
Si terrà il 25 gennaio e l’approccio sarà One health: la salute degli animali per la salute dell’ambiente e dell’uomo.
Una nuova inchiesta documentata dal team investigativo di Animal Equality in Messico mostra come milioni di vitelli separati dalle loro madri subito dopo la nascita vengono maltrattati dall’industria lattiero-casearia.
In tutto il mondo produrre latte significa privare i vitelli del nutrimento delle loro madri e ferirli gravemente per favorire il loro sfruttamento.
Come rivela la nostra inchiesta, i vitelli maschi vengono uccisi quando sono ancora dei cuccioli perché non possono produrre latte e la loro razza è poco utilizzata dall’industria della carne. Un destino non meno crudele tocca anche alle vitelle: mutilate senza anestesia per non sviluppare le corna, questi giovani animali vengono poi utilizzati per sostituire le mucche che, stremate dai cicli di gravidanze forzate continui, non sono più in grado di produrre latte.
Diversi studi, tra cui uno pubblicato dalla British Columbia University, hanno dimostrato che la decornazione, oltre a provocare stress acuto e sofferenza prolungata, ha un impatto profondamente negativo sui processi cognitivi di questi cuccioli. Se la ferita si infetta, questa pratica può avere inoltre conseguenze negative a lungo termine, mentre se la mutilazione non viene cauterizzata a dovere, può provocare gravi emorragie.
L’aspettativa di vita di una mucca in natura è di circa venti anni, ma nell’industria lattiero-casearia questi animali vengono uccisi dopo tre o quattro anni dalla nascita, quando non sono più considerati produttivi. La produzione di latte richiede infatti che le mucche vengano ingravidate regolarmente in modo che i vitelli possano essere allontanati e il loro latte utilizzato per il consumo umano. Ma questi cicli di sfruttamento costante sfiniscono presto le giovani mucche, vittime spesso di malattie e infezioni.
Tra le malattie più comuni di cui può soffrire una mucca allevata troviamo:
In Italia si producono quasi 13 milioni di tonnellate di latte. Secondo i dati Eurostat, il nostro Paese è tra i primi quattro Stati europei dove se ne produce di più, ma questo significa che 2,8 milioni di mucche vengono costrette ogni anno a gravidanze forzate per permettere la produzione di latte, con gravi ripercussioni sulla loro salute.
Si stima inoltre che in Italia il 4,5 per cento delle mucche venga ucciso ogni anno mentre è ancora incinta: si tratta di quasi 130mila mucche, un dato che supera la media europea. Queste e altre violenze a cui sono sottoposte, compreso l’allontanamento brutale dai loro cuccioli e le condizioni di reclusione che subiscono per tutta la loro vita, rivelano un meccanismo di produzione insostenibile a discapito di animali intelligenti e sensibili.
Al contrario, scegliere bevande vegetali alternative al latte può contribuire a ridurre la sofferenza di mucche e vitelli, riducendo i finanziamenti nei confronti di un sistema produttivo che condanna questi animali a essere sfruttati come macchine.
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Si terrà il 25 gennaio e l’approccio sarà One health: la salute degli animali per la salute dell’ambiente e dell’uomo.
La struttura andrà ad ampliare il già esistente canile della Muratella, e darà precedenza a chi ha adottato un animale da canili o gattili.
In Italia, ogni anno, più di 2 milioni di mucche sono sfruttate nell’industria del latte. La sofferenza che subiscono questi animali deve finire.
Ce lo ha ricordato l’orca Tahlequah che, come già accaduto nel 2018, ha perso un cucciolo e ne culla tristemente il corpo, prima di lasciarlo andare.
Dopo 60 anni di ricerche, è stata scoperta la mutazione genetica che tinge di ginger la pelliccia dei gatti.
Prevista per ora l’uccisione di 30 esemplari, ma i lupi a rischio sono 170, con “l’aiuto” della Convenzione di Berna.
Un emendamento rende più difficile fare ricorso e a stabilire i calendari, oltre a Ispra, sarà un organo politico. Le associazioni scrivono al Quirinale.
Il 10 dicembre è la Giornata internazionale dei diritti per gli animali. Animal Equality scende in piazza a Milano per dare voce a chi non ce l’ha, per fermare la sofferenza degli animali.
Il Comitato permanente della convenzione di Berna, ignorando i pareri del mondo scientifico, ha deciso di accogliere la richiesta da parte dell’Unione europea di declassare lo status di protezione del lupo.