Raccolta differenziata

Archeoplastica, come è nato il museo dei rifiuti in plastica trovati in spiaggia

Al mare ne trovava talmente tanta da decidere di farne un museo, degli orrori. L’idea di una guida naturalistica. Lo scopo? Riflettere sulle nostre colpe.

È un museo degli orrori, come spesso lo definisce il suo ideatore. Ma è tristemente utile per far capire quale sia lo stato dei nostri mari oggi, dopo decenni passati a inquinarli senza alcuno scrupolo. Archeoplastica è un’esposizione on line – ma talvolta anche fisica e itinerante – di materiale plastico rinvenuto nelle spiagge italiane che risale anche agli anni Sessanta. Un modo creativo e innovativo per porre l’attenzione su un dramma attuale: l’inquinamento e le sue cause, attribuibili alle nostre abitudini di consumo errate. Abbiamo chiacchierato con Enzo Suma che da qualche anno raccoglie, cataloga e mette in rete questi antichi reperti.

Per colpa nostra, in mare da anni a fare danni: la plastica 

Disperdere nell’ambiente qualsiasi rifiuto senza preoccuparsi e assicurarsi del suo corretto smaltimento, procura danni che potremmo definire eterni, senza essere esagerati. Se questi oggetti sono in plastica, il problema è tra i più gravi. Conosciamo infatti i tempi biblici che occorrono a questo – e ad altri – materiali per decomporsi. Tutto questo è diventato molto evidente a Enzo Suma sui litorali nei pressi di Brindisi dove lavora come guida naturalistica. Con la sua Millenari di Puglia – una realtà dell’alto Salento volta alla valorizzazione del territorio e all’educazione ambientale – dal 2018 è infatti impegnato attivamente nella sensibilizzazione sul tema dell’inquinamento da plastica e organizza diverse giornate di raccolta collettiva alla quale partecipano decine di persone. Ed è proprio durante queste raccolte che ha avuto l’idea del progetto supportato dai tanti amici che l’hanno seguito in questi anni.

Concretamente Enzo Suma raccoglie plastica (e non solo) sulle coste brindisine davanti al suo splendido mare ormai da tempo. Spesso quella ritrovata sulle spiagge è conservata incredibilmente bene, anche se davvero datata: alcuni oggetti infatti risalgono agli anni Sessanta ma nonostante questo, sono inalterati, dimostrando quanto sia difficile “liberarsene”. Di tutto questo abbiamo parlato direttamente con l’ideatore di Archeoplastica.

Archeoplastica
Archeoplastica, Enzo Suma, l’ideatore © Archeoplastica

Enzo Suma, perché parla solo della plastica e non degli altri materiali?
La risposta è abbastanza semplice. Per via del mio lavoro, sono al mare ogni giorno. Ma chiunque andasse in spiaggia dopo una mareggiata, specie in inverno, si accorgerebbe che ciò che si trova a riva è quasi tutta plastica, di ogni genere, o materiale naturale. Molto più raramente arriva qualche bottiglia di vetro. Quello che cerco di dire, con il mio lavoro e ora anche grazie al progetto Archeoplastica, non è un banale “no plastica” o inneggiare al “plastic free”. Sappiamo bene che la plastica è un materiale con caratteristiche particolarissime, eccezionali per alcuni versi, siamo noi a usarla male. Dura secoli e invece per lo più la utilizziamo come contenitore solo per il tempo necessario a terminarne il contenuto. Poi la buttiamo. Pensiamo ai bicchieri, le posate, ma anche alla miriade di flaconi che quotidianamente popolano la nostra vita domestica. La plastica, pensata per vivere a lungo, da sempre è colpevolmente da noi destinata all’usa e getta, al monouso. Tutto deriva prima dal nostro modo errato di consumare, di scegliere cosa acquistare e poi dalla superficialità e la noncuranza con cui si smaltiscono gli oggetti.

