
Il numero di ippopotami della cocaina, secondo l’ultimo censimento, è di gran lunga maggiore di quanto ipotizzato e con esso i rischi per l’ecosistema.
Dagli ocelot ai giaguari fino alle civette nane. Il muro potrebbe avere gravi conseguenze sulla fauna che vive al confine tra Usa e Messico.
Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha approvato la progettazione del muro al confine col Messico, promesso durante la campagna elettorale, che avrebbe l’obiettivo di limitare l’immigrazione clandestina. Al di là dell’opportunità di erigere un’altra barriera, fomentando ulteriormente le alterità e inasprendo i rapporti tra i due paesi, e senza entrare nel merito delle politiche di immigrazione del presidente Trump, il muro sarebbe sicuramente una cattiva notizia per la fauna selvatica, che poco ha a che spartire con frontiere e barriere umane.
Il muro promesso dal neopresidente sarà lungo circa 1.600 chilometri e potrebbe rappresentare un ostacolo insormontabile per molte specie animali che da sempre si spostano lungo il confine tra le due nazioni, come ocelot (Leopardus pardalis), giaguari (Panthera onca), pecari (Tayassu pecari), antilocapre (Antilocapra americana) e civette nane (Glaucidium gnoma).
Alcune specie animali occupano ampi areali, in particolare predatori e grandi mammiferi, e i corridoi ecologici consentono lo spostamento della fauna e lo scambio genetico tra le specie vegetali. La sopravvivenza di numerose specie dipende dalla possibilità di spostarsi liberamente, cercando i luoghi più idonei per cercare cibo, riparo, accoppiarsi o crescere i piccoli. L’importanza della connessione tra gli ecosistemi è divenuta sempre più evidente negli ultimi decenni, grazie ai progressi scientifici nella comprensione dei modelli di movimento degli animali selvatici.
La frammentazione degli habitat, provocata principalmente dall’urbanizzazione e dalla realizzazione di infrastrutture, rappresenta una delle principali cause dell’allarmante declino delle popolazioni di numerose specie animali degli Stati Uniti. Barriere, come muri e autostrade, possono interferire con la capacità degli animali di soddisfare comportamenti naturali, come le migrazioni stagionali o l’esplorazione di nuove aree. Limitarne gli spostamenti inibisce inoltre lo scambio genetico, rendendo le popolazioni più deboli e vulnerabili.
Ostacoli insormontabili come il muro che potrebbe dividere Stati Uniti e Messico impedirebbero inoltre agli animali di spostarsi verso altre latitudini per cercare di contrastare gli effetti dei cambiamenti climatici. Per sopravvivere all’aumento delle temperature molte specie dovranno infatti spostarsi verso nord o verso maggiori altitudini.
Il Fish and Wildlife Service ha provato a calcolare l’impatto che effettivamente il muro avrebbe sulla fauna selvatica e le conclusioni sono tutt’altro che incoraggianti. Potrebbe potenzialmente avere gravi ripercussioni su 111 specie minacciate o in pericolo, dal Texas alla California. Il muro avrebbe un costo enorme, potrebbe rivelarsi inutile per arginare l’immigrazione clandestina e, senza dubbio, rappresenterebbe una brusca battuta d’arresto agli sforzi di conservazione in corso, rischiando di sacrificare la fauna selvatica degli Stati Uniti in nome di un’assurda promessa elettorale.
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