo per questioni burocratiche.
Il primo problema da affrontare è la quantità esagerata di capi d’abbigliamento che viene prodotta ogni anno consumando risorse ed energia, e causando danni all’ambiente nella speranza di vendere tutto e di trarne grande profitto. Il “sold out” ormai non si raggiunge più e bisognerebbe ridimensionare drasticamente la produzione tessile che non trova più un mercato pronto a riceverla. Ma cosa fare con tutti gli stock, le giacenze che intasano i magazzini delle fabbriche e dei marchi di moda?
Ci vogliono fantasia, idee nuove e soluzioni coraggiose che permettano a questi capi di essere ricondizionati, rivisti e riutilizzati aggiungendo valore creativo e, così facendo, dare loro la possibilità di essere reinseriti nei canali di vendita come oggetti con un valore aggiunto. Con questo spirito ho curato un progetto per Dyloan Studio e Bond Factory che presentiamo a Pitti Filati dal 26 al 28 giugno a Firenze, a Fortezza Dabbasso.
L’esperimento si è svolto in varie fasi. Abbiamo richiesto a otto maglifici italiani di donare due maglie uguali ciascuno che giacevano nel loro magazzino come invendute o leggermente difettate. In contemporanea, ho contattato otto giovani designer proponendo loro di intervenire su questi capi utilizzando le tecnologie innovative di Bond Factory, che vanno dal taglio laser al bonding (la termosaldatura per i tessuti), dalla tintura all’accoppiamento tra materiali diversi.
Ho seguito personalmente le proposte dei designer che sono stati appoggiati dal team di Dyloan Studio per reinventare le maglie che ci avevano offerto. Ho lasciato agli stilisti grande libertà d’espressione e il risultato finale è davvero entusiasmante. In occasione di Pitti Filati, i capi che rientrano nel progetto Moda futuribile: rethink, reuse, reknit sono esposti in un’area dedicata dove ogni designer ha due manichini sui quali è possibile vedere il capo prima e dopo l’intervento. Gli stilisti, inoltre, illustrano il loro processo creativo sia verbalmente che figurativamente, ognuno avendo a disposizione una parete per farlo.
Alcuni designer sono miei studenti della Domus Academy e dell’Istituto europeo di design (Ied) di Milano: Marco Perissinotto, Elisa Zadra e Cecilia del Carmen Juarez Balta. Gli altri sono stilisti che hanno abbracciato un concetto di moda sostenibile come Tiziano Guardini, Cora Bellotto, Denise Bonapace, Giulia Conversano e Vittorio Branchizio.
Con un approccio fresco ed estremamente creativo hanno dato vita a oggetti straordinari e speciali. Il messaggio è chiaro: si può, con creatività e l’appoggio della tecnologia disponibile oggi, recuperare i capi invenduti trasformandoli in oggetti attraenti e completamente nuovi. Fashion Revolution Italia ha appoggiato questo progetto, che apre una finestra sulle infinite possibilità che si possono presentare per lo scenario moda quando l’ingegno umano e la tecnologia si alleano per salvare oggetti dal macero e dall’inceneritore.
Inoltre, questo progetto svolge molteplici funzioni che rientrano perfettamente negli Obiettivi di sviluppo sostenibile delle Nazioni Unite. L’impegno dell’industria tessile per migliorarsi è costante e questa iniziativa dimostra a molti marchi e designer come si può intraprendere la strada giusta, sempre più richiesta dai consumatori.
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