
La città 30 rappresenta un cambiamento radicale degli spazi urbani, con strade più sicure e inclusive. La campagna parte il 26 febbraio con un flash mob in oltre venti città.
È stata diffusa la Global liveability index, la classifica annuale delle città più vivibili al mondo. Nel 2022 le città dell’Europa del nord sono prime.
Si chiama Global liveability index (Gli) ed è la classifica annuale delle città più vivibili al mondo. Si tratta di report stilato dall’Economist intelligence unit che misura la vivibilità utilizzando diversi fattori come la stabilità politica, la cultura e l’ambiente, l’istruzione e le infrastrutture. Al primo posto nel 2022 c’è Vienna, la capitale austriaca che ha già vinto questo titolo in altre edizioni. Le città italiane invece arrancano: Milano è la prima in classifica ma solo 49esima. Bene tutte le capitali del nord Europa.
L’Economist intelligence unit è la società di analisi e consulenza finanziaria del gruppo editoriale del settimanale britannico che è incaricata ogni anno di analizzare i dati di 172 città in tutto il mondo. Sotto la loro lente finiscono i parametri di ogni meta considerati più rilevanti per le moderne città: l’offerta culturale e lo stato dell’ambiente cittadino (è un unico fattore e ha il maggior peso nella ricerca), il sistema infrastrutturale, educativo e sanitario, il grado di sicurezza e la stabilità politica. Da qui nasce la classificata di vivibilità.
Nel 2022 Vienna è prima e a seguire troviamo Copenhagen, Zurigo e Calgary (al terzo posto parimerito), Vancouver, Ginevra e Francoforte. L’Europa sbanca, specie quella del nord, a starle dietro sono solo le belle città canadesi, anche Toronto che è ottava. Va detto che in questa edizione sono state aggiunte 33 nuove città, rispetto alle 139 consuete ed è stata esclusa Kiev che comunque risultava da anni sempre in fondo alla classifica.
Agli ultimi posti ci sono molte città africane, mentre Damasco è in coda a tutte 172. La Siria infatti, ricordiamolo, è in guerra da oltre un decennio.
Ciò che emerge è inoltre che la fine della pandemia ha migliorato la situazione generale e quindi la vita di chi abita in Europa, in una parte almeno: colpita duramente più di altre parti del mondo dal covid-19, una volta allentate le restrizioni e diminuiti morti e contagi, le città dell’Europa occidentale sono risorte.
Lo scorso anno fu la Nuova Zelanda in cima alla lista grazie ai confini chiusi che le garantirono una buona gestione della pandemia, da allora ha perso il suo vantaggio poiché la maggior parte delle restrizioni sono state revocate.
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
La città 30 rappresenta un cambiamento radicale degli spazi urbani, con strade più sicure e inclusive. La campagna parte il 26 febbraio con un flash mob in oltre venti città.
Max Casacci ci racconta il suo ultimo album Urban groovescapes, interamente prodotto con i suoni della città e senza l’uso di strumenti musicali.
Valencia è la Capitale verde europea 2024: l’ha spuntata sull’altra finalista, Cagliari. La città spagnola è stata premiata a Grenoble il 27 ottobre.
Cagliari sfiderà Valencia per il Green capital award, il premio che l’Unione europea assegna alle città che hanno adottato politiche per la sosteniblità.
Il 4 ottobre si celebra la Giornata mondiale degli animali, che ha l’obiettivo di migliorare i diritti e il loro benessere. Facciamo un safari urbano per scoprire le specie che popolano le nostre città.
Strade scolastiche e zone a basse emissioni. Clean Cities chiede la decarbonizzazione dei trasporti urbani per contrastare inquinamento, dipendenza dai combustibili fossili e crisi climatica nelle nostre città.
Le città che rispettano i valori di polveri sottili voluti dall’Oms sono una sparuta minoranza. Le capitali più inquinate? Nuova Delhi, Dacca e N’Djamena.
L’idea di una città senza auto è un’utopia? Non è detto: ce lo dimostrano diverse strategie adottate con successo in Europa.
Anche la distribuzione degli spazi verdi rispecchia le disuguaglianze all’interno della società. Lo dimostra una ricerca svolta nel Regno Unito.