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Il multitasking, ovvero l’uso multiplo e contemporaneo di tecnologie digitali, “è come giocare a tennis con tre palle” dice lo psichiatra Edward M. Hallowell.
Si chiama multitasking – concetto mutuato dall’informatica per
identificare la capacità di un sistema di eseguire
più programmi contestualmente – ma si pronuncia sindrome da
interruzione continua provocata dall’uso multiplo di tecnologie
digitali. Più semplicemente è la tendenza
schizofrenica di chi oggi vive completamente immerso
nell’ecosistema tecnologico, seguendo e gestendo più
strumenti comunicativi, sommerso da una quantità di dati,
informazioni e stimoli.
Multitasking è parlare al telefono mentre si inviano
email e si ascolta musica; guidare mentre si parla al cellulare e
si prendono appunti; inviare sms mentre si cucina; truccarsi mentre
si parla al telefono. Insomma, è multitasking tutto
ciò che porta ad interrompersi di continuo per passare
rapidamente da un’azione all’altra; è fare più cose
allo stesso tempo. Da questi pochi esempi non è difficile
dedurre che più o meno tutti pratichiamo qualche forma di
multitasking. Però, chi pensa che tutto ciò sia un
segnale di efficienza e di abilità dovrà
ricredersi.
Il multitasking “è come giocare a tennis con tre palle”
dice lo psichiatra Edward M. Hallowell. Il concetto è
chiaro. Il superlavoro cui sottoponiamo il nostro cervello è
davvero notevole come gli effetti deleteri cui si va incontro
perchè spostare l’attenzione da un compito all’altro
pregiudica la concentrazione attenzionale e percettiva,
l’apprendimento e l’acquisizione di una conoscenza approfondita,
peggiora le performance intellettive, riduce la
produttività, rende meno pronti e incide sull’umore.
Inoltre, molteplici attività in contemporanea creano
soltanto l’illusione di saper fare tante cose insieme e soprattutto
non fanno sicuramente guadagnare tempo.
Studi del Massachusetts Institute of Technology (Mit) di
Cambridge e alcuni esperimenti condotti dalla Michigan University e
dal Federla Aviation Administration, spiegano che è molto
difficile svolgere in simultanea due attività perché
il cervello non prende in considerazione la seconda se non dopo
aver assolto del tutto alla prima, e che l’interruzione di
attenzione da un compito ad un altro ha implicazioni nelle
performance professionali. E, se da una parte il multitasking
comporta una capacità di elaborazione più veloce e
flessibile delle informazioni, dall’altra inibisce i processi di
formazione della memoria a lungo termine.
Maurizio Torretti
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