Liberia, un nuovo parco per proteggere gli scimpanzé occidentali

La nuova area protetta ospita circa trecento scimpanzé occidentali, specie molto rara di cui esistono solo 35mila esemplari.

In tutto il pianeta le popolazioni di grandi scimmie sono in costante declino, decimate dal bracconaggio, dalla perdita di habitat e dalle nostre malattie. Tanto più sono circoscritte e limitate le popolazioni, maggiore è naturalmente il loro rischio di estinzione, è il caso dello scimpanzé occidentale (Pan troglodytes verus), una delle sottospecie di scimpanzé presenti nell’Africa centrale. Questa sottospecie conta appena 35mila esemplari in natura, ripartiti tra Liberia, Costa d’Avorio, Guinea, Senegal e Sierra Leone. Per provare a salvaguardare questi animali la Liberia, che ne ospita circa settemila, ha istituito un nuovo parco nazionale.

Scimpanzé in Africa
A causa del bracconaggio e della perdita e della frammentazione degli habitat, il numero di scimpanzé occidentali ha subito un calo drastico negli ultimi 50 anni © Dan Kitwood/Getty Images

Gli scimpanzé sono più al sicuro

Lo scorso agosto la Repubblica di Liberia ha approvato l’istituzione del parco nazionale Grebo-Krahn, situato nella parte sud-orientale del Paese. L’area protetta si estende per 961 chilometri quadrati e ospita numerose specie minacciate, tra cui circa trecento esemplari di scimpanzé occidentale, secondo le stime dell’organizzazione conservazionista tedesca Wild chimpanzee foundation (Wcf).

Coinvolgere le comunità

“La creazione di un nuovo parco nazionale è molto emozionante – ha dichiarato Annika Hillers, primatologa della Wcf. – Non avremmo potuto chiedere ricompensa migliore. Siamo però solo all’inizio, ora dobbiamo lavorare più che mai, per assicurarci che il parco nazionale Grebo-Krahn sia effettivamente protetto e che le comunità locali siano adeguatamente coinvolte”.

Buone notizie anche per ippopotami ed elefanti

Nella foresta pluviale del parco vivono altri grandi mammiferi protetti ed estremamente rari, come l’ippopotamo pigmeo (Choeropsis liberiensis), il colobo rosso occidentale (Piliocolobus badius) e l’elefante di foresta (Loxodonta cyclotis).

Foresta in Camerun
Recenti studi hanno dimostrato che le popolazioni di scimpanzé più conosciute vivono al di fuori delle aree protette e sono quindi senza alcuna protezione, pertanto la creazione di nuove riserve può essere fondamentale per la loro conservazione © Brent Stirton/Getty Images

Come è nato il parco

Il cammino che ha portato all’istituzione del parco nazionale è iniziato nel 2006, quando il governo liberiano, cercando di lasciarsi alle spalle la sanguinosa guerra civile, ha approvato una legge sulla riforma forestale con l’obiettivo di proteggere 1,5 milioni di ettari delle sue restanti foreste. Tra queste aree c’era la foresta di Grebo, compresa oggi nel parco Grebo-Krahn.

Equilibrio tra conservazione e sviluppo

Nonostante la Liberia possa vantare incredibili foreste e una biodiversità unica al mondo, al Paese mancano ancora passaggi importanti per diventare una destinazione ambita dai turisti in cerca di natura incontaminata. “Occorrono ancora grandi sforzi affinché attività come l’ecoturismo o la ricerca scientifica possano fornire reddito alle comunità locali – ha affermato Hillers. – È molto difficile trovare il giusto equilibrio tra efficaci attività di conservazione della natura e il sostegno alle comunità locali”.

Giovanissimo pescatore liberiano
Per garantire la conservazione della biodiversità e necessario,s econdo gli esperti, lavorare a stretto contatto con le popolazioni locali © Getty Images

L’importanza delle comunità locali

Affinché il parco e le specie che lo abitano siano davvero protetti occorre coinvolgere attivamente le comunità che vivono sul territorio. Innanzitutto perché, come sostiene l’associazione per i diritti delle popolazioni indigene Survival, i nativi sono i migliori custodi degli ecosistemi che abitano. In secondo luogo perché molte persone in Liberia dipendono ancora dalle foreste, ma non sempre in maniera sostenibile. È quindi importante effettuare sensibilizzazione, insegnando ai nativi il valore della biodiversità e, soprattutto, fornire alternative ad esempio al consumo della cosiddetta bushmeat. “Senza il sostegno e il coinvolgimento attivo delle comunità locali, nessun progetto di conservazione avrà successo in Africa occidentale”, ha concluso Hillers.

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