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Per il lancio di LifeGate Tv, è disponibile online liberamente il primo reportage sul glifosato in Italia realizzato dal fotografo Massimo Colombo.
L’idea di capire come, dove e perché viene usato l’erbicida glifosato in Italia gli è venuta dopo aver visto il reportage fotografico El costo humano de los agrotóxicos che documenta le condizioni di salute degli argentini costretti a vivere a stretto contatto con il glifosato, presentato dall’autore Pablo Ernesto Piovano durante l’edizione 2015 del Festival della fotografia etica di Lodi.
Così Massimo Colombo, fotografo professionista di Lecco che dal 2010 collabora con l’agenzia Getty Images, ha realizzato un reportage sul glifosato (che si può vedere liberamente su Youtube), il primo sul tema, per cercare di capire quanto è diffuso in Italia. Perché alcuni agricoltori, ma soprattutto viticoltori, lo usano mentre altri hanno deciso di abbandonarlo? “Sono partito dalla zona di Verona – ha dichiarato Colombo – dove l’utilizzo di erbicidi è davvero alto, passando dalla Toscana dove invece si sta cercando di creare una vasta area di biodistretti, per arrivare in Abruzzo dove ho sentito la testimonianza di un dottore che da anni studia le patologie ambientali”.
“Sono venuto a contatto con persone che proponevano l’alternativa all’uso di prodotti chimici in agricoltura – continua Colombo. Ho fatto ad ognuno di loro un ritratto e una breve intervista. Il risultato è questo video dove viene spiegato cos’è il glifosato, quali sono gli effetti sulla salute e sull’ambiente e il perché molti agricoltori vorrebbero che ne sia vietato l’uso”.
Il dibattito sull’utilizzo del glifosato si fa, ogni giorno che passa, più acceso. Ha addirittura messo in contrapposizione due agenzie, Iarc (International agency for research on cancer che fa capo all’Organizzazione mondiale della sanità) e Efsa (Autorità europea per la sicurezza alimentare). L’agenzia Iarc lo ha classificato come “probabile cancerogeno per l’uomo” e per questo in Europa molti partiti e associazioni stanno facendo una battaglia per la sua messa al bando. Una battaglia che ricorda quella contro l’insetticida ddt condotta, tra gli altri, da Rachel Carson nel libro manifesto Primavera silenziosa (1962) e messo al bando a partire dagli anni Settanta.
“Se mangiamo la nostra dose quotidiana di pesticida o erbicida, anche a basso dosaggio e a lungo termine, avremo – in primis – l’azione tossica sui nostri geni, che è la cosa più importante. Dopo si svilupperà il discorso sulla cancerogenicità”, ha dichiarato il dottor Maurizio Proietti, presidente della commissione scientifica Assis, l’Associazione di studi ed informazione sulla salute.
“Il mondo agricolo ha perso la capacità di mantenere o sviluppare la quantità di sostanza organica che c’è nel terreno. Una delle cause principali è l’uso del diserbante” perché trasforma il terreno “in un essere non vivente”, ha affermato il dottor Giovanni Beghini, presidente della sezione di Verona dell’Associazione medici per l’ambiente – Isde Italia e presidente di Terra Viva. Esattamente il contrario di ciò che succede con una pratica che rispetta la natura, come l’agricoltura biologica o biodinamica.
I comitati e le campagne per dire stop al glifosato sono sempre più numerosi. Anche LifeGate ha aderito alla coalizione italiana #StopGlifosato: “Da sempre promuoviamo l’agricoltura sostenibile ed è a conferma di questo nostro impegno che abbiamo accettato l’invito da parte delle più importanti associazioni ad entrare a far parte della coalizione: vogliamo che il commercio del glifosato sia messo al bando dalla Commissione europea”, ha dichiarato Enea Roveda, amministratore delegato di LifeGate.
La decisione da parte della Commissione europea doveva arrivare l’8 marzo e una sua nuova autorizzazione per altri 15 anni sembrava scontata. Poi la pressione dell’opinione pubblica ha fatto venire i dubbi persino ai burocrati di Bruxelles che hanno rinviato la “sentenza” a giugno, quando l’autorizzazione attualmente in vigore scadrà definitivamente. Nel frattempo, come spesso accade quando si tratta di prevenire, le persone, i lavoratori, le comunità e gli enti locali più sensibili al tema stanno iniziando ad agire in autonomia, preferendo sistemi economici e produttivi glifosato free. Perché la salute personale e quella dell’ambiente non possono aspettare.
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