Slow flower, la filosofia del fiore etico e a chilometro zero

Raramente si parla dell’impatto dell’industria floreale su ambiente e società. Slow flower è un’alternativa che promuove fiori etici e sostenibili.

Vi siete chiesti da dove arrivassero le rose che avete regalato per San Valentino? O da dove vengano i fiori che avete sistemato nel vaso in sala da pranzo? Di quello che succede dietro le quinte dell’industria dei fiori a livello globale, si parla ancora poco. Qualcosa comincia a muoversi nel 2007, quando la scrittrice americana Amy Stewart pubblica il suo libro Flower confidential: the good, the bad and the beautiful, in cui racconta dell’industria floreale globalizzata facendo emergere l’immagine di un business costruito sulla coltivazione di fiori a prezzi stracciati, su pratiche inquinanti e condizioni di lavoro ingiuste. Il libro apre un momento di riflessione tempestivo e necessario su un argomento ancora inesplorato da cui nel 2013 nasce Slow flower, una filosofia che promuove la bellezza del fiore etico, sostenibile e a chilometro zero mettendo in evidenza i benefici dell’agricoltura floreale, locale e stagionale.

Slow Flower
Il profumo dei fiori © Eleonora Proietti

Il movimento Slow flower

Ideatrice del progetto è Debra Prinzing, scrittrice americana che sulla scia del libro di Amy Stewart decide di attivarsi per ispirare e sensibilizzare a sua volta le persone su questi temi. Già Slow Food in quegli anni stava mettendo in discussione le controverse abitudini dell’industria alimentare, dimostrando che le cose potevano essere fatte diversamente; allo stesso modo Prinzing decide di attivarsi per motivare le persone ad utilizzare i fiori degli agricoltori locali e aiutarle a scegliere i fiori giusti tra la moltitudine di quelli importati senza etichetta, ma soprattutto senza una storia.

Da qui nasce l’idea di Slow flower, ovvero dimostrare che la produzione dei fiori può essere sostenibile e organica, radicata nel proprio territorio, nel rispetto dei ritmi stagionali. Il movimento mira a sostenere una filiera corta, collegando agricoltori, fioristi, negozi e clienti. “La nostra missione – spiega la scrittrice – è cambiare le pratiche di approvvigionamento dei fiori da parte di consumatori e professionisti, attraverso azioni di sensibilizzazione ed educazione, che mettano in evidenza i benefici dell’agricoltura floreale locale e stagionale”.

Slow flower
La produzione dei fiori può essere sostenibile e organica, radicata nel proprio territorio © Marrymi wedding photography

L’industria globalizzata dei fiori

In pochi sanno che i fiori che acquistiamo sotto casa nel 90 per cento dei casi hanno viaggiato fino a 36 ore, sono stati conservati in celle frigorifere per giorni e trattati con agenti chimici per bloccarne lo sviluppo. E che il basso costo è probabilmente dovuto al fatto che nei principali paesi dove si pratica la floricoltura da esportazione (Colombia, Kenya, Tanzania, Etiopia) i lavoratori, spesso donne e bambini, non sono tutelati in alcun modo e sono vittime di sfruttamento.

A proteggere i diritti dei produttori agricoli nei paesi in via di sviluppo esistono per fortuna diverse organizzazioni tra cui Fairtrade, un’organizzazione internazionale che lavora ogni giorno per tutelare i diritti di più di un milione e 700mila agricoltori e lavoratori in Asia, Africa e America Latina, dando loro la possibilità di migliorare le proprie condizioni di vita e di lavoro. Grazie agli standard Fairtrade, le serre di fiori certificati stanno continuamente migliorando le pratiche per ridurre il loro impatto.

