Omofobia, il ddl Zan al Senato slitta a dopo le vacanze estive

Oltre mille emendamenti e una maggioranza sempre in bilico: il ddl Zan è stato ufficialmente rimandato a dopo l’estate.

È stato approvato per la prima volta alla Camera nel novembre 2020, se ne continua a parlare ormai da mesi, ma il ddl Zan, nome con cui è più conosciuto il disegno di legge per il contrasto all’omotransfobia,  non diventerà legge dello Stato neanche nel corso dell’estate 2021. E lo stallo politico in atto non consente di essere troppo ottimisti neanche su quello che succederà in Senato a settembre.

Oltre mille emendamenti 

Sono oltre mille gli emendamenti che sono stati presentati al disegno di legge Zan a metà luglio, quando il testo era finalmente approdato in aula a Palazzo Madama: riguardavano quasi tutti, ovviamente, gli articoli 1, 4 e 7 del testo che lo scorso novembre è stato già approvato dalla Camera, ma sul quale al Senato, dopo il cambio di maggioranza, non si riesce a trovare un accordo ampio. Quasi 700 emendamenti sono della Lega, ma alcuni arrivavano anche da Italia Viva, sempre più convinta che una mediazione sia necessaria per evitare pericolosi salti nel buio con i voti a scrutinio segreto.

Ma a pendere sull’esito della legge, oltre al voto segreto, ora ci sono le vacanze estive: l’ultima conferenza dei capigruppo svoltasi oggi, 3 agosto, non ha inserito nel calendario dell’ultima settimana di lavori la discussione del ddl Zan, nella convinzione unanime che, senza un accordo tra i gruppo politici, sarebbe stato impossibile arrivare a un ok in pochissimi giorni. Tutto sarà rimandato dunque quantomeno a settembre.

Alessandro Zan con Elena Boschi, oggi divisi: Italia Viva vuole modifiche al testo, il Pd non vuole toccarlo © Ansa/Davide Bolzoni

L’esame in aula è stato solo un miraggio

Tra fine giugno e inizio luglio si era finalmente sbloccata la situazione in commissione Giustizia a Palazzo Madama dove era di fatto bloccato da otto mesi. Il disegno di legge pensato da Alessandro Zan punta a modificare l’articolo 604 bis del codice penale. Esso, ad oggi, punisce con la reclusione fino a sei anni anni i reati di propaganda e istigazione a delinquere per motivi di discriminazione razziale etnica e religiosa. L’idea è di aggiungere anche gli atti discriminatori fondati “sul sesso, sul genere, sull’orientamento sessuale o sull’identità di genere”.

Oggi il #ddlzan arriva in aula al Senato e la Lega continua a chiedere modifiche agli articoli 1,4 e 7. Ho provato a spiegare in pochi minuti le ragioni per le quali questi attacchi ci sembrano strumentali.1️⃣ L'articolo 1, che prevede l'identità di genere, non fa altro che inserire una formula ampiamente utilizzata già dalla Corte Costituzionale, nei trattati internazionali, nello status del rifugiato, nella Convenzione di Istanbul, all'interno dell'ordinamento penitenziario varato nel 1975. Non si capisce dunque perché questa formulazione non vada bene.2️⃣ La destra che ora chiede la soppressione dell'articolo 4 è la stessa che ha definito l'emendamento Costa, allora deputato di FI, "salva idee". Parliamo di una modifica introdotta alla Camera e votata all'unanimità, quindi anche dalla Lega. Perché l’hanno votata se non erano d'accordo? In ogni caso, nessuno toglierà a qualcuno il diritto di espressione. Si punisce solo l'istigazione a compiere crimini d'odio, tutelando ovviamente la libertà di espressione. 3️⃣ L'articolo 7 non dice niente di nuovo: la scuola deve promuovere iniziative contro tutte le discriminazioni. Nel testo del ddl Zan si rimanda a norme già in vigore nel nostro ordinamento come il comma 16 dell'articolo 1 legge 107: l’articolo 7 si fonda su quello e parla di “patto di corresponsabilità educativa”. I genitori sapranno all'inizio dell'anno quale sarà il piano dell'offerta formativa. Parliamo di scuola perché non bisogna solo punire, ma anche prevenire ed educare al rispetto dell’altro e di tutte le diversità.

Posted by Simona Flavia Malpezzi on Tuesday, July 13, 2021

Lo scorso 7 luglio la maggioranza aveva respinto una proposta di mediazione del presidente della Commissione, il leghista Andrea Ostellari, che interveniva sui tre articoli più discussi del testo. La mediazione, appoggiata da tutto il centrodestra di maggioranza e anche da Italia Viva, puntava a:

  • eliminare la definizione di identità di genere contenuta nell’articolo 1 (“Per identità di genere si intende l’identificazione percepita e manifestata di sé in relazione al genere, anche se non corrispondente al sesso, indipendentemente dall’aver concluso un percorso di transizione”);
  • eliminare dall’articolo 4, relativo alle condotte riconducibili alla libertà di opinione ed espressione, la parte che recita: “Purché non idonee a determinare il concreto pericolo del compimento di atti discriminatori o violenti”;
  • lasciare autonomia alle scuole sulle iniziative per la giornata nazionale contro l’omo e transfobia, prevista dall’articolo 7, uno dei punti che era stato sottolineato con la matita rossa anche dal Vaticano.

Le prime due vittorie: ma ora viene il bello

L’altra vittoria, il ddl Zan l’ha ottenuta il 13 luglio, quando il Senato ha respinto le due questioni di costituzionalità poste dal senatore Simone Pillon (secondo il quale la definizione di identità di genere deriverebbe da teorie filosofiche e antropologiche aleatorie, prive delle qualità giuridiche tassative necessarie per essere inserite in una legge) e da Fratelli d’Italia, secondo cui la proposta di legge configurerebbe censura e reato di opinione.

Infine, il giorno dopo lo stesso Senato ha bocciato la richiesta fatta dal centrodestra di far tornare il testo in Commissione per provare a trovare una nuova mediazione: in questo caso però la maggioranza si è imposta solamente per un voto, troppo poco per essere sicuri del destino della legge.

Il vero spettro è quello del voto segreto: il regolamento del Senato prevede infatti la possibilità  di ricorrervi su tematiche di ordine etico. “Se si andrà allo scontro muro contro muro e si perderà a scrutinio segreto, avrete distrutto le vite di quei ragazzi”, ha avvisato il leader di Italia Viva Matteo Renzi, che chiede modifiche al testo, convinto che alcuni senatori di maggioranza meno convinti del ddl potrebbero votare contro, approfittando della segretezza del voto.

Ma è lo stesso Alessandro Zan, in una intervista al Foglio, ad avvisare tutti:  “Meglio nessuna legge che una legge pessima, in cui viene eliminata la dignità delle persone”. Tra pochi giorni sapremo come sarà andata a finire.

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