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La siccità e il vento, un mozzicone di sigaretta gettato incoscientemente dal finestrino di una macchina, un pastore che brucia le sterpaglie, il fulmine di un temporale improvviso, la mano pesante della criminalità organizzata o quella di un piromane folle. Ogni estate assistiamo allo spettacolo spaventoso degli incendi che devastano migliaia di ettari di territorio.
La siccità e il vento, un mozzicone di sigaretta gettato incoscientemente dal finestrino di una macchina, un pastore che brucia le sterpaglie, il fulmine di un temporale improvviso, la mano pesante della criminalità organizzata o quella di un piromane folle.
Ogni estate assistiamo allo spettacolo spaventoso degli incendi che devastano migliaia di ettari di territorio. Seguiamo con apprensione l’intervento della protezione civile e dei vigili del fuoco che lottano contro le fiamme in scenari apocalittici. Interventi d’emergenza, anche efficaci, ma che arrivano, come accade spesso in Italia, a disastro avvenuto. Come se un destino a cui non possiamo sottrarci, non ci lasciasse altra scelta che precipitarci a spegnere un incendio quando ormai è divampato. Eppure l’emergenza di questa estate rovente era del tutto prevedibile. L’opera di ecomafie e piromani non è una novità ma un rito annuale. Anche il caldo torrido e la siccità potevano essere affrontati per tempo con attività efficaci di prevenzione che sono mancate.
Ma andiamo per ordine. Legambiente ha raccolto ed elaborato dati per fare il punto sui roghi che stanno devastando la Penisola. Il dossier incendi presentato il 12 luglio analizza nel dettaglio problemi, criticità, ritardi gestionali. Intanto il quadro di cosa sta avvenendo. Da metà giugno a metà luglio sono andati in fumo 26.024 ettari di superfici boschive, pari al 93,8 per cento del totale della superficie bruciata in tutto il 2016. Le regioni italiane più colpite sono la Sicilia con 13.052 ettari distrutti dal fuoco (con uno stillicidio di roghi in quasi tutte le province), seguita dalla Calabria con 5.826 ettari, la Campania 2.461, Lazio con 1.635, la Puglia 1.541, la Sardegna 496, l’Abruzzo 328, le Marche 264, la Toscana 200, l’Umbria 134 e la Basilicata 84. Numeri da capogiro destinati a crescere, l’estate è ancora lunga.
Il dato più rilevante che emerge dal dossier è che la gestione dell’emergenza incendi è stata segnata fino ad ora da troppi e ingiustificati ritardi a livello regionale e nazionale a partire dalle Regioni, che si sono mosse con troppa lentezza come dimostrano quelle più devastate dalle fiamme. Ad oggi Campania e Lazio non hanno ancora approvato il piano antincendio boschivo (piano Aib 2017) e le relative modalità attuative per organizzare la prevenzione, il lavoro a terra, e gli accordi con i vigili del fuoco e con la Protezione civile. Calabria e Sicilia lo hanno fatto in parte, con grande ritardo, e la Sicilia per altro non ancora stipulato la convenzione con il corpo nazionale dei vigili del fuoco. Unica eccezione la Puglia che si è mossa su entrambi i fronti per tempo, ma non si hanno notizie dell’attivazione dei centri operativi provinciali (Cop). Ma il piano Aib da solo non basta a scongiurare devastazioni e atti dolosi, se non è accompagnato da un’efficace macchina organizzativa e da politiche di gestione forestale sostenibili come dimostra la situazione reale.
Ai ritardi, va aggiunta il numero insufficiente delle squadre di operai forestali e soprattutto l’assenza di strategie e di misure di adattamento al clima. In questo quadro si inserisce anche il processo di riorganizzazione delle funzioni dell’ex corpo forestale ora assorbito nell’arma dei carabinieri e i ritardi nazionali dovuti al fatto che il governo e i ministeri competenti non abbiano ancora approvato i decreti attuativi necessari al completamento del passaggio di competenze, personale, strumenti e mezzi per quanto riguarda l’antincendio boschivo, in modo da garantire su tutto il territorio squadre operative per gestire l’emergenza e svolgere le attività di prevenzione.
Occorre, poi, rafforzare il sistema dei controlli e degli interventi delle forze dell’ordine nei confronti dei criminali che appiccano gli incendi. Oggi, oltre al delitto di incendio doloso (articolo 423 bis del codice penale), si può e si deve applicare la legge sugli ecoreati (la n.68/2015) e in particolare il reato di disastro ambientale (articolo 452 quater del codice penale), uno dei nuovi delitti introdotti dalla legge, che usa la mano dura contro chi attenta alla salubrità degli ecosistemi, incrementando le pene fino a quindici anni di reclusione più le aggravanti.
Il nostro Paese ha un patrimonio boschivo unico, che copre circa il 36 per cento della superficie territoriale nazionale. Fornisce ossigeno, cibo, principi attivi farmaceutici e acqua dolce, contrasta la desertificazione, aiuta a prevenire l’erosione del suolo, funge da deposito naturale di carbonio e svolge un’importante funzione per la stabilizzazione del clima e il surriscaldamento globale. Purtroppo, anno dopo anno gli incendi boschivi causano la perdita di migliaia di ettari di questo immenso patrimonio e la Protezione civile stima che negli ultimi 30 anni sia andato perso addirittura il 12 per cento del patrimonio forestale del nostro Paese. Non possiamo lasciare al fuoco altro spazio.
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