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Perché i tessuti del Sud del mondo sono così colorati e sgargianti? Scopriamo insieme i colori e i simboli usati negli abiti delle culture indigene.
L’abbigliamento, allo stesso modo del cibo, racconta tanto del luogo e della cultura alla quale appartiene. Potremmo considerarlo una vera e propria manifestazione di significati profondi che vanno al di là della sua funzione concreta, quella di coprire e adornare un corpo.
In qualsiasi epoca, e anche oggi, gli abiti sono sempre stati un mezzo di comunicazione importante, sia a livello sociale che storico e culturale. A seconda della zona geografica, del periodo storico e del contesto sociale, il modo di vestire cambia di pari passo con la cultura del popolo a cui appartiene. Con i loro tessuti colorati e decorati seguendo una precisa simbologia, le culture indigene esprimono chiaramente il valore comunicativo nascosto dietro un semplice indumento.
Prima dell’invasione spagnola delle Americhe, sotto l’antico impero azteco che dominava in Mesoamerica (Messico, Guatemala e Honduras), iniziò a diffondersi un abito che vive ancora oggi. Parliamo del huipil, una sorta di tunica ampia con un’apertura per la testa e cucita sui lati, fatta con cotone o lana e disponibile su diverse lunghezze. Nei secoli, questo indumento è stato spesso fonte di ispirazione per la moda, ma solo nella cultura indigena continua a conservare i suoi significati originari. E questo perché le decorazioni colorate e stilizzate che adornano il tessuto svolgono un ruolo simbolico importante: narrano delle vere e proprie leggende, attraverso le quali è facilmente intuibile quali siano le origini della donna che indossa il huipil.
Tra i simboli utilizzati nella decorazione tessile, ad esempio, figurano il serpente che, associato alla dea levatrice e alla dea dell’acqua, rappresenta le grandi doti di una donna come fonte di vita e di protezione; l’aquila a due teste che, invece, indica la dualità intesa come bene e male, cielo e terra o, ancora, passato e futuro; e molte altre rappresentazioni che rimandano direttamente alla narrazione di miti e credenze delle diverse tribù.
Sono conosciuti e diffusi in tutto il mondo gli african print, i magnifici tessuti colorati indossati dalle donne africane. Non a caso, a partire dal 1800, molti occidentali (britannici e olandesi in primis), rimasti affascinati dalla bellezza sublime di queste stoffe, hanno iniziato a spostare la produzione di tessuti esotici proprio in questo continente. Grazie alla lunga tradizione dell’Africa occidentale (Senegal, Burkina Faso e Congo), gli artigiani locali hanno acquisito una particolare abilità nella decorazione dei tessuti in cotone grezzo. Sono addirittura tre le tecniche utilizzate per realizzarli e da cui prendono nome anche i diversi tipi di african print: fancy è prodotto con l’impressione a rullo; java è decorato con un prodotto ossidante che si applica dopo la tintura; superwax è ricamato con due operazioni di tintura a riserva che permette di creare figure sfumate.
Parlando, invece, delle decorazioni in sé, anche in Africa esprimono un forte significato simbolico. La piramide, per esempio, indica la consapevolezza di una gerarchia sociale per cui i potenti si elevano sopra gli altri e illuminano la strada da percorrere; la spiga di granoturco simboleggia le difficoltà del matrimonio perché, a causa delle sue caratteristiche fisiche, si scopre ciò che contiene realmente soltanto aprendola; la chioccia con i pulcini rappresenta il ruolo fondamentale di una madre all’interno della famiglia, sia in termini di coesione tra i vari membri che in termini di protezione verso i piccoli da accudire.
Questi sono alcuni dei significati originari. Oggi ne sono subentrati di nuovi come le lettere dell’alfabeto a indicare la scolarizzazione dell’individuo che indossa il tessuto o altri elementi di modernità come camion, telefoni cellulari, e così via.
L’importanza dei tessuti in questo Paese è stata decantata anche dalla presenza di un “charka” (particolare telaio indiano) sulla bandiera nazionale. Ma, nella fattispecie, oltre a particolari tecniche di lavorazione delle stoffe, l’India segue una tradizione legata ai colori e, quindi, alla tintura che, in origine, prevedeva l’uso di coloranti naturali ottenuti dalle spezie.
Per le decorazioni vengono utilizzate due principali tecniche: il batik, che prevede di coprire le zone che non si vogliono tingere con della cera o con dei materiali come argilla, resina o amido, impedendo così l’assorbimento del colore; e il block print che serve a imprimere l’inchiostro sui tessuti attraverso dei pezzi di legno utilizzati come stampini.
A differenza di altre culture indigene, la vera simbologia degli abiti indiani si trova nei colori stessi. Nel caso della sari, il tipico abito drappeggiato che le donne indiane si tramandano di generazione in generazione fin dal 100 a.C., le diverse cromie sono sinonimo di una precisa condizione sociale. È così che il rosso è caratteristico delle spose perché rappresenta fertilità e sensualità; il giallo è il colore della spiritualità e della nascita, quindi viene indossato dalle donne che hanno appena partorito; il bianco rappresenta il lutto.
Esistono molti posti al mondo che vale la pena visitare, almeno una volta nella vita. Certamente, quelli dove continuano a vivere valori e simboli del passato sono un buon punto di partenza. Anche solo per assaporare quella autenticità, ormai rara, che non ha mai smesso di essere affascinante.
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