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Secondo uno studio francese, il consumo di energia legato al funzionamento di internet “sta letteralmente esplodendo”. E lo spam è diventato un ecomostro.
Spegnere i grandi monumenti, come fatto il 19 marzo in occasione dell’iniziativa Earth Hour promossa dal Wwf, significa ricordare al mondo che la salvezza del pianeta passa anche attraverso un cambiamento dei nostri comportamenti. Risparmiare energia sarà cruciale nei prossimi decenni, e per diminuire i consumi occorre ripensare anche le nostre abitudini digitali.
La rete globale di internet, infatti, è particolarmente assetata di energia. Per far funzionare i giganteschi server sui quali vengono veicolati i flussi di dati di tutto il mondo – dai messaggi di posta elettronica fino alle comunicazioni televisive – servono enormi quantità di elettricità. Il che significa gigantesche emissioni di gas ad effetto serra, che contribuiscono in modo determinante ai cambiamenti climatici.
L’Agenzia francese per la gestione dell’energia (Ademe) ha ricordato di recente che “il consumo di energia elettrica legato allo sviluppo delle tecnologie digitali sta letteralmente esplodendo”. Per comprendere quali siano le quantità in gioco, lo stesso organismo governativo transalpino propone alcuni esempi concreti.
Inviare un’e-mail con un allegato del peso pari ad un megabyte significa assorbire 25 wattora. Ovvero l’equivalente di ciò che è necessario ad una lampadina a basso consumo per rimanere accesa due ore. In generale, secondo un’analisi dell’esperto britannico Mike Berners-Lee, ciascun messaggio di posta elettronica (anche privo di allegati) comporta la dispersione nell’atmosfera di quattro grammi equivalenti di CO2, secondo un calcolo che “internalizza” le emissioni legate non solo al funzionamento del computer da cui origina l’informazione e al server che la gestisce, ma anche alla fabbricazione di entrambi gli apparecchi.
Ne consegue che lo spam è responsabile, ogni anno dello stesso inquinamento prodotto da tre milioni di automobili che consumano 7,5 miliardi di litri di benzina, secondo uno studio realizzato nel 2009 dalla società informatica McAfee.
Ciò non significa, però, che sia necessariamente meglio tornare a carta e penna. A conti fatti, spesso internet continua a risultare meno dannoso per l’ambiente rispetto ai mezzi di comunicazioni analogici. Alcuni piccoli accorgimenti, però, possono aiutare.
È utile, ad esempio, evitare di passare per un motore di ricerca (come ad esempio Google) se ciò non è strettamente necessario: meglio digitare direttamente l’indirizzo del sito che si vuole visitare, se lo si conosce. In questo caso, le emissioni di CO2 saranno tagliate del 75 per cento. Ed è anche preferibile scegliere il mezzo di accesso al web: la stessa ricerca di un minuto su un pc fisso assorbe cento wattora, che scendono a venti sui portatili, e diminuiscono ancora per tablet e smartphone.
Inoltre, grazie al progetto di LifeGate Zero Impact® Web, aziende e blogger possono calcolare, ridurre e compensare le emissioni di CO2 prodotte navigando su internet, contribuendo alla creazione e tutela di foreste in crescita.
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