Andrea Pastorelli, direttore generale di Teach for Italy, spiega come giovani talenti possano diventare agenti di cambiamento nelle scuole svantaggiate.
Multitasking, l’arte di complicarsi la vita
Il multitasking, ovvero l’uso multiplo e contemporaneo di tecnologie digitali, “è come giocare a tennis con tre palle” dice lo psichiatra Edward M. Hallowell.
Si chiama multitasking – concetto mutuato dall’informatica per
identificare la capacità di un sistema di eseguire
più programmi contestualmente – ma si pronuncia sindrome da
interruzione continua provocata dall’uso multiplo di tecnologie
digitali. Più semplicemente è la tendenza
schizofrenica di chi oggi vive completamente immerso
nell’ecosistema tecnologico, seguendo e gestendo più
strumenti comunicativi, sommerso da una quantità di dati,
informazioni e stimoli.
Multitasking è parlare al telefono mentre si inviano
email e si ascolta musica; guidare mentre si parla al cellulare e
si prendono appunti; inviare sms mentre si cucina; truccarsi mentre
si parla al telefono. Insomma, è multitasking tutto
ciò che porta ad interrompersi di continuo per passare
rapidamente da un’azione all’altra; è fare più cose
allo stesso tempo. Da questi pochi esempi non è difficile
dedurre che più o meno tutti pratichiamo qualche forma di
multitasking. Però, chi pensa che tutto ciò sia un
segnale di efficienza e di abilità dovrà
ricredersi.
Il multitasking “è come giocare a tennis con tre palle”
dice lo psichiatra Edward M. Hallowell. Il concetto è
chiaro. Il superlavoro cui sottoponiamo il nostro cervello è
davvero notevole come gli effetti deleteri cui si va incontro
perchè spostare l’attenzione da un compito all’altro
pregiudica la concentrazione attenzionale e percettiva,
l’apprendimento e l’acquisizione di una conoscenza approfondita,
peggiora le performance intellettive, riduce la
produttività, rende meno pronti e incide sull’umore.
Inoltre, molteplici attività in contemporanea creano
soltanto l’illusione di saper fare tante cose insieme e soprattutto
non fanno sicuramente guadagnare tempo.
Studi del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di
Cambridge e alcuni esperimenti condotti dalla Michigan University e
dal Federla Aviation Administration, spiegano che è molto
difficile svolgere in simultanea due attività perché
il cervello non prende in considerazione la seconda se non dopo
aver assolto del tutto alla prima, e che l’interruzione di
attenzione da un compito ad un altro ha implicazioni nelle
performance professionali. E, se da una parte il multitasking
comporta una capacità di elaborazione più veloce e
flessibile delle informazioni, dall’altra inibisce i processi di
formazione della memoria a lungo termine.
Maurizio Torretti
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