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Il titolo di persona dell’anno 2017 del Time è andato alla campagna #MeToo e alle sue silence breaker, le milioni di persone coraggiose che hanno condiviso le proprie storie di molestie sessuali, rompendo il silenzio.
Dopo che nel 2015 la cancelleria tedesca Angela Merkel è stata la prima donna dal 1986 a essere nominata persona dell’anno del Time, titolo che viene tradizionalmente conferito a chi ha più influenzato gli ultimi 12 mesi dalla rivista americana, quest’anno è stata premiata la campagna #MeToo, composta principalmente da donne. Così, per il 2017 il Time ha messo in copertina le “silence breaker”, persone coraggiose che hanno lanciato la campagna rompendo il silenzio e parlando delle molestie o violenze sessuali subite in prima persona (le cui vittime sono sproporzionatamente donne). Si tratta di un altro momento cruciale all’interno di un anno importante – in senso positivo e negativo – per la lotta contro la disparità di genere, che ha visto tra le altre cose la marcia delle donne nella capitale degli Stati Uniti in risposta all’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca, l’aumento del gender gap dopo più di dieci anni e la recente Giornata internazionale per l’eliminazione della violenza sulle donne.
L’hashtag virale #MeToo è nato spontaneamente in risposta al fenomeno diffuso delle molestie e delle violenze sessuali. Infatti, nel corso della vita una donna su tre è vittima di violenza fisica, sessuale o psicologica secondo le Nazioni Unite. Eppure queste tristi statistiche vengono minimizzate e, di conseguenza, i reati spesso non vengono denunciati per paura di ritorsioni. I mezzi di comunicazione hanno puntato i riflettori sul tema sulla scia di un’indagine importante sui comportamenti sessuali e misogini – che erano probabilmente dei reati, come stanno dimostrando gli investigatori – del magnate di Hollywood Harvey Weinstein nel corso della sua decennale carriera.
La campagna #MeToo è stata inizialmente resa popolare dall’attrice Alyssa Milano, che si è esposta invitando altre donne a farlo attraverso i social media. A ottobre ha scritto su Twitter: “Se siete state molestate o violentate sessualmente, rispondete a questo tweet con ‘anche io’”. Quando ha controllato il suo telefono il giorno dopo aveva già ricevuto diecimila risposte. Da quel momento, milioni di altre persone si sono fatte avanti.
If you’ve been sexually harassed or assaulted write ‘me too’ as a reply to this tweet. pic.twitter.com/k2oeCiUf9n
— Alyssa Milano (@Alyssa_Milano) 15 ottobre 2017
“Ero spaventata. Quando quell’uomo mi stava importunando ha minacciato di fare del male a me e ai miei figli. Per questo non ho detto nulla”, ha affermato Isabel Pascual, una raccoglitrice di frutta di origini messicane che il Time ha riconosciuto come una delle silence breaker e che ha raffigurato in copertina insieme all’attrice Ashley Judd, l’ingegnere informatico Susan Fowler, la lobbista aziendale Adama Iwu e la cantante Taylor Swift. “Ero disperata, ho pianto molto. Ma, per fortuna, i miei amici nei campi mi hanno aiutata. Quindi ho detto: ‘Adesso basta’. Non ho più paura. Non fa niente se gli altri mi criticano. Ora posso aiutare altre persone che stanno affrontando la stessa cosa”. Pascual, che ha cambiato nome per proteggere la sua famiglia, ha parlato delle molestie nel settore agricolo durante una marcia tenuta a Los Angeles, aiutando altre ad affrontare i propri carnefici.
Il Time ha dichiarato che “per aver dato voce a quei segreti conosciuti, per aver portato le voci di corridoio sui social network, per averci spinto a smettere di accettare l’inaccettabile, le silence breaker sono la persona dell’anno 2017”. Persone che hanno “innescato uno dei cambiamenti nella nostra cultura più veloci dagli anni Sessanta”. E così, gli editor della rivista pongono un quesito: “Siamo nel bel mezzo dell’inizio di un cambiamento epocale. C’è ancora molto che non sappiamo sui suoi effetti a lungo termine. Quanto sarà vasta la portata del suo impatto?”.
Insieme all’annuncio della persona dell’anno il Time ha anche pubblicato la lista dei finalisti. Quest’anno, tra gli altri, c’erano i leader degli Stati Uniti e della Corea del Nord (i controversi Donald Trump e Kim Jong-un); i “dreamers”, i figli degli immigrati senza documenti negli Stati Uniti che hanno il diritto di protezione temporanea grazie alla legge Daca (Deferred action for childhood arrivals) voluta dall’ex presidente Barack Obama ma revocata da Trump; e il giocatore di football americano Colin Kaepernick che ha ispirato la protesta #TakeAKnee contro il razzismo e gli atti di violenza politica.
Celebrando la campagna #MeToo, il Time ha riconosciuto la gravità delle violenze sessuali negli Stati Uniti e in tutte le nostre società e il bisogno di continuare a denunciare i colpevoli. Guardando questo fenomeno con la lente di ingrandimento ci accorgiamo, però, che non è abbastanza. Per ora la rivoluzione di #MeToo rimane “più una promessa che una certezza”, ha ammesso la rivista. Toccherà a noi definire che cosa vogliamo far emergere dagli strati di macerie generate dall’umiliazione e dalla violenza sopportate in silenzio per secoli.
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