La fine di Robert Mugabe, il dittatore dello Zimbabwe per oltre 37 anni

L’era di Robert Mugabe è finita. Dopo aver regnato sullo Zimbabwe per quasi 40 anni, l’esercito lo ha messo di fronte a un ultimatum: dimissioni o impeachment. Mugabe ha scelto le dimissioni.

Aggiornamento 21 novembre – Il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe si è dimesso. La sua decisione è stata annunciata dal presidente del parlamento Jacob Mudenda che ha letto in assemblea la lettera scritta da Mugabe tra gli applausi dei deputati. L’entusiasmo è esploso per le strade della capitale Harare, dove folle di persone hanno incominciato ad esultare. Il dittatore, al potere da 37 anni, è stato messo alle strette dall’esercito che ha preso il potere lo scorso 16 novembre.


A 93 anni e dopo 37 di dittatura senza tregua, il presidente dello Zimbabwe Robert Mugabe sembra aver accettato una sua uscita di scena pacifica – contro ogni aspettativa – dopo un lungo (brevissimo, se confrontato agli anni di governo) negoziato con i militari, di fatto al potere dallo scorso 16 novembre. In cambio i militari avrebbero concesso a lui e alla moglie Grace l’immunità totale, secondo quanto riportato da fonti interne dell’emittente televisiva statunitense Cnn.

Del resto, più che l’uscita di scena di Robert Mugabe in sé, l’obiettivo dell’esercito era la cacciata di chi gli sta intorno e che avrebbe potuto prendere il suo posto, indebitamente. A cominciare proprio dalla moglie Grace, 52 anni, considerata una fine stratega, tanto che secondo Sky News avrebbe già abbandonato il Paese per trovare rifugio in Namibia. Sarebbe stata lei a convincere il marito a licenziare il vicepresidente Emmerson Mnangagwa aprendo ufficialmente la crisi politica in Zimbabwe, mentre ora il partito co-fondato dallo stesso Mugabe nel 1963, lo Zanu-Pf (l’Unione nazionale africana di Zimbabwe – Fronte patriottico), avrebbe riabilitato Mnangagwa eleggendolo a suo nuovo leader.

Se le dimissioni del presidente venissero confermate, questo dovrebbe inviare una lettera al presidente del parlamento zimbabwiano che dovrebbe poi formalizzare la richiesta nel giro di 24 ore, secondo quanto previsto dalla costituzione. Per ora, però, Mnangagwa ha dichiarato che non tornerà a casa “finché non sarà certo di essere al sicuro, in seguito al trattamento e ai modi” che gli hanno riservato dopo essere stato licenziato. “Mugabe ha sempre detto che se la gente non lo avesse più voluto, avrebbe lasciato il potere. Ora deve accettare la volontà del popolo e dimettersi”, ha concluso l’ex vicepresidente.

Chi era Mugabe prima di diventare un dittatore

Una fine nefasta per Mugabe arrivato al potere come eroe, patriota e padre della patria e poi trasformatosi in dittatore ossessionato dal potere. Prima dell’indipendenza, avvenuta nel 1979, la Repubblica dello Zimbabwe, in Africa sudorientale, si chiamava Rhodesia ed era uno stato governato da un gruppo di bianchi, in particolare da un uomo di nome Ian Douglas Smith, che aveva deciso a sua volta di staccarsi dalla madrepatria britannica nel 1965 dando vita a una nazione razzista dove vigeva l’apartheid, un regime di segregazione razziale imposto dalla minoranza bianca sui neri.

A questo punto, con il Regno Unito fuori dai giochi, la Rhodesia era diventata uno stato persino peggiore del Sudafrica dal punto di vista dei diritti umani. Durante la guerra civile persino Londra aveva preso le parti della maggioranza nera. Robert Mugabe, allora alla guida degli indipendentisti, insieme ad altri leader del Fronte patriottico (Pf) era riuscito a negoziare una transizione senza ulteriori spargimenti di sangue, verso un governo di transizione del vescovo metodista Abel Tendekayi Muzorewa che poi avrebbe perso le elezioni proprio contro Mugabe nel 1980.

Poi il potere che annebbia la mente

Quel momento è stato l’inizio della fine della stella di Mugabe. Una rivoluzione si è trasformata ben presto in un regime autoritario e anche violento, sette mandati consecutivi che hanno portato all’adozione di sanzioni da parte del Regno Unito, degli Stati Uniti e dell’Unione europea. Nel 2008, il sindacalista Morgan Tsvangirai ha tentato di opporsi democraticamente vincendo le elezioni, ma Mugabe si è rifiutato di accettare la sconfitta salvo poi tentare un governo di unità nazionale.

Il resto è cronaca di questi giorni. Nella speranza che i paesi confinanti, poco favorevoli a colpi di stato militari che possano minare l’equilibrio della regione, possano contenere possibili schegge che dovessero partire in seguito a questo cambio di governo epocale per contribuire a uno sviluppo pacifico della transizione.

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