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Le api sarebbero ormai dipendenti dai neonicotinoidi, lo dice uno studio inglese. E uno svedese conferma i danni agli alveari.
Api e neonicotinoidi: di nuovo studi inquietanti e di nuovo critiche da parte delle multinazionali dei pesticidi che tentano di minimizzare le evidenze scientifiche. In una ricerca prodotta a gennaio, ma pubblicata sulla rivista Nature solo ieri, si afferma che gli insetti impollinatori non solo sarebbero danneggiati dai neonicotinoidi, ma non potrebbero nemmeno più farne a meno una volta esposte a queste sostanze chimiche.
Emblematico è il titolo dello studio condotto da Geraldine Wright per conto della Newcastle University: “Le api preferiscono i cibi che contengono i pesticidi neonicotinoidi”. Nella ricerca sono state messe a disposizione di api e bombi due soluzioni di acqua zuccherata (a simulare il polline dei fiori), una “pura” e una contenente piccole tracce di pesticida. Il risultato inquietante è stato che gli insetti hanno preferito la soluzione contenente il neonicotinoide.
Questa sorta di dipendenza è stata paragonata a quella degli esseri umani con la nicotina e il consumo di sigarette. Wright ha infatti sostenuto che il neonicotinoide avrebbe amplificato la sensazione di piacere data dallo zucchero, spingendo le api in quella direzione. In un altro studio pubblicato sempre su Nature ieri, ma svolto dall’Università svedese di Lund, sono invece dimostrati una volta di più gli effetti negativi dei neonicotinoidi su api e bombi, in particolare sugli alveari selvatici.
Secondo la ricerca, infatti, gli alveari di bombi in prossimità di campi irrorati da pesticidi neonicotinoidi fermano la propria crescita e smettono di produrre regine, indispensabili per la vita della stessa comunità di insetti. Lo studio, tuttavia, non ha fornito ulteriori prove degli effetti dei pesticidi su specie più “robuste”. Per Maj Rundlöf, autrice principale dello studio, l’impatto dei neonicotinoidi sarebbe drammatico anche sulle api, non solo sui bombi. E Dave Goulson, esperto di questi insetti presso l’Università del Sussex che non ha partecipato ad alcuna delle due ricerche, ha affermato che “A questo punto non è più credibile sostenere che l’utilizzo in agricoltura di pesticidi neonicotinoidi non danneggi le api selvatiche”.
Nick von Westenholz, a capo della Crop protection association, organizzazione che rappresenta i produttori di questo tipo di sostanze chimiche Bayer e Syngenta, sostiene invece che i due studi pubblicati su Nature facciano parte di una specie di “complotto” per screditare i neonicotinoidi. Secondo lui lo studio non dimostra che anche le api possano essere danneggiate dal pesticida, e anzi ha accusato la ricercatrice di avere in qualche modo “truccato” i dati. La risposta è stata che, poiché le colonie di api sono più grandi e vi sono molte più api operaie, per misurare l’impatto del pesticida sulla colonia è necessario un lasso di tempo maggiore.
Attualmente in Unione europea vige una moratoria – criticata da alcuni governi, come quello britannico – sull’uso di pesticidi neoniocotinoidi, con l’obiettivo di proteggere le popolazioni di api, il cui operato genera nel continente un valore di 22 miliardi di euro annui.
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