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È in corso una raccolta di crowdfunding per sostenere le spese e terminare il documentario, nato per “dare voce agli animali che ogni giorno nascono e muoiono dentro le gabbie”.
Quella degli animali negli zoo non è vita, ne è solo un’imitazione sbiadita e grottesca. Gli animali rinchiusi in queste anacronistiche strutture conducono un’esistenza caratterizzata dalla disperazione e dalla noia che ne alterano irrimediabilmente la natura, stereotipandone i comportamenti, rendendoli poco più che burattini di carne. Quello che è evidente a qualsiasi visitatore dotato di un briciolo di empatia, ovvero che la vita negli zoo sia incompatibile con gli standard minimi di benessere animale, è ormai ampiamente dimostrato anche dalla scienza. Le condizioni di prigionia e stress, correlate ad un’alimentazione inadeguata, comportano, secondo uno studio condotto da Banks, “lo sviluppo di alcune malattie raramente riscontrate in natura”, mentre secondo i biologi Carlstead e Shepherdson, “le restrizioni che la cattività impone sui comportamenti di un animale sono sempre più riconosciute come deleterie per lo sviluppo cognitivo di un animale, per il suo normale sviluppo sociale e, più avanti nella vita, per la riproduzione e la salute”.
Eppure in Italia, nonostante la legge n. 73 del 2005, che avrebbe dovuto cambiare la concezione stessa di zoo e garantire agli animali “un elevato livello qualitativo nella custodia e nella cura”, migliaia di animali sono ancora detenuti in strutture inadeguate, condannati a vivere un giorno dopo l’altro il loro personale giorno della marmotta. Proprio per questo, per “dare voce agli animali che ogni giorno nascono e muoiono dentro le gabbie”, è nato il progetto Zoout.
Zoout è un documentario, il primo realizzato sugli zoo italiani, che racconta la triste realtà della cattività animale tramite un viaggio negli zoo più importanti del Paese. Il film, attraverso interviste ad etologi ed esperti del settore, ribadisce che “la privazione della libertà, oltre che ingiusta, sia insostenibile per qualunque animale”. Lo spettatore può però formarsi un’idea ascoltando un eterogeneo coro di voci, da quelle dei direttori degli zoo, a quelle degli esponenti di associazioni ambientaliste e animaliste, fino a quelle di etologi, veterinari e psicologi.
Zoout mira a far conoscere a molte persone la realtà degli zoo, spesso mistificata dalla fuorviante comunicazione che queste strutture rivolgono al pubblico. Per farlo racconta le storie individuali di chi è nato e cresciuto in gabbia, “osservando da vicino la durezza dell’isolamento e l’aridità di esistenze derubate di ogni stimolo vitale, in cui la noia e la solitudine prendono il sopravvento”, si legge nel sito dedicato al progetto.
Zoout, però, non è solo un viaggio nella disperazione degli animali reclusi, il documentario mostra anche un’altra realtà, quella positiva degli animali liberati nei rifugi. Gli autori del film, Leonora Pigliucci, giornalista freelance, Chiara Magpie, fotografa, e Francesco Cortonesi, insegnante e sceneggiatore, raccontano casi emblematici di coesistenza pacifica tra animali e umani, come la storia di Semproniano, il primo rifugio italiano per i selvatici, e la nascita della Rete dei santuari degli Animali liberi.
Per ultimare la realizzazione del film e portarlo sugli schermi gli autori hanno lanciato una campagna di crowdfunding. L’obiettivo fissato è quello di 15mila euro, necessari per coprire spese come traduzione testi, post produzione, montaggio, promozione e distribuzione. Chi deciderà di contribuire a Zoout, e aiutare così a porre fine all’esistenza di luoghi arcaici come gli zoo, potrà avere in anteprima il documentario e sarà menzionato nei titoli di coda, oltre a ricevere un piccolo omaggio.
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