L’auto elettrica è una tecnologia nuova e quindi inaffidabile. Bugia!

Per sfatare questa fake news, nel primo capitolo di Bugie! abbiamo ripercorso la storia dell’auto elettrica, dall’Ottocento a oggi.

Per raccontare la storia dell’auto elettrica bisogna partire da molto lontano. E allargare decisamente il campo visuale fino ad abbracciare l’intero sviluppo dell’elettrificazione. Questo perché, se la prima viene spesso descritta come una rivoluzione nel campo della mobilità, la seconda “ha completamente stravolto il mondo che conosciamo e ne ha ridisegnato le mappe sia a livello macro che microscopico”. Pietro Minto è un giornalista e scrittore che dal 2014 cura una delle più diffuse newsletter italiane, “Link Molto Belli”, in cui ogni settimana riporta le scoperte più interessanti e curiose fatte in rete; ha scritto tre libri: “Come annoiarsi meglio”, “Cos’è Amazon” e “La seconda prova. Imparare la matematica, vent’anni dopo”. Ora, ci spiega, “si parla dell’elettrificazione soprattutto in relazione al settore dell’automotive, ma in realtà l’elettrificazione è alla base della società contemporanea”.

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Pietro Minto, giornalista e scrittore. © LifeGate

Tra la fine dell’800’ e l’inizio del 900’ il mondo è stato in buona parte elettrificato e ha cambiato radicalmente il proprio volto. Una rivoluzione nell’ambito della quale l’Italia ha giocato un ruolo da protagonista: proprio a Milano sorse nel 1883 la prima la prima centrale termoelettrica dell’Europa continentale, la terza al mondo dopo quelle di Londra e New York entrate in attività solo pochi mesi prima.

Una storia influenzata dalla politica, dall’economia e persino dal costume

“In una prima fase – racconta Minto – le auto elettriche e quelle alimentate con combustibili fossili erano avanzate in parallelo, anzi le prime erano progredite più velocemente a livello tecnico; poi una serie di eventi politici e culturali, legati anche alle dinamiche energetiche, hanno fatto in modo che prevalessero le seconde”. Ma c’è anche un altro tema – più legato al costume – che in qualche modo ha avuto il suo peso. Sin dai primi anni di produzione le auto elettriche furono targettizzate principalmente per il pubblico femminile perché meno “sporche”, più silenziose e più facili da guidare: questo “paradossalmente creò un pregiudizio, una nomea poco mascolina dell’elettrico che in qualche modo è perdurata negli anni, contribuendo al mito dell’automobile a benzina come mezzo maschile, esploso poi negli anni 50’ e 60’ grazie anche al boom economico. Negli Stati Uniti, una società con una cultura fortemente permeata dall’automobile, la mitologia del cowboy che si spostava sul cavallo fu sostanzialmente sostituita da quella dell’uomo contemporaneo alla guida di un’auto a benzina”.

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Auto elettrica d’epoca. © iStock

Oggi è possibile imbattersi in foto in bianco e nero che potrebbero sembrare modernissime: paesaggi urbani con file di auto elettriche dal cui cofano esce un lungo cavo di ricarica. Sono vetture elettriche, eppure siamo agli inizi del secolo scorso. Tra il 1832 e il 1839 lo scozzese Robert Anderson costruì i primissimi prototipi di quella che oggi chiameremmo auto elettrica, in verità più simili a un carro dell’epoca ma senza il traino di un asino o di un cavallo e senza il fumo nero delle locomotive a carbone. A proposito di queste ultime, se nel 1859 arrivarono le prime batterie ricaricabili, un altro scozzese (Robert Davidson) inventò pochi anni dopo la prima locomotiva elettrica. Una novità che mise immediatamente in allarme i lavoratori del settore ferroviario, terrorizzati dalla prospettiva di perdere il lavoro. E così arriviamo al 1894, quando negli Stati Uniti fu messa in vendita l’“Electrobat”, quella che a tutti gli effetti può essere considerata la prima auto elettrica sul mercato. Per avere un termine di paragone, è solo 9 anni prima che un ingegnere tedesco di nome Karl Benz brevettò un motore a due tempi e costruì il primo veicolo che lo montava: la Benz Patent Motorwagen, un’automobile a tre ruote capace di raggiungere i 16 km/h. Da lì in poi i costruttori perfezionarono i modelli e nel 1892 Rudolf Diesel brevettò un nuovo tipo di motore, che ancora oggi porta il suo nome. Con soli 2 anni ti anticipo rispetto alla prima auto elettrica.

