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Un orizzonte blu diviso da una linea lasciata dal sale. È Mare, l’opera della serie Multiverso di Renato Leotta, insignita del premio FPT for Sustainable Art ad Artissima 2020. L’intervista all’artista.
Un’opera che descrive una sintesi pittorica di paesaggio attraverso gli elementi stessi che lo compongono. Un telo di cotone blu e una linea di sale che divide poeticamente il mare dal cielo, lo spazio immerso da quello emerso. Una tecnica adoperata da Renato Leotta nella sua opera d’arte intitolata Mare, attraverso una procedura di immersione in mare, per registrare le diverse altezze delle maree.
Un’opera “all’apparenza minimalista”, come l’ha definita la giuria che l’ha scelta per il Premio FPT for Sustainable Art, nell’ambito di Artissima Unplagged, la principale fiera d’arte contemporanea in Italia, che in questo difficile 2020 ha indossato una nuova veste. Unplugged, appunto, con progetti digitali e cataloghi online ad affiancare le esposizioni fisiche.
Qui, e precisamente nella cornice della mostra Stasi Frenetica presso la Gam – Galleria civica d’arte moderna e contemporanea di Torino, ha trovato spazio e apprezzamento l’opera Mare (2019) di Renato Leotta, presentata dalla galleria Madragoa di Lisbona.
Classe 1982, Renato Leotta è nato a Torino, ma oggi vive e lavora ad Acireale, in Sicilia. Una vocazione, quella per l’arte, portata avanti con costanza e successo da Leotta, come lo dimostra il lungo elenco di esposizioni personali e collettive, in contesti prestigiosi come il Gropius Bau di Berlino, Palazzo Fortuny di Venezia, il Mac di San Paolo in Brasile, il Bozar di Bruxelles, Le Magasin di Grenoble e la Kunst Halle di Sankt Gallen in Svizzera.
Fil rouge della sua ricerca artistica è l’osservazione del paesaggio, indagato come soggetto da “registrare”. La luce delle lucciole, i raggi di sole, la sabbia e il sale del mare sono frammenti di realtà, in cui soggetto e medium perdono i propri confini. Intrinseca in tutta l’opera di Leotta è anche la convinzione di un legame profondo tra arte e sostenibilità, che si manifesta nelle procedure e attraverso la scelta dei materiali e che affonda le sue radici nella “relazione inscindibile tra etica ed estetica”, come lui stesso ci ha spiegato.
Un approccio che non è sfuggito alla giuria del premio FPT for Sustainable Art, pensato per dare risalto e valore al connubio tra arte e sostenibilità:
Renato Leotta ha svelato con la sua pratica artistica basata sul processo un modo poetico di stabilire un contatto tra condizioni umane e non-umane utilizzando i fenomeni naturali come strumenti di produzione dell’opera. All’apparenza minimalista, il lavoro di Leotta affronta importanti questioni ambientali senza diventare documentale
Il lavoro dell’artista è frutto di una riflessione personale che trae spunto dal paesaggio, come ci racconta in questa intervista.
Qual è stato il processo artistico, sia mentale che pratico, che ha portato alla creazione della sua opera “Mare”?
Questo lavoro è parte di una serie di opere dal titolo “Multiverso” che nascono dalla contemplazione del paesaggio e della sua temporalità espressa nelle dimensioni. Per esempio in questo caso, lo spazio di una tela è divisa in una parte immersa e una emersa. L’orizzonte che divide queste due componenti fa eco alla pittura di paesaggio, quella delle vedute di marina, traslata nella sua forma più essenziale, ovvero la linea che divide il cielo dal mare. L’intuizione è quella di descrivere il paesaggio attraverso gli elementi stessi che lo compongono; in una fase combinatoria e paritaria tra opera e paesaggio o artista/opera e paesaggio. Ho immerso un telo di cotone in mare in diversi momenti della fase lunare. Una volta asciugato il tessuto al sole, l’acqua evapora mentre il sale rimane, descrivendo una linea che racconta le differenti altezze della marea.
Quanto conta per lei e come si concretizza la sinergia tra processo artistico e attenzione alla sostenibilità di un’opera?
Penso che l’arte, la poesia – e in generale qualsiasi processo legato alla formulazione di immagini e di pensiero – siano indivisibili dalla sostenibilità. Mi viene in mente un concetto, o meglio una prassi, formulata dai nostri antenati greci riguardante la relazione inscindibile tra etica ed estetica, considerate facce della stessa medaglia. Questa sinergia deve essere attuata attraverso una scelta di pensiero in congruenza con materiali e modalità di lavoro sostenibili.
In questo periodo viviamo sempre più l’arte in modalità digitale, quali conseguenze ha e avrà questa esperienza sugli artisti secondo lei? Teme un allontanamento del pubblico?
Più che un allontanamento dal pubblico temo un allontanamento dai sensi e dalle emozioni che la realtà solitamente genera. Molto banalmente penso che le cose abbiano una forma, un odore, una temporalità. Dal cellulare o dal computer difficilmente si può cogliere questa enormità: si rischia un grave appiattimento in cui il dibattito è prettamente tecnico formale. È un problema che tocca tutti e ci allontana terribilmente da una visione orizzontale e dalle dimensioni dello spazio.
Qual è il suo legame col mare? C’è un aneddoto particolare che ha suscitato in lei il desiderio di “imprimerlo” nelle sue opere?
Vi rispondo con una poesia di Sandro Penna.
Il mare è tutto azzurro.
Il mare è tutto calmo.
Nel cuore è quasi un urlo
di gioia. E tutto è calmo.
Sandro Penna, Poesie 1939
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