Formaggi a latte crudo senza rischi, quali sono e perché fanno bene

Con il latte crudo nascono grandi formaggi, come il Parmigiano Reggiano, e molti altri a pasta dura, ma non solo. Veri paladini del gusto legato al territorio e alla biodiversità.

Quando il latte non viene sottoposto a trattamento termico è detto “crudo”. La sua crudezza ha sempre suscitato un po’ di timore per la possibile carica batterica, ma il latte crudo e i suoi derivati sono sicuri se realizzati correttamente, oltre che ricchi di sapore e di proprietà benefiche.

Lo Stracchino Antica Valli Orobiche © Slowfood

Niente pastorizzazione, ecco perché

Il latte viene lavorato a temperatura ambiente o a circa 38°C, consentendo la resistenza di più proteine, vitamine e calcio. Ma la differenza è innanzitutto nel gusto. Più uniforme nei formaggi di latte pastorizzato, per i formaggi a latte crudo è invece intenso e sempre diverso. Sarà il risultato della passione con cui è stata seguita la produzione che, per ottenere grandi risultati, prevede la cura del territorio e degli animali.

Scrive Slow Food nelle pagine di Resistenza casearia: “Il latte crudo è ricco di vitamine e di batteri utili a migliorare il sistema immunitario dei bambini, ma anche degli adulti. In particolare, contiene la vitamina A (importante per la vista, lo sviluppo cellulare, l’attività antitumorale e le difese immunitarie), la vitamina D (necessaria per l’attività cellulare, lo sviluppo cerebrale, la prevenzione del cancro e lo sviluppo immunitario), proteine e zuccheri come il lattosio. Al suo interno, si trovano anche sali minerali come calcio e ferro. Con la pastorizzazione del latte, il contenuto vitaminico è parzialmente ridotto, soprattutto per quanto riguarda le vitamine C e B6 e l’acido folico. Lo stesso dicasi per le proteine e i grassi, la cui struttura viene alterata, compromettendo il valore biologico del latte”.

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Il pecorino di Farindola © Slowfood

La biodiversità nei formaggi a latte crudo

Il sapore è intenso e diversificato secondo la provenienza, perché il latte con cui vengono fatti contiene tutte le caratteristiche del territorio del pascolo che, altrimenti, si volatizzerebbero in cottura. Il latte avrà quindi caratteristiche sempre diverse, come i formaggi in cui si trasformerà, nei quali si percepisce il foraggio e tutta la dieta del bestiame autoctono. Tome d’alpeggio, formaggelle o robiole avranno così un gusto sempre diverso che ricorderà il territorio di provenienza attraverso le caratteristiche organolettiche inalterate del latte.

“Biodiversità non significa solo varietà vegetali, razze animali, tipi di pane, di salumi, di formaggi. Biodiversità è anche qualcosa di meno immediatamente percepibile. Nel caso dei formaggi questa biodiversità invisibile sono i miliardi di batteri che, con la pastorizzazione e gli altri tipi di trattamenti termici vengono sterminati”, spiega Slow Food.

Formaggi a latte crudo, quali sono

Tra i formaggi a latte crudo sono tipici quelli di malga o alpeggio, a media stagionatura, anche a pasta cruda, come tome e formaggelle. Uno di loro è il Morlacco, prodotto nelle malghe del Massiccio del Grappa durante l’alpeggio che prevede la maturazione per almeno sei giorni. Il suo gusto sapido e aromatico, con note erbacee, in cucina dona un tocco profumato a risotti, magari con le pere, a omelette, crostini e perfino alla pizza.

Il formaggio Montébore, con latte crudo vaccino e ovino © Slowfood

Altrimenti vi sono sono i formaggi che subiscono la cottura della pasta e una stagionatura media e lunga, tra cui il Parmigiano Reggiano, a cui abbiamo già accennato, ma anche il Puzzone di Moena (stagionato dai 90 giorni ai 10 mesi) e alcuni pecorini. Tipici sono quelli della montagna pistoiese, che prevedono un periodo di riposo superiore ai 60 giorni. Come per gli stagionati, i pecorini si sposano con i gusti a contrasto della frutta, come pere e mele, o si degustano con un filo di miele d’acacia e accompagnati da un calice di vino rosso.

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Lo Silter, Dop della Val Camonica © Slowfood

Quanto sono sicuri i formaggi a latte crudo

“Il controllo del rischio di contaminazione nel latte e nel formaggio deriva prima di tutto dal costante mantenimento dell’igiene in tutti i passaggi della filiera, dall’alimentazione dell’animale fino al consumatore finale. Le conoscenze e le tecniche odierne sono profondamente diverse rispetto al passato, e hanno reso molto più sicuro l’intero processo, che è regolamentato in modo tale da avere frequenti controlli e autocontrolli documentati su ogni punto a rischio”, è scritto nelle pagine di Slow Food.

“Nell’Unione Europea, il protocollo HACCP sull’autocontrollo e il controllo sistematico delle condizioni microbiologiche da parte di autorità ufficiali, entrambi definiti nel cosiddetto “pacchetto igiene” dell’Unione Europea (Regolamenti (CE) 852, 853, 854, 882/2004, e Direttiva 2002/99), hanno cambiato in modo radicale il modo di produrre latte e formaggio a latte crudo. Grazie al sostegno di un servizio capillare di veterinari, i produttori sono ora consapevoli che il loro metodo di produzione ha in sé alcuni rischi, e per questa ragione lavorano più cautamente per ridurli al minimo lungo tutta la filiera, e nel frattempo la qualità del latte viene costantemente migliorata”.

Slow Food celebra i formaggi di latte crudo per la carica di territorialità che evocano. Contribuiscono alla tutela delle produzioni tipiche locali e sono ricchi di gusto grazie alla loro secolare lavorazione. Dal 15 al 18 settembre, i formaggi a latte crudo saranno anche i protagonisti dell’edizione 2017 di Cheese, a Bra, in provincia di Cuneo, dove si terranno gli  Stati generali del latte crudo.

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