Qualche dato…

  • 1883: sorge a Milano la prima la prima centrale termoelettrica dell’Europa continentale.
  • 1885: l’ingegnere tedesco Karl Benz brevetta un motore a due tempi e costruisce la prima auto a benzina, la Benz Patent Motorwagen.
  • 1892: l’ingegnere tedesco Rudolf Diesel brevetta un nuovo tipo di motore che ancora oggi porta il suo nome.
  • 1894: negli Stati Uniti viene messa in vendita l’“Electrobat”, la prima auto elettrica della storia sul mercato.

Cosa c’è alla base del ritorno sul mercato delle auto elettriche negli anni 90’

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Il rinnovato successo dell’auto elettrica negli anni Novanta del secolo scorso è dovuto a diversi fattori, tra cui lo sviluppo delle batterie. © JLR

Ora facciamo un salto temporale di un secolo fino ai primi anni 90’, quando le auto elettriche si affacciarono di nuovo sul mercato. Alla base di questa sorta di ritorno al passato, racconta Minto, “ci sono state le grandi innovazioni portate avanti sulle batterie. L’apertura di nuove possibilità nel campo degli accumulatori ha permesso la riscoperta dell’elettrico, sia pur tra le iniziali diffidenze del caso”. Il progresso sulle batterie al litio, in particolare, è avvenuto inizialmente nell’ambito di altri fronti tecnologici come i computer e i telefoni cellulari ma poi è tornato utile anche nel campo dell’automotive. E in quel momento “una grande spinta è arrivata da fattori ambientali, culturali e politici. Prima del ritorno delle auto full electric, sin dalle prime ibride queste vetture sono state utilizzate come una sorta di dichiarazione d’intenti dalla parte più progressista della società”.

Ora che la strada verso l’elettrificazione della mobilità sembra tracciata, ci si chiede se la rete italiana sia potenzialmente preparata a sostenere un parco auto totalmente elettrico. “Probabilmente no – risponde Minto – ma parliamo di un processo graduale che passa per la diffusione di colonnine pubbliche e di sistemi di accumulo domestici, per evitare che ci sia un prelievo costante dalla rete elettrica”. In sostanza si torna al ragionamento di partenza: parlare di auto elettrica vuol dire affrontare il tema dell’elettrificazione nel suo complesso, perché queste dinamiche “presuppongono un ripensamento globale, peraltro già in atto, che va anche oltre il mondo delle quattro ruote.

Elettrico, l’affidabilità non è in discussione ma (per ora) vince l’ibrido

Uno dei temi centrali, ora, è capire se in termini di affidabilità la tecnologia elettrica sia comparabile con quella dei motori a benzina o diesel. Secondo Minto “ci sono ormai molte vetture elettriche di ottima qualità che sono da anni sul mercato, ma resta una grande distanza tra la realtà dell’efficienza ed efficacia di queste vetture e la percezione, perché spesso vengono erroneamente considerate fragili e delicate”. È inevitabile, poi, affrontare la questione delle incognite legata alla percorrenza che si può fare con una sola ricarica: “I dati statistici evidenziano che ogni italiano percorre in media 38 chilometri al giorno, oltretutto a una velocità molto bassa, inferiore ai 50 chilometri orari; parliamo di una modalità di utilizzo dell’auto che, già oggi, un veicolo elettrico può tranquillamente sostenere con una sola ricarica a settimana”.

Leggi la versione integrale del capitolo a questo link.

 

 

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