Aborigeni australiani, il tempo del sogno

Nella cultura degli aborigeni australiani le Vie dei Canti rappresentano una inestricabile e complicatissima toponomastica musicale che permette di ricreare e perpetuare i riti della creazione.

In tutti i miti della creazione che ritroviamo nelle religioni dei
popoli antichi e primitivi, nell’istante in cui una divinità
manifesta la volontà di dare vita a se stesso o a un altro
dio, di creare la terra, il cielo, l’uomo e gli altri esseri
viventi, emette un suono, parla, grida, espira, sospira, tossisce,
suona uno strumento musicale. singhiozza, canta. La fonte che emana
la forza creatrice è sempre una fonte acustica. Presso gli
aborigeni australiani esiste una dimensione temporale sospesa tra
il presente e l’ “Alcheringa” o “Tempo del Sogno”, il tempo mitico
della creazione durante il quale si è svolta la storia del
mondo e ogni cosa è stata espressa dagli antenati per mezzo
del canto, attraverso i gesti e la parola.

Il culto magico di questa natura procura agli individui un centro
spirituale sito al di fuori di loro stessi, un centro che riunisce
ogni singolo uomo in un unico, grande collettivo spirituale,
legandolo indissolubilmente all’ambiente in cui vive. Se viene a
mancare la ritualizzazione degli antichi eventi mitologici è
inevitabile il sopraggiungere di un decadimento completo, di un
grande disorientamento spirituale che si manifesta in modo
immediato in tutti gli aspetti della vita individuale e
comunitaria. E’ per questo motivo che gli aborigeni nel ricalcare
le tjurna djugurba (le orme degli esseri mitici) cioè le
antiche Vie dei Canti, visibili soltanto ai loro occhi, ripetono le
parole e i suoni degli antenati che, nei lunghissimi e
interminabili viaggi attraverso un continente vuoto e privo di
vita, facevano esistere il mondo cantandolo. Ogni roccia, ogni
sorgente, un punto d’acqua, una macchia d’eucalipti, rappresenta
una traccia concreta di un dramma sacro.

In pratica il continente australiano si può leggere come una
partitura musicale. Ancora oggi ogni neonato eredita una sezione di
canto per diritto di nascita. Le sue strofe sono proprietà
privata inalienabile e delimitano il suo territorio. Una volta
adulto e”iniziato” alla rivelazione della creazione gli viene
svelata una geografia mitica per apprendere i luoghi in cui gli
esseri soprannaturali hanno celebrato riti, danzato o fatto cose
importanti. Egli ha anche il diritto di prestare le sue strofe
lungo una pista del canto e acquistare il diritto di passaggio dai
suoi vicini, ricevendone aiuto e ospitalità. L’uomo che va
in walkabout (viaggio rituale) canta le strofe del suo antenato
senza cambiare né una parola né una nota, così
facendo ricrea il Creato.

Maurizio Torretti

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