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Le Pussy Riot sono libere forse grazie alle Olimpiadi
Tutte le componenti del gruppo punk Pussy Riot sono ufficialmente libere. Maria Alyokhina e Nadezhda Tolokonnikova sono uscite dal carcere il 23 dicembre 2013 dopo l’approvazione dell’amnistia da parte della Duma, la camera bassa del parlamento russo, avvenuta il 19 dicembre. Le due musiciste avrebbero finito di scontare la pena a marzo 2014. Le Pussy
Tutte le componenti del gruppo punk Pussy Riot sono ufficialmente libere. Maria Alyokhina e Nadezhda Tolokonnikova sono uscite dal carcere il 23 dicembre 2013 dopo l’approvazione dell’amnistia da parte della Duma, la camera bassa del parlamento russo, avvenuta il 19 dicembre. Le due musiciste avrebbero finito di scontare la pena a marzo 2014.
Le Pussy Riot erano state accusate di comportamento violento e oltraggioso nel febbraio 2012 quando erano entrate nella cattedrale di Cristo Salvatore a Mosca e si erano esibite sull’altare della chiesa con una canzone il cui ritornello inneggiava alla caduta del presidente russo: “Madonna, liberaci da Putin”. La terza componente del gruppo Yekaterina Samutsevich era stata rilasciata il 10 ottobre 2012 perché la difesa era riuscita a dimostrare che al momento dell’irruzione in chiesa della polizia aveva ancora la chitarra nella custodia.
“Questa amnistia non è un atto umanitario, ma una farsa. Se avessi potuto rifiutarla l’avrei fatto”, ha dichiarato Alyokhina. Secondo molti analisti, infatti, questa liberazione è un tentativo da parte di Vladimir Putin di evitare le accuse internazionali sul mancato rispetto dei diritti umani in Russia in vista delle Olimpiadi invernali di Soči che si terranno a febbraio 2014.
Nella strategia di Putin rientrerebbero anche altri due casi di amnistia: la liberazione degli attivisti di Greenpeace, arrestati il 18 settembre 2013 per aver cercato di salire a bordo della piattaforma petrolifera Prirazlomnaya di proprietà della Gazprom, nel mare Artico, e quella di Mikhail Khodorkovskij. L’oligarca e oppositore politico di Putin era stato arrestato formalmente per furto, frode e riciclaggio nel 2003 mentre era alla guida del gigante petrolifero Yukos. In realtà, il suo caso è internazionalmente considerato come politico perché il suo arresto sarebbe stato voluto da Putin per eliminarlo dalla competizione elettorale.
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