Cosa è successo all’orso bruno marsicano in Abruzzo

Catturato nel tentativo di attrezzarlo di radiocollare, l’orso marsicano Mario è deceduto nella notte. Il personale del parco e il Wwf confermano che non è stato ucciso dal narcotico.

Si è pensato subito ad un nuovo “caso Daniza”, l’orsa uccisa in Trentino nel 2014 durante un’operazione simile. Invece, secondo quanto dichiarato dal personale del parco, gli esami eseguiti post mortem avrebbero evidenziato già gravi condizioni di salute da parte dell’orso marsicano. L’esemplare non era mai stato tracciato né radiocollarato e si era deciso di procedere alla cattura perché pare che l’orso fosse diventato troppo confidente.

Orso marsicano in Abruzzo
Un esemplare di orso marsicano, simbolo del Parco nazionale d’Abruzzo. © Parco nazionale d’Abruzzo

La cattura infatti è una delle procedure che rientrano nell’ambito delle attività programmate e regolarmente autorizzate dal ministero dell’Ambiente, previo parere dell’Ispra, per il controllo degli orsi confidenti o problematici. “Già nella prima fase dell’operazione l’animale ha manifestato problemi respiratori che, nonostante le tempestive manovre di rianimazione attuabili in campo, hanno portato al decesso dell’animale nel giro di poco tempo”, scrivono dal parco nazionale d’Abruzzo.

Che cos’è la tube trap usata per la cattura dell’orso marsicano

Gli operatori della squadra di cattura già a febbraio avevano allestito una “tube trap”, ovvero una trappola fornita di esca e collegata ad una telecamera di video sorveglianza. Il sito sarebbe stato controllato quotidianamente fino allo scorso 18 aprile, quando alle 23.30 la squadra sarebbe stata allertata dall’allarme collegato alla trappola.

A quel punto gli uomini del parco avrebbero seguito il “Protocollo di cattura meccanica e anestesiologica di orsi bruni marsicani in natura e in cattività”, già ampiamente sperimentato fin dagli anni ’90, per addormentare l’animale e metterlo in sicurezza. “È la prima volta che ci troviamo di fronte ad una emergenza anestesiologica in occasione di una cattura”, ha commentato il presidente del parco Antonio Carrara. “Per quanto il protocollo utilizzato riduca al minimo i rischi per l’orso, questi ultimi non si possono in ogni caso escludere totalmente”.

Giovane esemplare di orso bruno
L’orso bruno marsicano (Ursus arctos marsicanus) è una sottospecie differenziata geneticamente dagli orsi delle Alpi © Ingimage

L’orso marsicano era già malato

Il 20 aprile la carcassa dell’animale è stata così trasportata presso la sede di Grosseto dell’Istituto zooprofilattico di Lazio e Toscana, dove è stata effettuata la necroscopia. L’esame avrebbe così escluso una relazione diretta tra l’anestesia e la causa di morte dell’orso marsicano. “Al contrario – hanno spiegato dal parco – l’esame anatomopatologico dell’animale ha evidenziato un quadro complesso e critico a carico dell’apparato respiratorio, e dell’apparato digerente. L’animale, quindi, aveva problemi sanitari gravi, non valutabili dall’esame clinico al momento della cattura, che hanno determinato l’emergenza anestesiologica e di conseguenza il decesso dell’animale.

Dello stesso parere anche il Wwf che conferma come “dagli esami” sia stato evidenziato “che l’orso marsicano deceduto in Abruzzo soffriva già di gravissime patologie, non ipotizzabili al momento della cattura e che la morte non è, quindi, imputabile primariamente alla procedura anestesiologica”. Dal canto suo l’associazione pur confermando la validità degli attuali protocolli, ha sottolineato che “rimane tuttavia l’urgenza di minimizzare la necessità di ricorrere ad attività di questo tipo, mettendo in atto il prima possibile tutte le azioni necessarie per evitare di rendere gli orsi confidenti e quindi potenzialmente problematici, evitando di lasciare cibo a disposizione dei plantigradi nei pressi dei centri abitati e sensibilizzando sulla corretta custodia degli animali da cortile e dalla raccolta della frutta dagli alberi o delle carote a terra”.

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