Il primato delle rose in Kenya

Un esempio arriva dal Kenya, da cui proviene circa la metà delle rose importate in Europa: le rose sono al primo posto tra i fiori recisi nel mercato europeo, con una stima che va dal 30 al 50 per cento dei 20-25 miliardi di valore di mercato dei fiori recisi in tutta Europa. Il valore delle importazioni nel nostro continente dai paesi in via di sviluppo ha raggiunto i 718 milioni di euro nel 2015. Lì, alcune serre hanno colto la sfida di andare oltre le loro performance ambientali come Finlays e Oserian flowers, la più grande azienda di coltivazione ed esportazione di rose del Kenya. Grazie alla certificazione Fairtrade, entrambi i produttori hanno ridotto drasticamente l’impatto delle loro attività migliorando, nello stesso tempo, le condizioni dei lavoratori.

Slow flower
Grazie alla certificazione Fairtrade, i produttori hanno ridotto drasticamente l’impatto delle loro attività migliorando, nello stesso tempo, le condizioni dei lavoratori © Raw fleurs

Slowflowers Italy e non solo

A raggiungere l’equilibrio tra qualità, filiera corta e prezzo, in Italia stanno provando diverse realtà. Dal 2017, l’associazione culturale Slowflowers Italy promuove la coltivazione sostenibile di fiori italiani e stagionali e un floral design ispirato alla spontaneità della natura. Protagoniste dell’associazione sono circa una ventina di pioniere che, armate di cesoie e di tanta creatività, stanno cercando di diffondere in tutto il territorio la filosofia Slow flower, ossia un nuovo modo di fare decorazione in equilibro tra risorse della natura e lavoro dell’uomo. Il progetto punta allo sviluppo di coltivazioni di fiori locali e sostenibili, con preferenza per le varietà stagionali e la distribuzione diretta ai clienti, ed è aperto a tutti coloro che credono in un’arte floreale etica ed ecologica.

Slow flower
La filosofia Slow flower è un nuovo modo di fare decorazione in equilibro tra risorse della natura e lavoro dell’uomo © Viale flower farm

Tra le flower farm più caratteristiche che diffondono questa cultura etica dei fiori ci sono le aziende agricole Viale flower farm di Marzia Barosso nelle colline del Monferrato e la Val dei fiori, alle porte di Bologna, dove grazie alle sorelle Valentina e Cristina Giardini tutto ruota attorno alle risorse del territorio, dalla collina alla pianura. Il laboratorio floreale Il profumo dei fiori di Sofia Barozzi realizza a mano mazzi di fiori freschi e recisi, pronti dopo 3-5 giorni per il ritiro o la spedizione, ma anche allestimenti e bouquet personalizzati per ogni tipo di occasione. Dal 2014, Laura, Teresa e Mara si sono specializzate nella coltivazione di fiori e fogliami stagionali e coltivano oggi oltre 200 specie e 400 varietà di fiori e fogliami nel loro laboratorio di composizione floreale Puscina flowers. Infine, guardando fuori dai confini italiani, Terri Chandler e Katie Smyth hanno fondato Worm nel 2016, con base nell’East London.

Slow flower
Terri Chandler e Katie Smyth hanno fondato Worm nel 2016, con base nell’East London © Worm

Slow flower, una rivoluzione floreale

La cultura Slow flower è tuttavia ancora di nicchia, ed è per questo motivo che molte flower farm diventano location per lezioni di yoga, organizzano giornate di visita o si trasformano in “campi you pick” in cui si raccolgono fiori per poi comporre, guidati, il proprio bouquet. E mentre le serre ospitano workshop e laboratori, l’innovazione del settore passa anche per l’attivazione di abbonamenti mensili o settimanali che assicurano la consegna, a casa, di mazzi stagionali.

Insomma, le flower farm in Italia si stanno diffondendo sempre di più costruendo uno scenario fatto da un paesaggio vivo, che rispetta ritmi della natura e impollinazione, e in cui il coltivato convive con il selvatico e l’infestante in un’armonia perfetta. Stiamo effettivamente assistendo all’inizio di una rivoluzione floreale, che influisce sul modo in cui guardiamo alla bellezza e al consumo. Un cambiamento significativo, guidato principalmente da donne.

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