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La giunta birmana ha deciso di effettuare il primo censimento della popolazione da oltre trent’anni, dal 1983. Le operazioni sono cominciate, su suggerimento delle Nazioni Unite, tra il 30 e il 31 marzo e dovrebbero richiedere 12 giorni di lavoro di migliaia di insegnanti e funzionari del governo. Gli abitanti sono chiamati a rispondere
La giunta birmana ha deciso di effettuare il primo censimento della popolazione da oltre trent’anni, dal 1983. Le operazioni sono cominciate, su suggerimento delle Nazioni Unite, tra il 30 e il 31 marzo e dovrebbero richiedere 12 giorni di lavoro di migliaia di insegnanti e funzionari del governo.
Gli abitanti sono chiamati a rispondere a 40 domande, comprese alcune dedicate all’etnia di appartenenza e alla religione. Queste rischiano di essere quelle più delicate e causare momenti di tensione perché le persone che si dichiarano o si pensa appartengano all’etnia rohingya ed altri gruppi etnici minoritari non potranno rispondere al questionario o rischiano di essere dimenticati perché difficilmente identificabili.
La decisione di escludere i rohingya è stata presa dal governo centrale e giustificata con la contrarietà espressa dalla popolazione buddista che non li considera connazionali, bensì bengalesi. Il censimento dunque rischia di essere parziale e di non svelare il numero effettivo di persone che vivono all’interno del territorio birmano che si stima essere superiore a 60 milioni.
A partire dal 2012, la Birmania ha deciso di cambiare e di intraprendere un percorso politico transitorio. Negli ultimi anni la giunta al potere ha messo in atto pratiche autoritarie volte a reprimere ogni forma di opposizione politica. Il censimento funge da ponte verso le elezioni del prossimo anno che, a loro volta, saranno il primo vero test dell’avvenuta transizione democratica.
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