Proprio in merito alle possibili obiezioni al progetto che riguarda “solo” la plastica, accedendo al sito archeoplastica.it si legge: “Il progetto Archeoplastica ha la sola finalità etica di sensibilizzare sul tema dell’inquinamento dei mari determinato dall’utilizzo della plastica e, nello specifico, dalla scorretta gestione del fine vita della stessa. Non sussiste alcuna volontà da parte di Archeoplastica di accusare e denigrare le aziende produttrici dei prodotti rinvenuti in mare ed esposti nel presente museo virtuale, né tantomeno sussiste alcuna volontà di agganciamento ai marchi stessi. I marchi citati sono riportati al solo fine di dimostrare la datazione dei rifiuti rinvenuti”.

A questo proposito, cosa pensa del recente decreto legislativo italiano (196 dell’8 novembre 2021) entrato in vigore il 14 gennaio 2022 in merito alla vendita di plastica usa e getta?
È certamente un punto da dove iniziare a modificare le cattive abitudini in merito a questo materiale ma l’Italia non ha fatto tutto ciò che avrebbe potuto fare e si è mossa in ritardo. La normativa italiana infatti ha inserito le bioplastiche e le plastiche compostabili tra quelle permesse, mentre le direttive europee erano ben diverse. La legge europea, seguita alla lettera, avrebbe potuto essere un primo e vero cambiamento, mentre la nostra versione edulcorata è a mio parere un’occasione persa.

Archeoplastica
Enzo Suma a caccia di plastica © Archeoplastica

Come le sembra che la gente reagisca al suo progetto e quindi ai problemi derivati dall’inquinamento da plastica?
È capitato che esponessi i reperti al pubblico durante alcune manifestazioni a tema ambientale e talvolta mi sono confuso tra i visitatori per coglierne le impressioni e sentirne i commenti. La reazione più comune è lo stupore, la meraviglia. Le persone generalmente sono informate, sanno che la plastica ha una durata quasi illimitata, eppure rimangono colpiti quando vedono esposti i rifiuti che raccolgo. Riflettiamo: io ho trovato ed esposto oggetti al massimo di 60/70 anni fa, mentre il materiale può durare anche 1000 anni. Dunque, perché si stupiscono?

Altri poi, una minoranza per fortuna, negano. Credono che i reperti di Archeoplastica siano dei fake, che sia tutto fatto ad arte. Specie perché li vedono perfetti nonostante l’età. E pensare che conservo solo quelli in condizioni migliori e ne getto invece una quantità enorme. Spesso sono perfettamente immacolati perché sono stati sotto la sabbia per anni, al riparo, infatti purtroppo i fondali ne sono pieni. Trovo di tutto, ogni giorno: ho migliaia di accendini, di ogni genere e ora per esempio mi sono “fissato” con le punte degli ombrelloni…incredibile quante ne recuperi.

Archeoplastica
Raccolta plastica © Enzo Suma

È ottimista per il futuro? Qualcosa sta cambiando?
Io faccio tutto ciò che posso fare e sento in questo modo di fare bene. Il fatto che se ne parli è utile. Archeoplastica serve a questo. Se anche solo una persona su 1000 cambiasse le proprie abitudini grazie al mio progetto e alle riflessioni fatte trovandosi davanti al mare di plastica che ho raccolto negli anni, sarebbe un successo.

Come sostenere concretamente Archeoplastica

Archeoplastica è nato dalla passione per il territorio, in particolare per il mare ma anche, crediamo, dal senso civico di un cittadino convinto che ognuno possa fare la propria parte. Enzo Suma non si è limitato a creare un museo virtuale ma si reca nelle scuole a parlare dei problemi dell’inquinamento da plastica ed espone quando possibile i suoi reperti perché solo trovandosi concretamente di fronte agli effetti dei nostri comportamenti errati, forse si può pensare di invertire la rotta. Dopo una prima fase del progetto che ha riscosso un buon successo, ora Archeoplastica vuole continuare a crescere, magari per estendere il suo arco di azione e cominciare a raccogliere reperti in tutta Italia. Per chi fosse interessato a sostenEre quest’idea, è aperta una raccolta fondi su Produzioni dal basso.

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