Ai clienti a basso reddito, i supermercati lasciano poche scelte alimentari sane: è quanto afferma uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Preventing Chronic Disease. Secondo la ricerca, che ha preso in esame oltre 1.000 buoni sconto distribuiti dalle sei principali catene di grande distribuzione americane, la maggior parte delle offerte promuove cibo spazzatura e bevande
Ai clienti a basso reddito, i supermercati lasciano poche scelte alimentari sane: è quanto afferma uno studio pubblicato recentemente sulla rivista Preventing Chronic Disease. Secondo la ricerca, che ha preso in esame oltre 1.000 buoni sconto distribuiti dalle sei principali catene di grande distribuzione americane, la maggior parte delle offerte promuove cibo spazzatura e bevande zuccherate, alimenti potenzialmente dannosi per la salute.
Snack trasformati, come patatine, cracker e dolci, costituiscono l’offerta più ampia, seguiti a ruota dai piatti pronti surgelati, dalle bevande zuccherate, dai cereali, le salse pronte come la maionese, le carni trasformate, come hot dog e pancetta. Al contrario, solo il 3 per cento dei tagliandi di sconto abbassa il prezzo di frutta e verdura fresche, il 4 per cento del latte, delle uova e dello yogurt. Solo l’1 per cento dei coupon taglia i costi di alimenti proteici freschi, come carni o pesce non trasformati.
“Sappiamo da altri studi che quando si abbassa il prezzo degli alimenti, la gente ne compra di più. Quando sono i cibi spazzatura ad essere scontati nei supermercati, non dovremmo sorprenderci del fatto che vengano comprati con facilità”, ha detto l’autore dello studio, la dottoressa Hilary Seligman della University of California San Francisco.
Secondo Marion Nestle, professoressa di nutrizione, studi alimentari e della salute pubblica alla New York University, i consumatori dovrebbero tenere a mente che i negozi utilizzano i coupon di sconto per attirare i clienti e che questi riguardano principalmente gli alimenti trasformati perché sono i prodotti più redditizi. I negozi firmano precisi accordi con i produttori per promuoverli. Alimenti “buoni per il marketing e non per la salute”, ha precisato Nestle.
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