L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
A sorpresa il popolo colombiano ha respinto l’accordo di pace tra il governo e i guerriglieri delle Farc.
Sembrava fatta, sembrava che la Colombia, dopo oltre mezzo secolo di guerra, avesse deciso di deporre le armi e vivere in pace. Lo scorso agosto infatti era stato trovato uno storico accordo tra il governo colombiano e i guerriglieri delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia (Farc), che poneva fine alla guerriglia. Per ratificare l’intesa di pace è stato indetto un referendum che si è svolto domenica 2 ottobre. Ai colombiani è stato chiesto, “Sostieni l’accordo finale per terminare il conflitto e per la costruzione di una pace stabile e permanente?”. Contro le aspettative hanno vinto i sostenitori del “No” e l’accordo di pace è stato respinto dagli elettori colombiani.
La vittoria del no è stata tanto minima quanto sorprendente. Il 50,24 per cento dei cittadini aventi diritto al voto si è opposto all’accordo tra governo e Farc. La differenza tra sì e no è stata inferiore ai 63mila voti ed ha sorpreso la Colombia e il mondo intero.
Nonostante gli analisti politici prevedessero il successo dell’accordo, il Paese aveva dato nelle ultime settimane segnali contrastanti, mostrando un popolo spaccato. In molti ritenevano l’accordo, firmato lo scorso lunedì a Cartagena de Indias dal presidente Juan Manuel Santos e dal leader delle Farc Rodrigo “Timochenko” Londoño, e a cui mancava solo il nulla osta del popolo, troppo favorevole nei confronti dei membri delle Farc.
La differenza tra i due schieramenti è stata, secondo le prime analisi, soprattutto geografica. La grande maggioranza dei “Sì” è arrivata da coloro che conoscono sulla propria pelle l’inutile crudeltà della guerra e che vivono nelle zone rurali maggiormente colpite dall’annoso conflitto, mentre gli abitanti delle città, forse spaventati dal reinserimento nella società degli uomini delle Farc, hanno votato prevalentemente “No”.
Sul risultato del referendum ha indubbiamente pesato la forte astensione, su oltre tredici milioni di colombiani chiamati al voto, circa il 60 per cento non ha espresso la propria preferenza.
Il presidente Juan Manuel Santos, la cui leadership esce assai indebolita dal referendum, dovrà attenersi al responso delle urne. Santos ha però dichiarato che continuerà i negoziati con le Farc, per trovare un accordo che soddisfi tutti e mantenere al contempo la pace raggiunta. “Il cessate il fuoco è bilaterale e definitivo, non mi arrenderò: cercherò la pace fino all’ultimo giorno del mio mandato”, ha affermato il presidente colombiano all’indomani del referendum. Volontà confermata da Londoño, “le Farc ribadiscono di essere disponibili a usare solo la parola come arma di costruzione del futuro”.
Siamo anche su WhatsApp. Segui il canale ufficiale LifeGate per restare aggiornata, aggiornato sulle ultime notizie e sulle nostre attività.
![]()
Quest'opera è distribuita con Licenza Creative Commons Attribuzione - Non commerciale - Non opere derivate 4.0 Internazionale.
L’amministrazione Usa ha sospeso le domande per l’immigrazione delle persone provenienti da 19 paesi. Nel frattempo vanno avanti le retate nelle città.
Un rapporto indica che la capitale dell’Indonesia Giacarta accoglie ormai 42 milioni di persone: più di Dacca, seconda, e di Tokyo.
Dopo la prima bozza di piano profondamente sbilanciata a favore della Russia, ora c’è una nuova bozza di accordo che piace all’Ucraina.
La sentenza è arrivata sul caso di due cittadini polacchi sposati in Germania. La Polonia si era rifiutata di riconoscere il loro matrimonio.
Nella notte è uscita una nuova bozza che fa crollare le speranze. 30 paesi scrivono alla presidenza che è inaccettabile.
Il piano di pace per l’Ucraina ricorda molto quello per la Striscia di Gaza. Kiev dovrebbe cedere diversi suoi territori alla Russia e ridimensionare l’esercito.
La risoluzione dell’Onu su Gaza prevede l’invio di truppe internazionali e il disarmo di Hamas. Ma la strada è subito in salita.
Un rapporto della ong israeliana PHRI denuncia la strage di palestinesi nelle strutture detentive israeliane. I morti ufficiali sono 98 ma si contano centinaia di dispersi.
La procura di Istanbul ha formulato le accuse nei confronti dell’ex sindaco Ekrem Imamoglu. I capi d’accusa per l’oppositore di Erdoğan sono 142 per oltre 2.500 anni di carcere.


