
La nuova indagine di Essere Animali negli allevamenti fornitori del principale produttore italiano di carne avicola documenta violenze, maltrattamenti e sofferenze croniche.
Un’altra indagine mostra maltrattamenti negli allevamenti intensivi, questa volta sui polli. Immagini che ci scuotono dal torpore e ci fanno capire quanto contano le nostre scelte.
A inizio ottobre sono state diffuse le immagini della nuova indagine di Essere Animali. Polli ammassati a magliaia in capannoni, molti agonizzanti e con evidenti problemi respiratori e di locomozione, a causa della selezione genetica a cui sono da anni sottoposti per farli aumentare di peso. Le telecamere nascoste hanno filmato diversi comportamenti violenti degli operatori. Questi sono gli stessi animali che troviamo in vendita nei supermercati, già cucinati arrosto o sotto forma di cotoletta, crocchette o wurstel.
Dopo la diffusione del video, Unaitalia – l’associazione che rappresenta la quasi totalità delle aziende del comparto – ha dichiarato che le immagini “non sono assolutamente rappresentative di quanto accade negli allevamenti avicoli italiani”. Se è giusto avere il beneficio del dubbio, ciò vale però solo per gli animali presi a calci o caricati con violenza nelle gabbie al momento del trasporto verso il macello. Nulla si può obiettare su tutte le altre problematiche, perché è la stessa legge che consente, ad esempio, di poter stipare sino a 20 animali ogni metro quadrato.
In Italia vengono allevati ogni anno 525 milioni di polli che approvvigionano il consumo nazionale, che ammonta a 15,33 chili all’anno pro capite. I polli vivono solo poco più di 40 giorni ma arrivano a pesare anche 2,5 chili. Al supermercato poi li troviamo in vendita a pochi euro. Finché saranno questi i numeri risulta difficile pensare ad animali allevati in condizioni differenti. E queste riflessioni possiamo estenderle con lo stesso ragionamento a tutti gli altri animali della filiera alimentare, come testimoniamo altre indagini.
Il problema c’è e siamo tutti coinvolti. Saperlo ha un lato positivo: può scuoterci dall’intorpidimento e farci capire che contiamo. Che occorre prendere una posizione in questo dibattito che non è tra vegani contro onnivori, come vorrebbero a volte farci credere. Possiamo farlo in tanti modi, anche semplicemente iniziando a limitare il consumo di carne. Ma è necessario mandare un segnale e farlo ora.
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