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I governi di Usa e Canada hanno disposto un’interdizione sine die alle trivellazioni per l’estrazione di idrocarburi negli oceani Artico e Atlantico.
Manca un mese al giorno in cui Barack Obama varcherà per l’ultima volta la soglia della Casa Bianca, lasciando la poltrona nella stanza ovale a Donald Trump. Per questo, la decisione assunta il 20 dicembre dal presidente uscente degli Stati Uniti in materia di trivellazioni offshore alla ricerca di idrocarburi assomiglia a una sorta di testamento ambientale. La scelta è infatti storica, dal momento che introduce un divieto totale per le attività di ricerca ed estrazione di idrocarburi in vaste zone degli oceani Artico e Atlantico.
Obama aveva d’altra parte già annunciato, qualche mese fa, la volontà di adottare una nuova regolamentazione capace di proteggere tali aree, che in molti casi ospitano specie animali e vegetali in via di estinzione. All’epoca, però, l’attuale presidente americano aveva ipotizzato un divieto di cinque anni. La grande novità è dunque legata alla durata del provvedimento: grazie ad una legge del 1953 – l’Outer Continental Shelf Lands Act, che concede al capo di stato li potere di proteggere le acque federali dalle ricerche di gas e petrolio – è stato possibile bloccare per sempre ogni attività legata alle fonti fossili.
Ad essere interessata dalla nuova normativa è l’intera costa atlantica, da Norfolk, in Virginia, fino al Maine, alla frontiera con il Canada. Il che significa una superficie di 1,5 milioni di ettari. Allo stesso modo, la misura decisa da Obama interessa la quasi totalità delle acque dell’oceano Artico appartenenti agli Stati Uniti, ovvero oltre 46 milioni di ettari.
“Questi provvedimenti proteggeranno un ecosistema sensibile e unico, che non esiste in alcuni altro luogo del mondo”, ha spiegato Obama in un comunicato nel quale ricorda anche come tali regole preservino anche dal rischio di incidenti e fughe di idrocarburi. Una decisione analoga è stata assunta anche dal primo ministro del Canada, Justin Trudeau. “Insieme abbiamo compiuto un passo storico”, ha commentato il presidente Usa.
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Grande soddisfazione è stata manifestata anche dalle associazioni ambientaliste. Michael Brune, direttore del Sierra Club, ha spiegato che le nuove disposizioni decise dagli Usa “impediranno alle future amministrazioni di distruggere le acque e le coste”. “Vedremo se il presidente Trump, da sempre dalla parte dei petrolieri, si schiererà ora anche contro quei milioni di cittadini in tutto il mondo, e le comunità indigene dell’artico statunitense e canadese, che per la loro terra, e la nostra Terra, hanno in mente qualcosa di meglio che il catrame e la distruzione promessa dalle trivelle”, ha dichiarato Alessandro Gianni, direttore delle campagne di Greenpeace Italia.
Un rischio, in ogni caso, c’è. A ricordarlo è un precedente: negli anni Novanta l’allora presidente Bill Clinton aveva adottato una disposizione simile, sulla base, anche in quel caso, della legge del ’53. Il suo successore, George W. Bush, aveva avviato una battaglia legale riuscendo, alla fine, a far annullare il divieto di estrazione petrolifera su una parte delle aree interessate. Non è escluso, perciò, che anche Trump decida di portare la questione di fronte alla giustizia federale.
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