La Turchia abbandona la Convenzione di Istanbul contro la violenza sulle donne. Per il presidente Erdogan non difendeva la famiglia e favoriva le comunità Lgbt.
La Turchia si è ritirata dalla Convenzione di Istanbul, il primo trattato vincolante al mondo per prevenire e combattere la violenza contro le donne. Approvata dal Consiglio d’Europa nel 2011, firmata da 45 paesi, dall’Unione europea e per prima dalla stessa Turchia, la Convenzione richiede ai governi di adottare una legislazione che persegua la violenza domestica e gli abusi nei confronti delle donne, nonché lo stupro coniugale e le mutilazioni genitali femminili. La decisione è arrivata con un decreto presidenziale di Recep Tayyip Erdogan.
La Turchia si ritira ufficialmente dalla convenzione internazionale per la lotta contro la violenza sulle donne. Convenzione ratificata, peraltro, proprio ad Istanbul: "Basta la nostra legislazione", è la motivazione di una scelta che rappresenta un gigantesco passo indietro pic.twitter.com/vKZVMMUqha
Ma secondo il partito conservatore di Erdogan, l’Akp, che in italiano suona (oggi quasi ironicamente) Partito della giustizia e dello sviluppo, la Carta danneggerebbe l’unità familiare e incoraggerebbe il divorzio. I suoi riferimenti all’uguaglianza inoltre sarebbero stati usati dalla comunità Lgbt per ottenere una più ampia accettazione nella società.
The Istanbul Convention is Europe's primary international treaty to
☑️Prevent violence against women ☑️Protect survivors ☑️Prosecute perpetrators
La ministra turca della Famiglia, del lavoro e degli affari sociali Zehra Zümrüt Selçuk ha provato a tranquillizzare l’opinione pubblica, assicurando tramite un tweet che “combattere la violenza contro le donne è una questione che riguarda i diritti umani” e che dunque “da oggi in poi continueremo la nostra lotta contro le violenze esattamente come abbiamo fatto fino a ieri”. Ma la pubblicazione del decreto nella Gazzetta ufficiale nella mattinata del 20 marzo ha scatenato la rabbia degli attivisti per i diritti umani, a Istanbul e in altre città della Turchia.
La Turchia è il primo stato a recedere dall’accordo, ma negli scorsi mesi anche altri paesi, in particolare dell’Europa dell’Est, avevano manifestato tale intenzione.
Le reazioni della comunità internazionale
“L’annuncio del ritiro da parte della Turchia è una notizia devastante”, sostiene il segretario generale del Consiglio d’Europa Marija Pejčinović Burić. “La Convenzione ricopre gli sforzi più alti a livello internazionale per proteggere donne e ragazze di tutto il mondo dalla violenza che affrontano ogni giorno nelle nostre società. Questa uscita rappresenta una brusca frenata a questi sforzi ed è quanto mai deplorevole perché compromette la protezione delle donne in Turchia e oltre i confini dell’Europa”.
Anche in Italia la notizia è stata accolta con sgomento. Per Valeria Valente, presidente della Commissione di inchiesta del Senato sul Femminicidio e la violenza di genere, “la notizia dell’uscita della Turchia dalla Convenzione di Istanbul contro la violenza domestica e di genere è una di quelle notizie che non avremmo mai voluto sentire. Nel 2011 fu un doppio segno di speranza e un messaggio rivolto a quei paesi che per religione e tradizioni sono ancora indietro nel riconoscimento dei diritti delle donne. Un pilastro della legislazione internazionale sui diritti e contro la violenza di genere. Ora, per decreto di Erdogan, questa drammatica giravolta”.
La #Turchia lascia la Convenzione di #Istanbul contro la violenza di genere con motivazioni farneticanti.
Un attacco ai diritti delle donne. L'ennesima frattura fra l'Europa e il governo di #Erdogan su principi e valori che dovrebbero essere universali.
Per Laura Boldrini, coordinatrice dell’intergruppo della Camera per le donne, i diritti e le pari opportunità, ex portavoce dell’Unhcr ed ex presidente della Camera, quello della Turchia “è un attacco ai diritti delle donne. L’ennesima frattura fra l’Europa e il governo di Erdogan su principi e valori che dovrebbero essere universali. Facciamoci sentire”. Un invito rivolto a tutti, perché a essere colpite oggi non sono solamente le donne turche.
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