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Il 15 novembre scatta l’obbligo dei pneumatici invernali. L’Ue punta a ridurre le emissioni di usura e Michelin è leader tra i produttori in questo campo.
È tempo di cambio dei pneumatici. Se dal 15 ottobre è già possibile effettuare il cambio gomme per montare quelli invernali, dal 15 novembre scatterà l’obbligo di utilizzare questa tipologia di pneumatici fino al 15 aprile del prossimo anno. Si tratta di una questione prioritaria sul fronte della sicurezza stradale, ma non solo: in Europa il trasporto su strada genera, ogni anno, circa 500mila tonnellate di particelle di usura provenienti dai pneumatici e dal manto stradale.
Il tema ha, quindi, importanti ricadute anche dal punto di vista ambientale. Non a caso quella relativa all’abrasione dei pneumatici è una tematica contenuta nella normativa Euro 7, approvata nel luglio dello scorso anno. Questo provvedimento consentirà di misurare le emissioni complessive di particelle di usura per tutti i pneumatici venduti sul mercato europeo: quelli che non soddisferanno i requisiti richiesti non potranno più essere commercializzati. L’obiettivo di Bruxelles è chiaro: ridurre significativamente la quantità di particelle dei pneumatici emesse nel continente, per sostenere la transizione ambientale del comparto e tutelare i produttori responsabili che sostengono i più alti standard di innovazione.
È importante evidenziare che non tutti i pneumatici sono uguali, non solo quando si parla di prestazioni della vettura ma anche in riferimento agli impatti ambientali: in base alle scelte progettuali dei produttori – durata chilometrica, materiali e architettura – le emissioni possono variare fino a quattro volte. Introdurre per la prima volta delle soglie di emissione di particelle dovute all’usura dei pneumatici è una misura pienamente sostenuta da Michelin, primo produttore in Europa e a livello mondiale.
Negli ultimi 20 anni Michelin ha investito in maniera sempre più decisa nella ricerca e nello sviluppo (786 milioni di euro solo nel 2024), per ridurre l’abrasione dei pneumatici incrementando le proprie conoscenze sul fenomeno. Alla fine del 2023 ha creato il BioDLab, un laboratorio congiunto con il CNRS e l’Università di Clermont Auvergne, che studierà a fondo il bio-deterioramento delle particelle di usura e svilupperà soluzioni concrete per renderle più sostenibili. Ottimizzando l’uso delle materie prime e basando le proprie scelte progettuali sulla scienza dei materiali, l’azienda è riuscita a ridurre le emissioni di usura del 5 per cento tra il 2015 e il 2020, evitando l’emissione di 100mila tonnellate di particelle. Lo scorso giugno l’Associazione automobilistica tedesca Adac ha pubblicato un nuovo studio su 160 modelli di pneumatici: dai risultati è emerso che quelli Michelin emettono, in media, il 26 per cento in meno di particelle rispetto a quelli di altri quattro produttori premium. Una leadership che consentirà al Gruppo di applicare la normativa Euro 7 già nel 2028 per i suoi nuovi prodotti e, nel 2030, per tutte le sue gamme per auto.
A proposito della normativa europea, ora una partita decisiva si giocherà sull’affidabilità del metodo di misurazione. Le ipotesi in campo sono due: il test su strada in condizioni reali – che misura le emissioni in grammi per chilometro e per tonnellata di carico – e il metodo in laboratorio su tamburo, ancora in fase di sviluppo. Le discrepanze tra i due sistemi sono importanti, con divergenze registrate nel 28 per cento dei casi: uno stesso pneumatico, in sostanza, sarebbe vietato alla vendita (indice di abrasione di 1,42) con il test su strada, ma promosso (indice di 0,83) con quello in laboratorio. “Mentre l’Europa prende coscienza della necessità di sostenere la propria industria senza rinunciare alle proprie ambizioni ambientali – ha spiegato Florent Menegaux, presidente del Gruppo Michelin – le decisioni sul metodo di prova dei pneumatici nell’ambito della normativa Euro 7 illustrano perfettamente le scelte che si trova di fronte: sostenere l’innovazione e il rigore a beneficio dell’ambiente, oppure accettare compromessi che minano lo standard e penalizzano gli stakeholder responsabili”. Adottare immediatamente il metodo di laboratorio, in sostanza, comporterebbe seri rischi economici e ambientali, incentivando l’importazione nel continente di pneumatici meno innovativi e compromettendo l’efficacia della normativa Euro 7.
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