Il brand del gruppo cinese Chery annuncia il debutto di modelli ibridi ed elettrici più compatti e accessibili. Mentre procede l’impegno sui progetti ambientali.
Il ricercatore del Cnr e del Mit racconta come cambierà la mobilità di domani, con la tecnologia disponibile oggi. Niente incidenti e traffico ridotto.
Come sarà la mobilità tra pochi anni? Come si sta evolvendo già oggi grazie alla tecnologia? A queste ed altre domande tentano di rispondere ricercatori e scienziati. Lo scopo? Ridurre il traffico, le emissioni, gli incidenti.
Tra questi c’è Paolo Santi, ricercatore presso l’Istituto di informatica e telematica del Cnr di Pisa, e research scientist presso il Mit Senseable City Lab dove dirige l’iniziativa Ambient Mobility in collaborazione con il Fraunhofer. L’abbiamo incontrato a Milano, in occasione delle Lezioni sul Progresso organizzate da Fondazione Tim, per promuovere la cultura scientifica in particolare nelle nuove generazioni.
L’auto si sta trasformando velocemente. E con essa anche l’infrastruttura. Siamo di fronte alla morte del semaforo?
Sì, è così. È quello che abbiamo dimostrato con il nostro ultimo studio. Grazie agli incroci cosiddetti intelligenti, in grado di gestire la velocità delle auto e i flussi di traffico. Abbiamo dimostrato che con un sistema di gestione del traffico a slot, che si ispira a quello aeroportuale, viene dato il permesso ad ogni singolo veicolo di circolare in funzione della direzione e della velocità. Abbiamo così verificato che il sistema riesce a smaltire il doppio del traffico rispetto ai semafori intelligenti.
Cosa significa raddoppiare il flusso del traffico?
Non si tratta di aumentare il traffico in sé, ma di evitare la formazione delle code, perché raddoppiamo la capacità di quel singolo tratto di strada di ricevere traffico.
Quindi niente più code. Quali sono i benefici a livello ambientale?
Prima di tutto si andrebbero ad evitare gli stop and go, responsabili della maggior parte delle emissioni, in quanto si tratta di un utilizzo poco efficiente del motore. Abbiamo stimato che le emissioni si ridurrebbero del 30 per cento. Inoltre, grazie alla velocità costante si accorcerebbero i tempi di percorrenza e le emissioni inquinanti sarebbero distribuite lungo il percorso e non concentrate in poche zone.
Gps, comunicazioni via radio, gestione della velocità. Questo tipo di tecnologia esiste già.
Certo, in buona parte è già disponibile. In questo caso sono le auto che devono essere in grado di comunicare tra di loro e con l’infrastruttura stradale via radio, ma siamo già in fase avanzata di sperimentazione. La comunicazione non è un problema. L’altro punto su cui lavorare è il controllo della velocità e della traiettoria del veicolo. Per questo abbiamo bisogno del pilota automatico: non è previsto il fatto che si cambi direzione all’improvviso.
Questa tecnologia la si potrà integrare anche con la mobilità ciclabile?
Certamente. Funzionerà anche con i pedoni, basterà un’app: premerò il pulsante per attraversare e il sistema mi riconoscerà e mi assegnerà uno slot come con le auto. Stessa cosa vale per le bici.
La guida diventerà quindi più sicura?
Indubbiamente sì. È risaputo che gli incidenti sono dovuti all’80 per cento da cause umane.
Quanto tempo ci vorrà?
La mia impressione è che queste tecnologie stiano già arrivando: pensiamo all’auto parking, all’autopilot. Inoltre il costo per realizzarle e per installarle non è per nulla proibitivo.
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