Violenza contro le donne

La storia di Noura, ragazza sudanese vittima di stupro e condannata a morte

Noura ha ucciso il marito che l’aveva violentata. Un tribunale del Sudan non le ha concesso alcuna attenuante e l’ha condannata a morte. Insorge Amnesty.

Noura Hussein Hammad era ancora una bambina quando è stata obbligata dal padre a sposarsi. Oggi di anni ne ha 19, ed è stata condannata a morte da un tribunale del Sudan per aver ucciso il marito che la stuprava. Una pena che l’organizzazione non governativa Amnesty International chiede di annullare: “La ragazza è una vittima e la sentenza pronunciata a suo carico è di una crudeltà intollerabile”, ha spiegato Seif Magango, vice-direttore regionale dell’associazione, secondo quanto riferito dal quotidiano francese Le Monde.

Amnesty chiede un nuovo processo che tenga conto delle circostanze attenuanti

“La pena di morte – ha aggiunto – è la pena più crudele, disumana e degradante che esista. Applicarla ad una vittima non fa altro che evidenziare il fallimento delle autorità sudanesi nel riconoscere la violenza che ha patito”. La legge della nazione africana, d’altra parte, autorizza i matrimoni di bambini di più di 10 anni. Ciò nonostante, secondo Amnesty la pena è sproporzionata, e per questo è stato chiesto “un nuovo processo, equo, che tenga conto delle circostanze attenuanti”.

La vicenda di Noura comincia nel mese di aprile del 2017, quando l’adolescente, dopo aver terminato gli studi secondari, è costretta a trasferirsi dal marito. La ragazza, però, rifiuta di consumare il matrimonio, così lo sposo decide di violentarla, servendosi a tale scopo dell’aiuto di due suoi fratelli e di un cugino, secondo quando riferito dalla ong.

Applicata una vecchia legge che non riconosce lo stupro coniugale

La stessa associazione precisa: “Il 2 maggio 2017, i tre uomini hanno bloccato Noura per consentire al marito lo stupro. Il giorno dopo, l’uomo ha tentato di violentarla di nuovo, ma lei è riuscita a scappare in cucina. Ha impugnato un coltello e nella colluttazione che è seguita ha colpito a morte l’uomo”. Sconvolta, la giovane è quindi tornata a casa, ma il padre l’ha consegnata alla polizia. Il processo si è svolto nel luglio dello stesso anno presso il tribunale di Omdurman, i cui giudici l’hanno ritenuta colpevole di omicidio volontario, applicando una vecchia legge che non riconosce lo stupro coniugale.

L’immagine di apertura non ritrae la protagonista della vicenda raccontata in questo articolo.

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