In Sudan c’è la più grave crisi umanitaria al mondo, nonostante la poca attenzione della comunità internazionale sul conflitto iniziato un anno fa.
Indonesia, potente tsunami colpisce le coste. Centinaia i morti
L’eruzione di un vulcano in Indonesia ha provocato nella serata del 22 dicembre un improvviso tsunami. Il bilancio provvisorio parla di oltre 400 morti e migliaia di feriti.
Aggiornamento 28 dicembre ore 12 – Secondo gli ultimi dati ufficiali, i morti accertati sono 426. Sono state nettamente alzate le stime relative al numero di feriti (le autorità parlano di 7mila persone, la stima precedente era pari a 1.495) e di sfollati (più di 40mila persone, quasi il doppio rispetto ai 22mila ipotizzati fino a poco fa). Una delle poche note positive è stato il recupero di 30 tartarughe portate sulla terraferma dall’onda che sono state rilasciate in mare.
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24 dicembre ore 10.30 – L’ultimo bilancio dello tsunami in Indonesia, diramato dall’Agenzia nazionale di gestione delle catastrofi dell’Indonesia, ha indicato in 281 il numero di morti accertati. I feriti sono invece ormai più di mille. “Il numero di vittime continuerà ad aumentare, così come il quantitativo di danni registrati”, ha spiegato il portavoce dell’organismo, Sutopo Purwo Nugroho, secondo il quale sono 57 le persone che risultano disperse.
In tutta la costa colpita sono al lavoro mezzi di soccorso, escavatrici e ruspe. Migliaia di persone sono state inoltre evacuate. Anche il presidente indonesiano Joko Widodo si è recato sul posto per seguire le ricerche.
Le cause ufficiali dello tsunami sono ancora da verificare, ma alcuni scienziati hanno osservato le immagini raccolte dal satellite Sentinel 1 dell’Agenzia spaziale europea. Esse – ha affermato Sam Taylor Offord, sismologo dell’istituto Gns Science di Wellington, in Nuova Zelanda – mostrano un importante smottamento verso l’oceano prima dello tsunami.
Nella serata di sabato 22 dicembre, un potente tsunami ha colpito le coste dell’Indonesia. L’evento è stato particolarmente improvviso, attorno alle 21:30 (le 15:30 in Italia) a sud dell’isola di Sumatra e ad ovest di quella di Giava. A provocarlo è stato probabilmente uno smottamento del fondale marino, causato a sua volta dall’eruzione del vulcano Anak Krakatoa. Per questo le autorità non avevano allertato la popolazione.
Il bilancio provvisorio nella mattinata di domenica parla di centinaia di morti e feriti e una trentina di dispersi. Inoltre, sono centinaia gli edifici che sono stati distrutti, in particolare quelli presenti sulle spiagge frequentate dai turisti, in parte provenienti dall’estero, in parte dalla capitale Giacarta, situata a circa 200 chilometri di distanza.
#UPDATE A tsunami kills at least 168 when it slams without warning into popular beaches around Indonesia’s Sunda Strait following the eruption of a volcano known as the “child” of the legendary Krakatoa https://t.co/Z6oaiJJrMX pic.twitter.com/xB18F8YHug
— AFP news agency (@AFP) 23 dicembre 2018
Lo tsunami in Indonesia amplificato dalle forti maree
Un vulcanologo ascoltato dall’emittente inglese Bbc ha confermato che “l’Anak Krakatoa è situato in parte sott’acqua. L’eruzione ha provocato uno spostamento del terreno in profondità”. A peggiorare le conseguenze del maremoto è stato poi il livello delle maree, particolarmente elevato nei giorni di luna piena. Lo stesso vulcano è tristemente famoso per aver provocato una delle peggiori catastrofi naturali della storia moderna. Nel 1883, un’eruzione e un conseguente tsunami causarono la morte di 30mila persone. Lo scorso 28 settembre, invece, un maremoto di magnitudo 7,5 aveva devastato la città di Palu, sull’isola di Sulawesi, uccidendo 2.073 persone.
Anak Krakatoa (the “Child of Krakatoa”) that apparently triggered a deadly tsunami in Indonesia emerged from the sea 90 years ago and has been on a high-level eruption watchlist for a decade https://t.co/nAzqliUUZD pic.twitter.com/fFORfE2aJe
— AFP news agency (@AFP) 23 dicembre 2018
Nel 2004, poi, un altro tsunami ha colpito non soltanto l’Indonesia ma anche lo Sri Lanka, l’India, la Tailandia, il Myanmar, il Bangladesh e le isole Maldive. Si è trattato di una catastrofe epocale, con circa 250mila morti.
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