Andrea Pastorelli, direttore generale di Teach for Italy, spiega come giovani talenti possano diventare agenti di cambiamento nelle scuole svantaggiate.
Ci sono meno bambini che lavorano
La lotta al lavoro minorile nel mondo sta facendo progressi. Secondo i dati diffusi dal nuovo rapporto dell?Organizzazione internazionale del lavoro (Ilo) il numero di bambini costretti a lavorare
Il numero di minori costretti a lavorare nel mondo è
sceso dai 245 milioni del 2000 ai 168 milioni del 2012 (erano 215
milioni nel 2008). Un calo di circa un terzo secondo i dati diffusi dall’Organizzazione
internazionale del lavoro (Ilo). A calare è anche il numero di
bambini che nello stesso periodo sono stati costretti a fare lavori
pericolosi: oggi è pari a 85 milioni, circa la metà
del 2000 quando erano 171 milioni. Dati che comunque sono
tutt’altro che rassicuranti visto che si tratta ancora di un
bambino su dieci.
Cos’è il lavoro minorile
L’Organizzazione internazionale del lavoro parla di “lavoro
minorile” quando la persona impiegata ha un’età in cui
dovrebbe frequentare la scuola dell’obbligo oppure, più in
generale, se non ha ancora compiuto 15 anni (14 anni per quei paesi
dove istruzione e economia sono ancora in fase di sviluppo). Per
quanto riguarda i lavori pericolosi per la salute, l’età
minima è in ogni caso di 18 anni. Queste definizioni si
basano sulla Convenzione sull’età minima (C138) del
1978 e quella sulle forme peggiori di lavoro minorile
(C182) del 1999.
Dov’è diffuso il lavoro minorile
Secondo l’Ilo in Asia ci sarebbero 78 milioni
di bambini costretti a lavorare. Anche se in assoluto questo numero
rappresenta quasi la metà del totale, si tratta del 9,9 per
cento dei bambini che abitano l’intero continente. Al contrario,
nell’Africa subsahariana i bambini che lavorano sono 59 milioni
pari al 20 per cento di quelli che vivono in questa regione, uno su
cinque.
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