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Il divieto del piombo nelle munizioni dei cacciatori e dell’utilizzo del Diclofenac a uso veterinario rappresentano grandi conquiste per l’ambiente e la biodiversità, soprattutto per le aquile.
Da oggi uomini e animali sono un po’ più al sicuro. La Conferenza delle parti, organizzata dalla Convenzione sulla conservazione delle specie migratrici degli animali selvatici (Cms), ha deciso di bandire il piombo dalle munizioni dei cacciatori e di vietare l’uso veterinario del Diclofenac, farmaco antinfiammatorio destinato all’uomo.
Come detto la notizia implica benefici per interi ecosistemi e riguarda ogni anello della catena alimentare fino ad arrivare all’uomo, però ad esultare in particolare sono le aquile. Negli ultimi dieci anni infatti nelle Alpi sono state rinvenute numerose aquile reali (Aquila chrysaetos) morte o malate alle quali è stato diagnosticato un avvelenamento da piombo. In seguito alle analisi effettuate dall’Università di Zurigo è emerso che i rapaci presentavano valori di piombo molto elevati nelle ossa, nel sangue, nei reni e nel fegato. «Le cause degli avvelenamenti acuti nelle aquile reali e di singoli valori molto elevati nelle ossa sono probabilmente da ricondurre all’ingestione di munizioni da caccia», ha dichiarato Hannes Jenny, dell’Ufficio per la caccia e la pesca del cantone svizzero dei Grigioni.
La buona notizia è che entro il 2017 tutte le munizioni dovranno essere sostituite con leghe non tossiche. “Studi scientifici condotti in molti paesi, e in Italia dall’Ispra, hanno evidenziato come nel complessivo avvelenamento dell’ambiente si contaminano, fra gli altri, i predatori degli animali colpiti arrivando fino all’uomo”, ha spiegato Claudio Celada, direttore Conservazione Natura della Lipu.
L’altro motivo per cui i rapaci possono festeggiare è il divieto dell’uso veterinario del Diclofenac. Questo farmaco, impiegato per curare il bestiame negli allevamenti, è responsabile della morte di due specie di avvoltoi indiani, ridotte a un passo dall’estinzione. Gli avvoltoi però non sono le uniche vittime del Diclofenac, secondo gli studi sono molti i rapaci, tra cui l’aquila reale, a risentire dei suoi effetti.
Le aquile analizzate infatti presentavano gli stessi segnali clinici di insufficienza renale presenti negli avvoltoi avvelenati dal Diclofenac. Le quattordici specie di aquila che dominano tutti i continenti del nostro pianeta, Antartide escluso, possono dunque tirare un sospiro di sollievo: la conferenza di Quito ha evidenziato l’estremo rischio costituito dal Diclofenac e ne ha vietato l’uso a scopo veterinario.
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