Come il muro di Trump tra Stati Uniti e Messico minaccia gli animali selvatici

Dagli ocelot ai giaguari fino alle civette nane. Il muro potrebbe avere gravi conseguenze sulla fauna che vive al confine tra Usa e Messico.

Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha approvato la progettazione del muro al confine col Messico, promesso durante la campagna elettorale, che avrebbe l’obiettivo di limitare l’immigrazione clandestina. Al di là dell’opportunità di erigere un’altra barriera, fomentando ulteriormente le alterità e inasprendo i rapporti tra i due paesi, e senza entrare nel merito delle politiche di immigrazione del presidente Trump, il muro sarebbe sicuramente una cattiva notizia per la fauna selvatica, che poco ha a che spartire con frontiere e barriere umane.

Donald Trump durante un comizio elettorale
La realizzazione del muro che dividerà Stati Uniti e Messico rappresenta una delle più famose e controverse promesse fatte da Trump durante la campagna elettorale (Photo by Spencer Platt/Getty Images)

Una sfida senza precedenti per gli animali

Il muro promesso dal neopresidente sarà lungo circa 1.600 chilometri e potrebbe rappresentare un ostacolo insormontabile per molte specie animali che da sempre si spostano lungo il confine tra le due nazioni, come ocelot (Leopardus pardalis), giaguari (Panthera onca), pecari (Tayassu pecari), antilocapre (Antilocapra americana) e civette nane (Glaucidium gnoma).

L’importanza dei corridoi ecologici

Alcune specie animali occupano ampi areali, in particolare predatori e grandi mammiferi, e i corridoi ecologici consentono lo spostamento della fauna e lo scambio genetico tra le specie vegetali. La sopravvivenza di numerose specie dipende dalla possibilità di spostarsi liberamente, cercando i luoghi più idonei per cercare cibo, riparo, accoppiarsi o crescere i piccoli. L’importanza della connessione tra gli ecosistemi è divenuta sempre più evidente negli ultimi decenni, grazie ai progressi scientifici nella comprensione dei modelli di movimento degli animali selvatici.

Antilocapra americana
Secondo gli esperti di conservazione il progetto della costruzione del muro non valuta i gravissimi impatti che avrebbe sulla fauna selvatica statunitense, come le antilocapre, abituate a occupare aree molto vaste (Photo by David McNew/Getty Images)

Un mondo sempre più frammentato

La frammentazione degli habitat, provocata principalmente dall’urbanizzazione e dalla realizzazione di infrastrutture, rappresenta una delle principali cause dell’allarmante declino delle popolazioni di numerose specie animali degli Stati Uniti. Barriere, come muri e autostrade, possono interferire con la capacità degli animali di soddisfare comportamenti naturali, come le migrazioni stagionali o l’esplorazione di nuove aree. Limitarne gli spostamenti inibisce inoltre lo scambio genetico, rendendo le popolazioni più deboli e vulnerabili.

Fuggire dal clima che cambia

Ostacoli insormontabili come il muro che potrebbe dividere Stati Uniti e Messico impedirebbero inoltre agli animali di spostarsi verso altre latitudini per cercare di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Per sopravvivere all’aumento delle temperature molte specie dovranno infatti spostarsi verso nord o verso maggiori altitudini.

Confine tra Stati Uniti e Messico
Il confine fra Stati Uniti e Messico è lungo circa 3.100 chilometri. Il nuovo muro dovrà essere lungo circa 1.600 chilometri, visto che la restante superficie sarà protetta da ostacoli naturali come montagne e fiumi (Photo by David McNew/Getty Images)

Che impatto avrebbe il muro?

Il Fish and Wildlife Service ha provato a calcolare l’impatto che effettivamente il muro avrebbe sulla fauna selvatica e le conclusioni sono tutt’altro che  incoraggianti. Potrebbe potenzialmente avere gravi ripercussioni su 111 specie minacciate o in pericolo, dal Texas alla California. Il muro avrebbe un costo enorme, potrebbe rivelarsi inutile per arginare l’immigrazione clandestina e, senza dubbio, rappresenterebbe una brusca battuta d’arresto agli sforzi di conservazione in corso, rischiando di sacrificare la fauna selvatica degli Stati Uniti in nome di un’assurda promessa elettorale.

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