I primi rifugiati climatici partiti dalla nazione insulare di Tuvalusono arrivati in Australia. Ad annunciarlo sono state le autorità di Canberra: si tratta della prima tranche legata all’accordo sottoscritto tra i due paesi nel 2023, sulla cui base circa un terzo degli 11mila abitanti dell’arcipelago potranno stabilirsi sul territorio australiano, dal momento che la loro patria sta scomparendo a causa dei cambiamenti climatici.
Cosa prevede l’intesa tra Tuvalu e Australia sui rifugiati climatici
L’intesa raggiunta due anni fa aveva infatti stabilito che la grande nazione dell’Oceania concederà asilo climatico agli abitanti di Tuvalu. Ciò al fine di permettere loro di rifugiarsi con l’obiettivo di lavorare, studiare, vivere”. Complessivamente, ogni anno saranno concessi però soltanto 280 permessi di soggiorno, al fine di evitare uno spopolamento improvviso dei nove atolli che compongono la nazione insulare, che si estende su appena 26 chilometri quadrati, a due ore di volo dalle Isole Fiji.
The first climate migrants to leave the remote Pacific island nation of Tuvalu have arrived in Australia, hoping to preserve links to their sinking island home, foreign affairs officials said https://t.co/iEkf11rvHl
Tuvalu rappresenta uno dei paesi al mondo più rispetto agli effetti dei cambiamenti climatici. L’aumento della temperatura media globale, infatti, sta producendo una fusione delle calotte polari e dei ghiacciai artici che, a sua volta, provoca un innalzamento del livello degli oceani. Tale fenomeno si aggraverà nel corso dei prossimi decenni, fino a sommergere non soltanto numerose aree costiere in tutto il mondo, ma anche interi stati, o parti di essi. La Repubblica di Kiribati costituisce un altro esempio in questo senso.
Entro il 2050 sott’acqua almeno tra il 50 e il 90 per cento dell’atollo di Funafuti
Proprio per questa ragione, i governi degli atolli del Pacifico da tempo si stanno organizzando per tutelare le loro popolazioni. In un comunicato trasmesso all’agenzia di stampa Reuters, la ministra australiana degli Affari esteri, Penny Wong, ha ricordato che l’accordo con Tuvalu offre una soluzione “dignitosa” ai rifugiati climatici dell’arcipelago, di fronte ad “effetti dei cambiamenti climatici che si stanno aggravando”.
In particolare, secondo gli scienziati, entro il 2050 sarà già sommersa la metà dell’atollo di Funafuti, nel quale vive il 60 per cento della popolazione di Tuvalu. Gli scenari più negativi indicano che si potrebbe arrivare addirittura al 90 per cento. L’unica strada resta quella della fuga: l’Australia ha istituito anche dei servizi di sostegno alle famiglie che si trasferiscono nelle città di Melbourne e Adelaide, così come nello stato del Queensland.
La Banca Mondiale: di qui al 2050, 216 milioni di rifugiati climatici
Ma per gli abitanti di Tuvalu c’è anche un’altra sfida: quella di mantenere vive le loro radici culturali. Il primo ministro Feleti Teo si è recato in visita a novembre presso la comunità di tuvaluani già presente a Melbourne, proprio con l’obiettivo di sottolineare la necessità di non disperdere le tradizioni e la storia dello stato insulare.
Quello dei migranti climatici, d’altra parte è un fenomeno che non risparmierà nessuna nazione al mondo, comprese quelle più ricche del Pianeta. Secondo uno studio della Banca Mondiale, le conseguenze del riscaldamento globale potrebbero costringere 216 milioni di persone ad abbandonare le loro terre e a migrare, di qui al 2050. In particolare, a provocare le fughe saranno i cali delle produzioni agricole, la mancanza di acqua, o ancora il citato innalzamento del livello dei mari.
In prima linea Africa subsahariana, Asia orientale e Pacifico
In particolare, è dall’Africa subsahariana che si prevede possa arrivare la maggior parte del flusso di donne e uomini in fuga: i migranti climatici potrebbero essere 86 milioni. Al secondo posto figura l’Asia orientale assieme al Pacifico, con 49 milioni. Al terzo c’è invece l’Asia meridionale con 40 milioni, mentre dall’Africa settentrionale ne partiranno 19 e dall’America Latina 17. Ultima risulta l’area dell’Europa orientale e dell’Asia centrale, con 5 milioni.
Un altro studio internazionale, nel 2021, aveva avvertito che, per ogni grado in più di temperatura media globale, i migranti climatici aumenteranno del 50 per cento in tutto il mondo. Lo studio pubblicato su Environmental Research Letters aveva sottolineato che, soltanto dal 2008, i disastri naturali quattro anni fa avevano già causato 288 milioni di migranti climatici. Tre volte più di quelli dipesi da guerre, conflitti e violenze.
La guerra commerciale e i conflitti armati hanno parzialmente oscurato le numerose e deleterie scelte sul clima di Donald Trump nel suo primo anno del nuovo mandato da presidente.