Abbiamo 8 anni per raddoppiare la produzione da rinnovabili e salvare il clima

Un rapporto dell’Omm spiega che entro il 2030 dobbiamo raddoppiare la produzione da rinnovabili. E che il nucleare non ci salverà.

“Dobbiamo raddoppiare l’offerta di elettricità proveniente da fonti d’energia pulite nel corso dei prossimi otto anni, se vogliamo centrare gli obiettivi fissati in termini di limitazione del riscaldamento globale”. Un nuovo rapporto pubblicato dall’Organizzazione meteorologica mondiale (Omm) fornisce un’indicazione, chiara, netta e indiscutibile su ciò che occorre fare se vogliamo evitare che le promesse avanzate finora dai governi di tutto il mondo restino lettera morta.

Senza una transizione verso le rinnovabili, addio sicurezza energetica

In caso contrario, prosegue l’agenzia delle Nazioni Unite, “i cambiamenti climatici, la moltiplicazione degli eventi meteorologici estremi e lo stress idrico comprometteranno la nostra sicurezza energetica e metteranno in pericolo le nostre riserve di energia rinnovabile”.

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Per raggiungere gli obiettivi di transizione, l’Italia deve installare 9 gigawatt da rinnovabili all’anno © Sean Gallup/Getty Images

“Il settore energetico – ha sottolineato il segretario generale dell’Omm, Petteri Taalas – è responsabile di circa i tre quarti delle emissioni di gas ad effetto serra del Pianeta. Per garantire un Ventunesimo secolo prospero, la condizione è evidente: dobbiamo effettuare una transizione verso forme di produzione pulite, come solare, eolico e idroelettrico, e migliorare l’efficienza energetica per raggiungere la carbon neutrality di qui al 2050”.

Rinnovabili e risparmio: “Dobbiamo totalmente ripensare i sistemi di produzione”

E per riuscirci, appunto, la partita è da giocare ora. Entro il 2030 la produzione di energia rinnovabile dovrà raddoppiare, poiché, prosegue Taalas, “la situazione si aggrava di giorno in giorno e il clima si trasforma sotto i nostri oggi. Dobbiamo totalmente ripensare il sistema di produzione di energia planetario”. Anche perché la domanda è cresciuta del 30 per cento negli ultimi dieci anni.

L’Omm pone l’accento proprio sulla necessità di sviluppare le rinnovabili, ed in particolare il solare fotovoltaico. Soprattutto i paesi africani hanno in questo senso un’opportunità unica da cogliere, visto il loro potenziale non sfruttato: ad oggi il continente rappresenta l’1 per cento della capacità fotovoltaica installata a livello mondiale, pur potendo contare sul 60 per cento dell’irraggiamento del Pianeta.

Entro 20 anni il 25% delle centrali nucleari sarà in zone ad alto stress idrico

Al contrario, il rapporto sottolinea le difficoltà alle quali andrà incontro il nucleare. Una parte dei cambiamenti climatici è ormai infatti ineluttabile, e ciò comporterà una crescente pressione sulle risorse idriche. “Nel 2020 – si legge nel documento – l’87 per cento dell’elettricità prodotta in tutto il mondo da sistemi termici, nucleari o idroelettrici è dipesa in modo diretto dall’acqua disponibile”. In particolare, il 15 per cento delle centrali atomiche esistenti è situato in zone ad alto stress idrico, percentuale che salirà al 25 per cento nei prossimi 20 anni.

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Una centrale nucleare in costruzione in Inghilterra © Finnbarr Webster/Getty Images

Senza dimenticare quelle esposte alla risalita del livello dei mari e alle inondazioni legate agli eventi meteorologici estremi. Il rapporto cita ad esempio la centrale di Turkey Point in Florida, che si trova al livello del mare. Inoltre, l’Omm sottolinea che soltanto le rinnovabili potranno contribuire ad attenuare lo stress idrico mondiale, poiché occorre “molta meno acqua per produrre energia elettrica tramite solare o eolico, rispetto sia ai combustibili fossili che alle centrali nucleari”.

In sintesi, secondo l’Organizzazione meteorologica mondiale, se carbone, petrolio e gas ci portano dritti verso la crisi climatica, il nucleare non è in grado di salvarci. L’unica strada che abbiamo per poter salvare il Pianeta passa dallo sviluppo delle rinnovabili.

La metà delle nazioni di tutto il mondo non ha ancora sistemi d’allerta per le catastrofi

In un altro rapporto pubblicato congiuntamente con l’Ufficio per la riduzione dei rischi di catastrofi (Undrr), l’Omm ha posto l’accento su un altro problema. Il fatto cioè che la metà dei paesi di tutto il mondo non sia di fatti preparata a fronteggiare possibili catastrofi naturali. A mancare sono infatti i cosiddetti “sistemi d’allerta precoce”, ovvero piani che permettono di anticipare una serie di disastri. In particolare, i paesi in via di sviluppo sono ancora molto indietro da questo punto di vista.

A preoccupare sono in particolare le nazioni insulari meno ricche, che nonostante siano particolarmente esposte e vulnerabili di fronte alle conseguenze dei cambiamenti climatici, risultano ancora indietro nell’attività di prevenzione dei rischi. “Il mondo – ha commentato il segretario generale delle Nazioni Unite, António Guterres – non investe ancora nella protezione delle vite umane e dei mezzi di sussistenza di chi si trova in prima linea. Così, le persone che hanno meno contribuito a generare la crisi climatica, sono sempre più quelle che ne pagano il prezzo più alto”.

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