
Secondo il primo studio a indagare le cause del crollo della Marmolada, costato la vita 11 persone, l’evento è dovuto in gran parte alle alte temperature.
La lunga azione legale avviata dalla ong Urgenda si conclude con una vittoria su tutti i fronti: il governo dei Paesi Bassi dovrà tagliare le emissioni.
“La storia è scritta”. Con queste parole la ong Urgenda commenta una notizia che segna una pietra miliare nella storia delle mobilitazioni ambientaliste. Confermando la decisione assunta in primo grado nel mese di giugno 2015, e confermata in appello il 9 ottobre 2018, la Corte Suprema dei Paesi Bassi ha formalmente imposto al governo di agire in modo più deciso per salvare il clima.
Geschiedenis is geschreven #klimaatzaak @Urgenda pic.twitter.com/91uM9QfO5e
— Urgenda (@urgenda) December 20, 2019
È la prima volta in assoluto in cui l’autorità giudiziaria prende posizione in modo così netto e concreto. Per la precisione, la richiesta è quella di sforbiciare le emissioni di CO2 del 25 per cento entro il 2020, facendo riferimento ai livelli del 1990. Il motivo è stato espresso molto chiaramente dal presidente della corte suprema Kees Streefkerk: i cambiamenti climatici minacciano “l’esistenza, il benessere e le condizioni di vita di molte persone in tutto il mondo, inclusi i Paesi Bassi. Queste conseguenze si stanno già verificando”. Poco conta, ha aggiunto, che le emissioni dell’Olanda non siano determinanti sul totale planetario: “Ogni Stato è responsabile per la sua quota”.
Interpellato dal New York Times, Michel Gerrard, direttore del Sabin Center for Climate Change Law presso la Columbia University, definisce questa sentenza come “rivoluzionaria”. “Nel mondo ci sono state 1.442 azioni legali relative ai cambiamenti climatici. Questa è la decisione più rilevante di sempre”.
Si chiude così, con una vittoria su tutti i fronti, l’azione legale in cui la ong Urgenda era impegnata da ben quattro anni, in rappresentanza di circa novecento cittadini. Ora, spiega il New York Times, verosimilmente l’esecutivo di Amsterdam dovrà mettere in atto misure più coraggiose per raggiungere il traguardo prefissato dalla corte. Gli impegni presi finora, infatti, potrebbero non bastare: l’agenzia nazionale per l’ambiente ipotizza che entro la fine del 2020 il calo delle emissioni si attesti tra il 19 e il 26 per cento. Un’opzione plausibile è quella di chiudere una serie di centrali a carbone; le più recenti hanno aperto i battenti addirittura nel 2016, dopo la firma dell’Accordo di Parigi.
“The most important climate change court decision in the world so far, confirming that human rights are jeopardised by the climate emergency and that wealthy nations are legally obligated to achieve rapid and substantial emission reductions.” https://t.co/LERPk4f8Vf
— Greta Thunberg (@GretaThunberg) December 20, 2019
In questi anni, Urgenda ha già fatto proseliti. Parecchi governi sono stati trascinati in tribunale dai loro cittadini, che li accusano di essere troppo timidi sul fronte della salvaguardia del Pianeta: dal Canada alla Francia, dall’Irlanda alla Nuova Zelanda, passando per l’Unione europea. Se nei primi momenti sembrava che azioni legali di questo tipo fossero poco più che simboliche, ora per gli ambientalisti la strada appare in discesa. Tanto più perché le motivazioni addotte dalla corte olandese, che fanno leva soprattutto sul tema dei diritti umani, sono universali.
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