Cos’è questa storia delle torture nella questura di Verona

Cinque agenti della questura di Verona sono stati arrestati per le presunte violenze a danno di persone fermate. Un caso non isolato in Italia.

  • L’indagine di Verona ha fatto emergere casi di botte degli agenti fino a far perdere i sensi ai fermati e persone trascinate nella pipì.
  • La premier Giorgia Meloni e il vicepremier Salvini, da sempre contro il reato di tortura, non hanno commentato.
  • I dettagli che emergono dall’indagine di Verona non sono un caso isolato. L’Italia ha un problema di abusi in divisa.

Cinque poliziotti della questura di Verona sono stati arrestati con l’accusa di violenze e tortura. Si tratta di una misura cautelare, mentre altri 17 poliziotti si trovano sotto indagine. Le investigazioni, partite nell’estate 2022 e concluse a marzo 2023, hanno fatto emergere dettagli terrificanti. Diverse persone in custodia dei poliziotti in questura sarebbero state trascinate nella loro stessa pipì, riempite di botte, insultate con l’aggravante dell’odio razziale. Se le accuse venissero confermate, non sarebbe un caso isolato: qualche tempo fa era emersa una storia simile relativa alla caserma Levante di Piacenza, mentre di violenze e torture si parla sempre più anche a proposito delle carceri.

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Cinque agenti di polizia della questura di Verona sono stati arrrestati © Marco Cantile/LightRocket via Getty Images

I fatti della questura di Verona

Sono un ispettore e quattro agenti le persone finite agli arresti domiciliari nella giornata del 6 giugno a Verona. Le accuse sono di tortura, lesioni aggravate, peculato, rifiuto ed omissione di atti di ufficio e falso ideologico in atto pubblico. A indagare sui fatti sono stati i loro colleghi, cioè la squadra mobile di Verona.

L’indagine è scattata nell’agosto 2022 a seguito di alcune intercettazioni dell’agente Alessandro Migliore, in cui raccontava al telefono alla fidanzata la violenza esercitata su una persona fermata. “Mi guarda, mi ero messo il guanto, ho caricato una stecca, amò, bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra è andato a finire, è rimasto là… È svenuto…Minchia che pigna che gli ho dato”, sono alcuni dei contenuti della telefonata di Migliore. A quel punto la squadra Mobile ha installato microspie e telecamere nascoste in questura per indagare sui metodi di lavoro di Migliore e dei suoi colleghi. E quello che è emerso negli ultimi mesi è terribile.

Nell’ordinanza si parla di una persona presa a schiaffi così forti da farle perdere i sensi, di spray al peperoncino spruzzato in faccia ai fermati senza motivo, di insulti razzisti a danno delle persone in custodia straniere, di un uomo costretto a urinare per terra e poi trascinato come uno straccio per pulire. L’accanimento sarebbe avvenuto su persone fragili dal punto di vista sociale. Scrive la Gip nell’ordinanza: “I soprusi, le vessazioni e le prevaricazioni poste in essere dagli indagati risultano aver coinvolto, in misura pressocché esclusiva, soggetti di nazionalità straniera, senza fissa dimora, ovvero affetti da gravi dipendenze da alcol o stupefacenti, dunque soggetti particolarmente deboli”.

Gli abusi di potere in Italia

La premier Giorgia Meloni, che in più occasioni ha chiesto l’abolizione del reato di tortura perché a suo dire non permetterebbe alle forze dell’ordine di lavorare bene, non si è espressa sulla vicenda di Verona. Lo stesso Matteo Salvini, mentre il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha parlato di “fatti di enorme gravità”.

L’indagine ha fatto tornare a parlare in Italia della necessità di istituire i codici identificativi degli agenti, così da poter più facilmente individuare chi si macchia di abusi in divisa. Questo perché i terribili dettagli emersi dall’indagine di Verona non sono un caso isolato. Nel 2020 la magistratura aveva messo sotto sequestro un’intera caserma dei Carabinieri, la Levante di Piacenza, nell’ambito di un’inchiesta che aveva fatto emergere casi di traffico di sostanze stupefacenti, estorsione, ricettazione, abuso d’ufficio, falsità ideologica, truffa ai danni dello Stato, violenza privata, arresti illegali e tortura. Nel 2022 cinque carabinieri sono stati condannati con pene fino a 12 anni. Ma non è finita qui. 

Nel 2021 a Ferrara c’è stata la prima condanna per tortura (il reato è stato istituito in Italia nel 2017) a carico di un agente penitenziario per le violenze nei confronti di un detenuto. Qualche mese fa la stessa condanna è arrivata contro cinque agenti del carcere di San Gimignano. E in giro per l’Italia sono in corso numerosi processi a carico di decine di agenti per presunte violenze in carcere, su tutte il caso di Santa Maria Capua Vetere. Al di là di questo, di tanto in tanto la cronaca restituisce notizie di abusi di potere, come è stato giusto qualche settimana fa a Milano con l’aggressione degli agenti della polizia locale a una donna transgender o un episodio simile occorso a Livorno

Il problema della profilazione razziale

Il tema dell’odio razziale, emerso in queste ore nell’indagine di Verona, sembra essere una costante quando si parla di abusi di potere in Italia.

La profilazione razziale, cioè l’uso da parte delle forze dell’ordine, quando procedono a operazioni di controllo, sorveglianza o indagine, di motivi quali la razza, il colore della pelle, la lingua, la religione, la nazionalità o l’origine nazionale o etnica, senza alcuna giustificazione oggettiva e ragionevole, è un problema in Italia. L’Unione europea evidenzia che in Italia il 70 per cento delle persone afrodiscendenti fermate dalla polizia dichiara di aver subito profilazione razziale. Il tema è poco dibattuto, non esistono specifici studi al riguardo in Italia. Ci sono però le continue indagini della magistratura e le notizie di cronaca, che lasciano poco spazio ai dubbi.

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